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Brand Ambassador, bartender, icona di un Vermouth letteralmente costruito a sua immagine e somiglianza… Questo, e molto altro ancora, è Davide Garazzini: milanese di nascita, toscano/ligure d’adozione, barman/formatore per natura e per professione.

Con oltre 20 anni di carriera alle spalle, Davide Garazzini ha fatto della divulgazione e dell’informazione la sua filosofia di vita. Prima, come istruttore della 3F, la prima scuola di American Bartending in Italia. Poi, come Brand Ambassador di 1492 Coloniale Group. Fino a mettere la faccia, in tutti i sensi, sul “Vermouth Garazzino” lanciato nel 2015. Una bella storia di bar e bartending, che Beverfood.com si è fatto raccontare dal diretto interessato in un pomeriggio d’inverno: “È iniziato tutto in cucina. Da ragazzino feci la mia prima
stagione di lavoro nelle cucine dello YAR, il primo ristorante russo aperto in Italia, seguita subito dopo da una stagione estiva in un ristorante in Puglia, vicino a Gallipoli. Senza dimenticare poi quell’esperienza successiva all’Hilton…”, esordisce così Davide Garazzini ai nostri microfoni.

Una passione, quella per il mondo del food&beverage, sbocciata parallelamente al tuo percorso di studi.
“Sì, mi ero iscritto all’università di lingue e letterature straniere e, proprio per pagarmi la retta, avevo cominciato a lavorare nella divisione urbana di Autogrill. Alla fine gli studi li ho interrotti, ma quel lavoretto iniziato quasi casualmente è diventato piano piano la mia vita. Sono passato presto dalla cucina al bar, continuando il mio percorso di crescita al Caffè 900 nel centro di Milano. È proprio lì che ho imparato il lavoro di bartender. Avevo un capo-barman che si chiamava Marcello, ricordo i suoi Margarita e i suoi numerosi insegnamenti. Con lui partivamo proprio dalle basi: ‘Metti lo straccio, togli lo straccio’. Avete presente il Maestro Miyagi?”.

Poi è arrivato il salto in discoteca.
“E che discoteca! Mi ritrovai a lavorare in una delle discoteche più famose del mondo latinoamericano nel Nord Italia: il Tropicana, dove avevo come bar manager Andrea Montagnana, un pozzo di conoscenza. Mi dividevo tra il lavoro al Caffè 900 di giorno e quello in discoteca la notte. Fu un gran bel periodo, che mi permise di accumulare quotidianamente tante nuove conoscenze ed esperienze. Non mi sono fatto mancare neanche un’avventura in un bar d’albergo, con tre mesi presso quello dello Sheraton, il primo hotel di Milano che aprì il proprio bar a tutti: il Diana Majestic”.

Da apprendista sei progressivamente diventato insegnante.
“Tutto è cambiato quando ho iniziato a frequentare la prestigiosa 3F American Bartender School, imparando il sistema di lavoro all’americana. In quella scuola sono stato prima studente, poi assistente e infine istruttore. Ho sempre avuto una vena formativa dentro di me, mi è sempre piaciuto trasmettere agli altri il mio bagaglio tecnico ed esperienziale. Dovete pensare che prima non c’era internet a risolvere ogni dubbio in pochi secondi, per imparare serviva la pratica e in circolazione si trovavano davvero pochi manuali sul bartending, per di più tutti in inglese. Ricordo quindi la fatica che, personalmente, ho dovuto fare per capire una serie di cose, per capire questo lavoro… Così, se oggi vedo un giovane gasato da questo mondo e da questa professione, penso che il mio dovere sia mettergli in mano tutto ciò che possa servirgli per portare avanti il suo percorso”.

A suon di shakerate, d’altronde, di esperienza ne hai accumulata parecchia. A Milano e non solo.
“Vi potrei citare tante altre avventure… Dal Tropicana mi son spostato al Puerto Alegre, lavoravo con un team spettacolare composto da Marco Sumerano, uno dei miei primi e più importanti mentori, Guglielmo Miriello e Stefano Valenti. Poi ho fatto una stagione al Movida sui Navigli, sono stato responsabile del Blue Bar appena fuori Milano, poi anche consulente per la realizzazione di un bel progetto legato al settore hospitality a Monferrato… Fino ai Master che grazie a 3F tenevo per Illva di Saronno, dove ho conosciuto i proprietari di un bagno a Marinella di Sarzana, il Grecale, e tra ragioni personali e professionali ho deciso di mettere radici proprio tra la Toscana e la Liguria lavorando in un chiringuito da sogno sulla spiaggia. A Sarzana ho lavorato anche presso il bar Pazza Idea, prima di farmi quattro anni a Camogli in un suggestivo locale sul porticciolo”.

Proprio qui è nata la tua collaborazione con la famiglia Timossi. Quanto ti rivedi nel progetto di 1492 Coloniale Group?
“Coi Timossi condividiamo la stessa identica filosofia e passione, altrimenti non ci lavorerei (ride, ndr). Il mio lavoro di Brand Ambassador mi piace e mi appassiona ogni giorno: se vinci qui, vinci perché hai trovato i produttori giusti e delle idee collettive vincenti. Il nostro obiettivo è scovare realtà sane e valide, non fossilizzarci prettamente sul marketing come fanno in tanti. I nostri clienti non sono infatti dei clienti, ma piuttosto dei partner, e hanno tutti una storia genuina da raccontare. Mi spiego meglio: non mi e non ci interessa vendere una bottiglia in più, cerchiamo invece un progetto ad ampio raggio con dei valori condivisi”.

Il richiamo del bancone è però troppo forte… Nella tua attualità si è inserita qualche anno fa anche la gestione di un bar a Marina di Carrara.
“Sì, la mia attualità è composta dalla vita da Brand Ambassador e dalla gestione del mio bar nel Club Nautico di Marina di Carrara. Col mio socio Emiliano Babbini abbiamo la stessa visione: proponiamo prodotti sani in maniera sana. E ci divertiamo, che è sempre la cosa più importante in questo lavoro”.

Non capita certo tutti i giorni di avere un liquore creato a propria immagine e somiglianza. Ci racconti infine la storia del tuo “Vermouth Garazzino”?
“Vi siete tenuti la domanda più divertente per ultima, eh? Era il 2015 e 1492 Coloniale Group non aveva più un vermouth di nicchia. Mi è dunque stata prospettata la possibilità di pensare e creare un nuovo prodotto. Come tipo di liquore il vermouth mi è sempre piaciuto, volevo cercare un’alternativa valida e per realizzare il tutto siamo andati da un’eccellenza in questo settore quale Bordiga. Ne è venuto fuori un vermouth del quale vado fiero in tutto e per tutto. Non a caso, ci ho messo la faccia!”.

Ce l’hai messa letteralmente (si veda la divertente etichetta). Come descriveresti il tuo “Garazzino”?
“Il Garazzino è innanzitutto un vermouth presente nella nostra linea di prodotti ‘Originals’ di 1492 Coloniale Group. Come vi dicevo prima, è nato per essere un progetto leggermente di nicchia. Si realizza con tre tipi di vino differenti, col 20% di Moscato e poi Cortese e Trebbiano, oltre a 24 tra erbe e spezie che lo rendono ancor più elegante. Cercavo un vermouth più delicato, non troppo carico di spezie ed erbe, e quindi da apprezzare soprattutto liscio. Al massimo con ghiaccio e seltz come aperitivo! Ma ciò non toglie che con Garazzino si possano ottenere ottimi risultati anche a livello di mixology. Provare per credere”.

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