© Riproduzione riservata
Chi ha inventato il Pisco? La contesa è aperta da oltre un secolo e nessuno è ancora riuscito a trovare una risposta che accontenti tutte le parti in causa. Lungi da noi farlo, ma una cosa è certa: questo distillato di vino, ottimo da gustare sia da solo che nei cocktail, è oggigiorno uno dei più grandi vanti di Perù e Cile, che hanno deciso di renderlo non a caso la propria bevanda nazionale. Così, dopo avervi raccontato i segreti del pisco peruviano in occasione della Florence Pisco Week 2018, Beverfood.com è voluto andare a toccare con mano la realtà cilena, forse meno blasonata, ma sicuramente tutta da scoprire. E non certo in una pisquera qualunque.
“Aba Pisquera” nasce nel 1921, quando Alberto Aguirre Taborga compra il Fundo San Juan en El Arenal e inizia a produrre pisco sotto il suo marchio. Una tradizione portata avanti dal figlio Juan Antonio Aguirre Cortés prima e dal nipote Alejandro Aguirre Basulto poi, conferendo all’azienda una dimensione sempre più internazionale ed esportando il pisco ABA anche fuori dai confini del Paese. Con risultati senza dubbio sorprendenti. Fin dalle sue origini, quest’acquavite – prodotta e imbottigliata nella regione di Coquimbo (regione di denominazione d’origine insieme a quella di Atacama) ed elaborata attraverso la distillazione di vino ottenuto solamente da tredici specifici tipi di uva (Moscatel de Alejandría, Moscatel Rosada, Torontel, Moscatel de Austria, Pedro Jiménez, Moscatel blanca temprana, Chaselas Musque Vrai, Moscatel amarilla, Moscato de Canelli, Moscatel de Frontignan, Moscatel de Hamburgo, Moscatel Negra e Muscat Orange) – ha ottenuto infatti prestigiosi riconoscimenti sia in Europa che negli Stati Uniti, oltre a essere stata scelta come pisco dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) nel 2004, quando il Cile era il Paese anfitrione del suddetto forum economico.
“Vivere la tradizione e la natura in uno spazio familiare e artigianale”. Non ci potrebbe essere mission migliore per un’azienda che piace proprio per la capacità di aver mantenuto una struttura familiare all’interno di un mercato sempre più complesso. Valori che gli stessi visitatori (ogni giorno arrivano ospiti da tutte le parti del mondo!) possono conoscere in prima persona. Il tour della pisquera comprende infatti un percorso di circa 40 minuti all’interno dei vigneti e della cantina, nella quale si soddisfa la curiosità di addetti ai lavori o semplici appassionati riguardo alla produzione del pisco. Senza dimenticarsi di raccontare gli aneddoti perfetti per far colpo sugli amici. Si dà il caso, per esempio, che il pisco fosse la bevanda preferita delle donne dell’alta borghesia cilena. Un’acquavite consumata insieme – non obbligatoriamente – a un pasto leggero, al posto della cena. E un momento della giornata, tra una chiacchiera e l’altra, al quale andava trovato però un nome elegante e magari anche un po’ fuorviante. Ecco che la parola once rappresentò la soluzione: once (undici), appunto, come le lettere di aguardiente (acquavite).
Magari sarà solo un mito o una leggenda, ma questo racconto si tramanda di generazione in generazione, proprio come il pisco ABA. Ed è sicuramente il modo migliore per catturare la piena attenzione degli ospiti prima della tanto attesa degustazione. Con bandiere della Roja in ogni dove, per un autentico inno al patriottismo. Non solo Perù, quindi, pisco significa intrinsecamente anche Cile. Lo si conosce, lo si respira, lo si assapora… Nell’atmosfera mistica e rurale del Valle del Elqui, uno dei luoghi più suggestivi del pianeta. Due prodotti diversi, ma entrambi icone delle rispettive Nazioni. Due ragioni, il pisco peruviano e quello cileno, per viaggiare lontano dalla nostra ordinaria routine. Che sia fisicamente o soltanto con una mente ispirata e un bicchiere stretto in mano.
© Riproduzione riservata