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La prima etichetta risale al 2014 anche se l’anno di avvio di questo progetto, che non si limita alla produzione del vino, risale a prima (2013) con la presentazione al DAP di Roma della prima vendemmia di Gorgona 2012. Un lavoro che abbraccia la storia di uomini e sopratutto la natura. L’isola di Gorgona rientra infatti del Parco Nazionale Arcipelago toscano e con i suoi 220 ettari di fatto è la più piccola tra quelle di Capraia, Pianosa, Elba, Giglio, Giannutri e Montecristo. Sarà anche per questo che è sede di una colonia penale attiva dal 1869?

 

 

A percorrerla ci si imbatte nei boschi, nelle sue magiche insenature e baie come Cala Scirocco e la sua Grotta del Bove marino, Cala Maestra, Cala Marcona e Cala Scirocco. Unica poi per il suo esser incontaminata con piccole torri e resti romani con il punto più alto a 225 metri su.l.m.

I venti si inseriscono nelle vigne piantate dal 1999 e via via incrementate fino agli attuali due ettari (di cui uno all’attivo) su terreni con strati calcarei, caratterizzati da rocce metamorfiche di origine magmatica e ofiolitiche. Suoli ricchi di acqua che restituiscono una vegetazione rigogliosa di origine mediterranea: ampie aree boschive, fiori, pini, castagno e sopratutto piante di una varietà autoctona di olivo, “Bianca di Gorgona”. Un habitat ideale dunque per la realizzazione di una vera e propria attività agricola gestita dai detenuti della Casa di reclusione di Gorgona, assunti e stipendiati da Frescobaldi in collaborazione con il carcere fiorentino di Sollicciano.

 

 

Carcerati che supervisionati dal team di agronomi di Lamberto Frescobaldi, scontano sull’isola l’ultima parte del loro periodo detentivo con il vantaggio di sentirsi parte di un progetto e continuare grazie a questo background il loro cammino di vita. Per i poliziotti non si tratta solo di controllarli ma di svolgere un’attività psicologica continua. I sentimenti mutuano velocemente, sembra che ogni essere vivente qui sia senza uno strato di pelle protettivo. La sensibilità e le reazioni sono l’accompagnamento, lento, al ritorno alla realtà. E non c’è forse nulla di più giusto, per renderlo il più attuabile possibile, se non il contatto h24 con la natura. I detenuti non lavorano solo le vigne, come detto,  ma anche l’orto, olivi e gli animali per piccole produzioni di olio e formaggi. Il vino prodotto a base di vermentino e ansonica inizialmente, dopo la fermentazione e affinamento, veniva trasportato nelle cantine fiorentine ma da qualche anno è stata costruita una piccola cantina per agevolare le operazioni e lasciarlo maturare nel suo luogo nativo per 7 mesi in barrique.

Il vigneto a 60 metri s.l.m è circondato dal bosco e con la sua esposizione ad est si proietta direttamente sul mare. Oggi si presenta l’ultima vendemmia, la 2018. Un’annata caratterizzata nel periodo autunno – invernale mite, con precipitazioni nella norma più intense in primavera e progressivamente diminuite nell’estate, stagione più calda e asciutta. Condizioni che consentono l’approccio biologico in vigna anche grazie al vento sempre presente.

 

 

All’arrivo del vino nel bicchiere si sente il peso di questa unicità e del suo valore umano che profuma di isola, di macchia mediterranea. Ci sono timo e olive ma anche un bergamotto maturo. Profumi tutti che riportano al sale marino e ai fiori secchi. Sorseggialo lentamente e pensare in silenzio è l’unica modalità se si vogliono sentirne le radici. Struggente, salato, come un’onda che si infrange sugli scogli con i piedi non distanti a percepirne gli schizzi e i loro effetti sulla pelle. Energia che si riverbera nel sangue, lo rinfresca e lo rinforza. Quello che resta in bocca è l’effetto di questa sapidità, un gusto concentrato sempre riattivato dalla freschezza. Granuloso, come la sabbia.

 

+info: www.frescobaldi.com

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