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Il prossimo week-end Piacenza è sede della 8^ edizione del Mercato Vini dei soci di FIVI, la federazione dei vignaioli indipendenti. Circa 1000 in tutta Italia, in tutte le Regioni, i rappresentanti autorevoli delle PMI-VINO.

 

In Italia ci sono 640.000 ettari vitati di cui 110mila in coltivazione biologica compreso la conversione e di cui 490.000 ettari classificati Docg-Doc-Igt  in mano a 310.000 aziende viticole per un valore della #vignaitalia pari a 32 mld di euro come patrimonio vitato netto. Si producono una media, anno per anno, di 45-46 mio/hl di vino di cui circa 20 milioni consumati in Italia, 22 mio/hl destinati all’estero e il resto come mosto e giacenze. E’ evidente che superproduzioni intorno a 49-50 mio/hl possono creare problemi di equilibrio aziendale e di mercato incidendo su prezzi all’origine e al consumo. ad un valore di 4mld/euro del vino sfuso prodotto all’anno, corrisponde un fatturato di 13 mld di euro di cui 6,2 mld realizzati all’estero con una esportazione in crescita costante, ma grazie solo ai vini spumanti.

Si contano 32.000 cantine, di cui circa 3000 cooperative e 28000 piccole e medie cantine, artigianali, di vitivinicoltori per la quasi totalità al di sotto dei 2 mio/euro di fatturato lordo annuo a testa. Questo è lo zoccolo duro che sul totale delle imprese vino rappresenta  l’87% di tutto il comparto come teste ma rappresenta come censo economico poco più del 20% del globale nazionale. Problema enorme quello della dimensione aziendale per fare fatturato e per creare business indiretto, ma un vero plus dell’immagine e del valore aggiunto del settore, della biodiversità, della conservazione del tipico e della tradizione, della esistenza di tante famiglie artigianali ancorate alla terra, spesso in territori difficili, della diffusione di ricavi ad altri comparti e settori locali del turismo e dell’ambiente. E’ su questi numeri che si gioca il futuro del vino italiano, con una ottica strategica di lungo periodo, non del bilancio contingente.

 

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E’ vero che la concentrazione d’impresa, le acquisizioni farebbero bene, consentirebbero di avvicinare i parametri di altri paesi, ma la vitivinicoltura piccola è anche un forte presidio per mantenere viva la campagna, l’arredo del paesaggio, il turismo delle aree interne. Ci sono fattori extraeconomici che devono portare questo Paese a fare scelte urgenti, per il vino e per altri comparti, di strategie di tutela, sia delle proprietà intellettuali, che della governabilità del territorio coltivato. Il vino non è più un prodotto limitato alla vigna e alla cantina.

Ben venga lo sviluppo della coltivazione agraria della materia prima (più che puntare al vino biologico) in un ambiente e cura ampia e diffusa della riduzione dell’uso di prodotti chimici, ma questo è possibile con la presenza dell’uomo sulla terra, quotidianamente, avente e prestante una fonte di reddito reale altrimenti perdiamo non solo la figura artigianale del vignaiolo, come FIVI vuole mantenere, ma mettiamo in pericolo lo stesso rapporto con la natura che ci circonda, ambiente e cose intendo!  E oggi il clima-natura sembra che si stia ribellando, volenti o nolenti. Quindi grande tutela, difesa contro i falsi marchi che colpiscono tutte le imprese corrette, ma soprattutto il piccolo produttore che si gioca tutto sul proprio nome e sulla Doc.

 

Ecco FIVI sta portando avanti una azione, non una battaglia o una guerra, molto importante: è possibile rilanciare, migliorare, rafforzare l’intero lavoro dei Consorzi compreso la promozione e valorizzazione della tutela nella sua accezione più diretta a territorio-elaborazione del vino fatto dai tanti consorzi di tutela in Italia, spesso troppo piccoli per sopravvivere, spesso collegati a piccole Doc sconosciute ai più… prima che i Consorzi stessi chiudano bottega, rinuncino a fare il loro lavoro perché molte aziende mollano la Doc o mollano la partecipazione associativa nei Consorzi.

Sono un difensore accanito dei consorzi dal 1983 come dirigente Coldiretti Vino, ho voluto una nuova Federdoc nel 1998 perché desse ai Consorzi una forza condivisa, sociale, territoriale, non ho condiviso le scelte dell’autodeterminazione dei controlli ufficiali di legge perché i consorzi sono volontari e non obbligatori.

 

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Occorre ri-dare fiducia e concretezza operativa, di sostanza e di merito, della esistenza dei consorzi. Queste sono le sacrosante domande/questioni che pone FIVI anche negli incontri e dibattiti a Piacenza il 24 e 25 novembre. FIVI non si ferma alla sterile critica o denuncia ma propone soluzioni, indica strade diverse per certe attività consortili, occorre individuare percorsi diversi, anche elevando il lavoro consortile attraverso una immagine altra lontana da spartizione di seggiole o di troppo politica o di accondiscendenza, oltre a tenere ben separato quello che è tutela e vigilanza della Doc che è in campo ai Consorzi, dalla certificazione finale che deve essere in mano ad un organismo pubblico terzo.  Dalla discussione passiamo alla realizzazione.  Spero che il ministro Centinaio comprenda questa necessità.

 

A cura di Giampiero Commolli

 

+info: www.fivi.it
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