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Il 68° congresso nazionale di Assoenologi, apertosi giovedì 4 nel teatro civico di Alba e chiusosi domenica 7 luglio, ha visto un susseguirsi di qualificati interventi attorno al tema centrale, “Cinquant’anni di Doc: il territorio, il vino e l’enologo”. Un tema, come ha rimarcato il direttore generale di Assoenologi, il novarese Giuseppe Martelli, ancora di strettissima attualità: «A distanza di mezzo secolo, il confronto sui vini Doc è ancora aperto. Quarant’anni fa i vini italiani erano per il 90% vini “generici”; oggi per il 40% sono a denominazione d’origine, e se ci aggiungiamo anche le Igt arriviamo ad un 70% di prodotti che hanno un legame con il territorio, la sua cultura e le sue tradizioni. Sta a noi ora tralasciare individualismi e personalismi, nella consapevolezza che il mercato non perdona e che solo uniti si può vincere».

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Il mercato odierno, rispetto a quello di 50 anni fa, ha subito un cambiamento epocale. Lo ha sottolineato il neopresidente di Assoenologi Riccardo Cotarella: «Prima era il produttore che dettava le regole. Oggi siamo di fronte non più ad un pubblico di semplici bevitori, ma di amanti e studiosi del vino. E noi non possiamo esimerci dal tenere in considerazione il loro pensiero». Perché il mercato, insieme con la tecnologia, «rappresenta la via per il rinascimento del comparto vitivinicolo». «Per alcuni – ha proseguito il presidente – non è ancora chiaro che produrre vino di qualità significa mettere in campo una dottrina complessa che va ben oltre i concetti semplici e “naif” di chi sostiene che “il vino viene da solo”. Se il nostro Paese può dirsi enologicamente avanzato, lo si deve a quelle persone che hanno voluto credere in ciò che la scienza metteva a loro disposizione». Le condizioni climatiche cambiano, così some i gusti del mercato, i competitors aumentano, anche in zone del mondo finora mai interessate dalla produzione vinicola. «E di fronte a questi cambiamenti epocali – ha sottolineato Cotarella – noi tecnici dobbiamo metter in campo tutta la nostra esperienza.

Non dobbiamo porci in maniera altezzosa e superba, ma essere pronti ad ascoltare le esperienze altrui. Soprattutto di chi, con l’uso della tecnologia e della scienza, è riuscito ad ottenere risultati inimmaginabili. Utilizzare scienza e tecnologia non significa produrre vini privi di passione». Il 20 per cento delle bottiglie di vino vendute nel mondo, da Pechino a New York, da Londra a Mosca e Tokyo, sono made in Italy. Sugli scaffali dei supermercati, nei ristoranti alla moda, nei bar dove i giovani si danno appuntamento per l’happy hour, l’«Italian Wine» influenza i gusti e fa tendenza. E’ questo il forte risultato dell’export italiano che colloca il settore vitivinicolo in contro-tendenza rispetto alla crisi generale. Tutto ciò è merito anche di una professionalità in cantina e in vigneto, espressa attraverso il contributo indispensabile degli enologi. Il presidente, Riccardo Cotarella, spiega così i risultati raggiunti: «In cantina meno poesia e più professionalità. Il vino è il miglior marcatore del territorio, un prodotto che si fa solo sul posto e non è replicabile».

Il direttore generale di Assoenologi, Giuseppe Martelli ha inoltre sottolineato gli ultimi trend in materia di export dei nostri vini. :“cresce il valore dell’export di vini italiani, +10% nel primo trimestre del 2013, per un totale di 1,1 miliardi di euro. Non è più così lontano il primato della Francia, che ha chiuso il 2012 con 7,8 miliardi di esportazioni contro i 4,7 dell’Italia. E la distanza si riduce al netto dell’export dello champagne, 2,2 miliardi, e degli spumanti italiani, pari a 624 milioni. In quattro anni il valore del vino italiano esportato ha avuto un incremento del 25%, passando da 1,75 a 2,20 euro a bottiglia. L’Italia del vino ha tutte le potenzialità e le carte in regola per superare i “cugini” francesi. La tendenza all’incremento delle nostre esportazioni é incessante. Nonostante la crisi a fine 2012 è stato registrato un aumento di 6,5% in valore e -8,8% in volumi. Esportiamo meno vino – prosegue il direttore Assoenologi – ma incassiamo di più, il che significa che mandiamo all’estero prodotti con sempre maggiore valore aggiunto. E anche nei primi tre mesi del 2013 si registra un incremento del 10 per cento in valore, superando la soglie di 1,1 miliardi di euro a fronte di un decremento di 1,1% in quantità L’Italia, che già oggi ha una netta supremazia sui mercati cosiddetti “maturi” (Usa, Germania, Svizzera, Canada) è quindi lanciata – conclude – nella corsa per raggiungere e superare la Francia a livello globale”.

 Fonti: www.oknovara.it/news/?p=81464www.winenews.it/

 

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