Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie/privacy policy. Se non sei d'accordo sei libero di lasciare Beverfood.com. Premi "ho compreso" per nascondere il messaggio.

5 curiosità sull’alambicco


La distillazione è una delle tecniche più antiche al mondo. Sono diversi i popoli che nel corso dei secoli hanno adottato tale tecnica per produrre distillati e liquori di alta qualità. Il tutto attraverso uno strumento che ha praticamente fatto la storia: l’alambicco. Si tratta di uno strumento che ancora oggi è molto usato per distillare, come possiamo leggere attraverso le recensioni dei migliori alambicchi presenti sul mercato su MigliorAlambicco.it.

Uno strumento la cui etimologia deriva dal greco. La parola ambix, da cui deriva alambicco, nella lingua greca significava vaso, tazza. La lingua araba l’ha ripresa nei secoli e l’ha trasformata in al – imbiq, dandole definitivamente il significato di vaso per distillare.

La sua storia

Non tutti lo sanno ma la storia dell’alambicco parte addirittura dalla civiltà mesopotamica. Nel corso dei secoli sono diversi i ritrovamenti che possiamo apprezzare in questa zona. A Tepe Gawra, nell’alta valle del fiume Tigri e a 20 km a est di Mossoul (odierno Iraq) sono stati rinvenuti dei frammenti di alambicco rudimentale risalente circa al II secolo a.C., mentre un altro è stato ritrovato in un aree corrispondenti all’attuale Pakistan, anch’esso riconducibile al II secolo a.C..

Il primo alambicco

Secondo gli storici il primo alambicco era molto semplice: si trattava di un vaso per distillare che era posto sopra il fuoco ed era sormontato da una cupola detta capitello. A questa era collegato un beccuccio che aveva lo scopo di condensare i vapori sviluppati dal calore.

L’alambicco moderno

Diverso è il discorso dell’alambicco moderno, composto da una caldaia, che ospita le vinacce (le bucce degli acini d’uva); da un tappo che lo chiude ermeticamente, da cui esce un tubo, detto “collo di cigno” dentro il quale passano i vapori fino a raggiungere una serpentina, raffreddata ad acqua, dove i vapori stessi si condensano, ritornando liquidi e dando così vita al distillato.

Il processo di distillazione della grappa

Attraverso l’alambicco viene prodotta la grappa. Il distillato per eccellenza, come sostengono gli esperti, deve essere prodotto seguendo regole ferree, a partire dalla temperatura di ebollizione dell’alcol etilico, cioè 78,4 gradi centigradi. Nel metodo tradizionale di distillazione, quello cosiddetto discontinuo, si mettono nella caldaia una quantità prefissata di vinacce e di acqua (di solito al 50%) poi si inizia a scaldare lentamente la caldaia. Quando la miscela di acqua e vinacce incomincia a riscaldarsi, inizialmente sviluppa i vapori delle sostanze più volatili (che hanno cioè una temperatura di ebollizione inferiore) come l’alcool metilico, l’aldeide acetica e l’acetato di etile.

La condensazione di questi elementi, accompagnata da un odore sgradevole, rappresenta la cosiddetta “testa”, che, come è noto deve essere scartata perché estremamente tossica e pericolosa. Sostanzialmente si tratta di metanolo che, se ingerito, anche in modiche quantità, può produrre gravi problemi al nervo ottico, fino alla cecità, ma può anche causare la morte. A partire da 78,4 gradi centigradi e sino a 100, abbiamo il “cuore” della grappa, composto da alcol etilico e sostanze volatili che conferiscono gusto e aroma del distillato. Sopra i 100 gradi c’è la “coda”, non pericolosa per la salute ma ricca di impurità e olio amilico, spesso di sapore e odore sgradevoli.

Tu cosa ne pensi? Scrivi un commento (0)

Condividi:

Iscriviti alla Newsletter



VIDEO DA BEVERFOOD.COM CHANNEL

©1999-2024 Beverfood.com Edizioni Srl

Homepage
Informazioni Societarie/Contatti
Pubblicità sui mezzi Beverfood.com
Lavora Con Noi
Privacy