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Un artista, un gentleman, un bartender di livello assoluto e un altrettanto abile pollice verde. Questo è Hiroyasu Kayama, il Bartender con la “B” maiuscola capace di regalarvi una drink experience davvero unica in Giappone, a Tokyo, nell’elettrizzante quartiere di Shinjuku.
Dal 2013 a oggi, il suo “Ben Fiddich” accoglie e lascia a bocca aperta curiosi clienti provenienti da tutto il mondo. Luci soffuse, antiche bottiglie da collezionisti, vasi di piante verdeggianti, col barman però sempre al centro di ogni sguardo, quasi come un Dio da venerare e osannare: non è un caso che i fortunati, che – rigorosamente su prenotazione – riescono a sedersi al bancone di legno (appena 7 sgabelli), custodiscano gelosamente i loro posti provando per ore e ore un drink dopo l’altro, ammaliati dalla dialettica e dalla smisurata creatività di Kayama. Sospesi in un’atmosfera unica, d’altri tempi, proiettati in una dimensione parallela. A partire dal piccolo ascensore che lascia i visitatori direttamente all’interno di un buio ingresso dopo una lunga ricerca che, vista la totale assenza di insegne, solo chi conosce già il “Ben Fiddich” è in grado di evitare.
La ciliegina sulla torta, poi, è proprio lui: Kayama-San, che ti accoglie compassato ma gentile, elegante ma caloroso, in uniforme ma col suo consueto ciuffo rockabilly, con un sorriso amichevole ma anche con un mezzo inchino reverenziale, facendoti immediatamente capire di essere arrivato nel posto giusto al momento giusto. Un locale sui generis, a metà tra uno speakeasy e un secret bar, come il suo fondatore e titolare racconta in esclusiva proprio ai microfoni di Beverfood.com: “Il mio ‘Ben Fiddich’ è nato nel 2013, ho sempre voluto costruire qualcosa di innovativo dove dare spazio al mio estro dietro al bancone. Mi piace sperimentare e scoprire il sapore più adatto per soddisfare anche i gusti del cliente più esigente, possiamo dire che qui si preparano solo drink su misura”. Home-made e dark side, il marchio di Kayama è d’altronde evidente fin dalle prime impressioni: “Il concept che sta alla base del ‘Ben Fiddich’ – prosegue – è proprio questo: offrire un salto nel tempo, nel passato naturalmente, esaltando i prodotti del territorio. Vengo infatti da una famiglia di agricoltori. Nei miei campi a Chichibu, nella prefettura di Saitama, coltivo anice, finocchietto, assenzio e molte altre piante per poi distillarle io stesso col mio alambicco creando degli home-made speciali e inimitabili da riutilizzare in miscelazione”. Proprio come un vecchio moonshiner: “La mia ammirazione per i moonshiners è percepibile dai tanti quadri che ne celebrano l’operato sparsi per il locale, mi piace questo lato oscuro del nostro lavoro. Amo definire il ‘Ben Fiddich’ un cocktail bar vintage, dove tanti prodotti dimenticati o bistrattati possono riprendere vita nelle vesti di ingredienti sorprendentemente coinvolgenti”.
Kayama non conosce il concetto di banalità o standardizzazione. Si informa subito sulle preferenze di ciascun cliente e realizza minuziosamente un cocktail che si sposa alla perfezione coi suoi gusti, anche se in Giappone – ci spiega – il drink più bevuto resta sempre il Gin Tonic: “Il Gin Tonic è un cocktail importantissimo per i giapponesi, il più bevuto in assoluto. Ma qui al ‘Ben Fiddich’ cerco di dare la mia impronta personale anche ai grandi classici, utilizzando materie prime freschissime e a km 0. Non c’è nessuna cocktail list pre-confezionata, mi piace inventare ad hoc una creazione differente per tutti coloro che mi ritrovo davanti”. E qual è invece il suo drink preferito? La domanda sorge spontanea. “Amo l’assenzio in tutti i modi, ma il cocktail che bevo di più è senza alcun dubbio il Gin Martini”, ci svela mentre esibisce con orgoglio bottiglie di rara bellezza che risalgono addirittura a fine ‘800. Tra amari, Fernet Branca e assenzio, c’è davvero da sbizzarrirsi e il made in Italy sembra chiaramente aver fatto breccia nel suo cuore e nel suo portafogli.
Per questo e per tante altre ragioni, bere al “Ben Fiddich” non potrà mai essere considerato un’esperienza come le altre. Su quel bancone, o magari anche dai tre tavolini situati alle sue spalle in spasmodica attesa di fare l’upgrade in prima fila, è possibile apprezzare infatti un vero e proprio drinking show che appaga i cinque sensi. Senza barriere linguistiche e con un tocco genuino, Kayama ci mette sempre la faccia e rappresenta forse il volto più autentico del bar. Inteso, in questo caso, come prosieguo di nome (“Ben Fiddich”, Montagna del Cervo, altro non è che la traduzione in gaelico degli ideogrammi della sua famiglia) e di fatto (distillati 100% home-made, curati dalla piantagione fino all’imbottigliamento) della sua discendenza, della sua famiglia, della sua innata passione.
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