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Non si dice spesso, ma oggi la cultura della birra in Germania è diventata monotona: l’offerta di birra nella maggior parte dei bar e dei ristoranti è limitata a due o tre marchi e la richiesta più frequente dei clienti è semplicemente “Ein Bier, bitte” (“una birra, grazie”).

Un trend in netto contrasto con la ricchezza del patrimonio birrario teutonico. Naturalmente, ci sono delle eccezioni regionali (ad esempio in Baviera). Ma resta il fatto che per la maggior parte dei tedeschi, oggi, “birra” è sinonimo di Pilsner.
E neanche la Pilsner sembrerebbe godere di buona salute.

 

Il triste destino delle Pilsner

Infatti, nell’ultimo decennio, le vendite sul suolo tedesco della Pilsner sono costantemente diminuite. I tedeschi sono notoriamente attenti al prezzo e questo ha generato una corsa al ribasso in cui i birrifici hanno iniziato una competizione sul prezzo piuttosto che sulla qualità.
Per attrarre un pubblico sempre più vasto, i produttori hanno progressivamente modificato e “semplificato” le caratteristiche dei propri prodotti, diminuendo ad esempio le note troppo amare della birra.

Le artigianali

In questo scenario, i birrifici artigianali – dopo una prima fase “senza compromessi” – hanno iniziato a ritagliarsi una fetta di mercato sempre più consistente e questo ha portato, in molti casi, ad adattare la propria produzione in funzione dei feedback della grande distribuzione, compromettendo di conseguenza lo stile di partenza.

La “corruzione” degli stili

Ecco perché, forse, la più grande minaccia per la birra in Germania è proprio la “corruzione” degli stili, attuato in virtù della riduzione dei costi. Il costo del luppolo americano, ad esempio, è aumentato drammaticamente negli ultimi anni e la produzione di alcuni stili è diventata impraticabile, soprattutto per i birrifici più piccoli. A differenza degli Stati Uniti, le Pale Ale prodotte in serie che compaiono nei bar e si contendono l’attenzione sugli scaffali dei supermercati utilizzano quantità di luppolo notevolmente inferiori alle referenze statunitensi.

Il fattore prezzo

Mentre i grandi produttori internazionali possono offrire i propri prodotti a prezzi bassi in virtù di volumi produttivi enormemente maggiori, i birrifici più piccoli non possono competere sul prezzo. E per il panorama birrario tedesco – in cui i consumatori sono sempre più attenti al portafoglio – questo trend è pericoloso.

 

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Una durata di conservazione eccessivamente lunga

La birra, lo sappiamo, va bevuta giovane. Purtroppo, in Germania non c’è una regolamentazione sulla data di scadenza per la birra, quindi i birrifici sono liberi di decidere in modo indipendente quale scadenza indicare in etichetta. I produttori di Pilsner indicano spesso 9 mesi o più. Ma nelle Pilsner le note di luppolo sono molto lievi. Il discorso è diverso se parliamo di altri stili come Pale Ale e IPA: aromatiche e fruttate nel momento del confezionamento, se soggette a una scadenza troppo lunga rischiano di diventare insipide nel momento in cui saranno consumate.

 

Conclusione

Semplicemente, produrre birra di qualità costa. Le birre belghe, ad esempio, hanno bisogno di temperature di fermentazione accuratamente calibrate, determinate materie prime, tempi prolungati e competenza tecnica. E ciascuna di questi elementi, ha il suo costo.
I produttori e i consumatori tedeschi dovrebbero comprenderlo ed esser pronti a pagare la differenza. Senza questa comprensione, si corre il rischio di continuare a “corrompere” gli stili.

 

+info: www.brewberlin.com
fondazionebirramoretti.it

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