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Ogni giorno chiudono 34 ristoranti. Il 2018 si delinea come un anno dalle due facce: da una parte quello del record di consumi degli italiani fuori casa con 85 miliardi di euro spesi e, dall’altra, quello del saldo negativo più corposo degli ultimi dieci anni tra il numero di società avviate e quelle cessate. Una differenza in negativo di -12.444, quasi il doppio rispetto al -6.796 del 2008. Sono i dati elaborati dall’agenzia RistoratoreTop su dati Coldiretti e Movimprese, l’indice della nati-mortalità delle imprese di Unioncamere, che anticipano il “Rapporto RistoratoreTop 2019” presentato il 12 marzo durante il primo forum della Ristorazione al Palacongressi di Rimini.

 

Tra i fenomeni fotografati dal Rapporto ritroviamo anche la crescita dei ristoranti etnici e del food delivery. Le consegne a domicilio, in particolare, sono arrivate lo scorso anno a un giro d’affari di 1,1 miliardi di euro. Di queste, 350 milioni derivano dall’online, che è cresciuto in un solo anno del 69% e che prevede un giro d’affari di ben 590 milioni per il 2019. Va molto meglio ai ristoranti etnici. Questo filone ha visto crescere del 40% le attività negli ultimi 5 anni e alla fine del 2017 i locali che servivano cibi esotici erano 22.608, il 6,78% del totale, con 667 mila addetti.

La mortalità delle imprese

13.629 sono le insegne che nel 2018 hanno avviato l’attività sul territorio nazionale, contro gli oltre 26mila locali che hanno alzato bandiera bianca. E l’indagine non è benevola neppure nei confronti delle grandi città: Roma batte Milano in una partita che nessuno vorrebbe aggiudicarsi, con 922 serrande abbassate (ma era andata peggio nel 2017, con lo stop di 941 insegne) contro le 477 attività cessate nel capoluogo lombardo.

Il cambiamento del tessuto commerciale delle città

L’indagine di Confcommercio, circa lo stato delle imprese italiane in 120 città (escluse Milano, Roma e Napoli), nel periodo compreso tra il 2008 e il 2018, che ha rilevato una trasformazione importante e diffusa del tessuto commerciale delle nostre città. Il report restituisce un bilancio che soprattutto nei centri storici vede prevalere l’apertura di nuovi ristoranti e imprese legate al comparto ricettivo, a scapito delle attività di commercio al dettaglio, che intanto faticano a risollevarsi da una crisi profonda, legata al cambiamento delle abitudini di consumo. Quello che qui ci interessa, però, è rilevare la mancata percezione di un problema altrettanto reale: se il numero dei ristoranti e delle attività di somministrazione destinato a chiudere nei primi anni di vita è così alto, perché si continuano ad aprire ristoranti? A Lecce, dice lo studio di Confcommercio, nell’ultimo decennio, le attività di ristorazione sono cresciute del 40%; in Sardegna, pure per assecondare la vocazione turistica dell’isola, il numero di alberghi, bar e ristoranti cresce diffusamente, specie a Cagliari, dove tra 2016 e 2018 si è passati da 767 a 829 attività. Mentre a Firenze, nonostante i limiti imposti alla concessione delle licenze dall’amministrazione Nardella, il numero è passato da 1174 a 1481 (2008-2018).

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Il paradosso dell’offerta che aumenta

E la fotografia si ripete con minime differenze di città in città: in Emilia Romagna, bar e ristoranti aumentano del 14,4% (oltre un migliaio le attività in più nelle dieci principali città della regione); nel centro di Palermo si è passati da 267 a 430 (compresi pure gli alberghi); persino a L’Aquila, che è ancora tristemente un grande cantiere a cielo aperto, sono già operativi quasi un centinaio tra bar, pub e ristoranti, e altre attività apriranno a breve, accentuando la sproporzione tra offerta (spesso di scarsa qualità) e domanda. Il dossier di Confcommercio, a questo proposito, è chiaro: “L’eccesso di offerta di pub, bar e ristoranti sta producendo negativi risultati sul piano gestionale di tali aziende, e indirettamente si riflette negativamente sul livello qualitativo dei servizi offerti alla clientela. Molti degli operatori del settore per fronteggiare le difficoltà gestionali dovute all’eccesso di concorrenza stanno infatti riducendo la qualità della propria offerta”.

I ristoranti stellati valgono lo 0,33% del mercato

Il Rapporto Ristoratore Top, peraltro, fornisce altre indicazioni che è utile mettere a sistema: i ristoranti stellati, in Italia, sono 367, quindi lo 0,1% del totale delle attività di ristorazione. Economicamente, hanno un impatto irrisorio, pari allo 0,33% degli 85 miliardi di euro spesi dagli italiani nel 2018 per mangiare fuori casa. Mentre grandi catene e ristoranti etnici – che rappresentano il 6,78% del totale, con una crescita del 40% negli ultimi 5 anni – giocano la parte del leone. E continua a crescere la spesa destinata al food delivery e al take away, che comunque rientra nelle stime. Come scelgono gli italiani dove andare a mangiare? L’indagine dell’Osservatorio racconta di consuetudini molto radicate: il primo motore, infatti, continua a essere il passaparola, seguito da Facebook, Tripadvisor, Google e Instagram.

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