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Un libro per raccontare la storia di una grande famiglia delle Langhe.

In queste magiche terre, raccontante romanticamente da Cesare Pavese, le storie sembrano non finire mai e sarà forse per questo che le grandi famiglie – gli eredi viventi di uomini che hanno contribuito a renderle amate nel mondo – sentano l’esigenza, come un desiderio incantato di farle rivivere chiedendo, a chi le conosce sorprendentemente bene, di scrivere un libro che riesca a condensare in una cinquantina di pagine i fatti salienti di un percorso di vite che non solo suggella la passione per il proprio lavoro ma è quella luce che fa apparire, una volta stampato, tutto più chiaro.

Per chi lo ha fatto scrivere e per chi lo legge. Le colline attraversate dagli amanti del Barbaresco e i vini stappati davanti a un salame o a una Tuma (alla piemontese), appariranno diverse e avranno tutto un altro sapore dopo la lettura dei testi scritti da Giancarlo Montaldo e Teresa E. Baccini. Un sapore riflessivo, capace di riportarci in precisi momenti storici del percorso economico del nostro paese poi ambientato nelle Langhe dove prende vita la coppia formata da Armando e Gemma Piazzo. Un piccolo libro per trovare la storia dei due, sin dalla nascita, le narrazioni di aneddoti personali, come in un diario, che ci proiettano direttamente nei locali di ristoro della famiglia, in quelli delle riunioni dove i produttori, tutti riuniti nel 1934, costituiranno il Consorzio dei Vini Tipici di Pregio Barolo e Barbaresco. E ancora del perché Armando era anche soprannominato “Mugìot”, il nome (oggi) della Barbera prodotta. Ma ci sono anche i perché delle scelte prese con intuizione e lungimiranza, come quella di puntare sul Nebbiolo e di prediligere le vinificazioni non tanto dei singoli cru ma di elevarli, tutti, in un grande unico assemblaggio, tutt’ora un orgoglio per Simone e Marco, i due giovani traghettatori dell’azienda nell’era moderna. Appare corretto e al contempo dinamico il loro approccio al lavoro in cantina e nella comunicazione commerciale perché riescono, restando fedeli e molto attenti agli insegnamenti ricevuti da quando in vita, a valorizzare il cosiddetto terroir, con freschezza e personalità.

Ma forse non c’è una parte più bella in questo libro perché, aldilà del fascino della storia, è la capacità degli autori -dall’introduzione a cura di Maurizio Rosso, a quella delle interviste finali- di far trasudare una volontà del fare, una libertà, del fare, di Armando Piazzo. Si apprende un agire con una condotta volenterosa e precisa sviluppatasi naturalmente come un’opera di marmo che prende forma nel tempo. Un progetto che sfocerà nella produzione del primo Barbaresco nel 1979, dieci anni dopo l’acquisto della cascina a San Rocco Seno d’Elvio, affiancato ai vini più storici, come il Dolcetto, poi di bianchi nel Roero e nelle zone del Moscato. L’entrata delle figlie in azienda e dei nipoti sarà il contributo umano che riuscirà a renderlo definitivamente compiuto. Oggi rimangono i modi di dire di Armando, i suoi proverbi improvvisati, la sua visione dei problemi che a leggerli fanno riflettere sulla sua anima positiva, una caratteristica che pare essere ”La caratteristica”. Il suo motto? “A la rangioma” (la sistemiamo).

 

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Informazioni:
Grafica e stampa a cura de L’Artistica di Savigliano a giugno del 2019.
Marina Piazzo – 0173/286798 –
Giancarlo Montaldo – 335-456104 –

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