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“Sostenibilità”. Quante volte oggigiorno sentiamo o leggiamo questo termine anche in ambito enogastronomico? Dal food al beverage, tante realtà (fortunatamente) hanno aperto gli occhi e cercato di spostare i riflettori sul tema della sostenibilità, nell’intento di fare ognuno la sua piccola parte per salvaguardare il nostro pianeta e soprattutto le sue risorse ormai in esaurimento.

Ma come si può raggiungere la vera sostenibilità nel mondo del bar? Un ottimo esempio arriva da Leonardo Scorza, giovane bartender fiorentino che durante la scorsa Florence Cocktail Week (17-23 aprile) ha preparato insieme al resto dello staff del cocktail bar Serre Torrigiani un eco signature dal nome “Venere”. Abbiamo chiesto proprio a lui di raccontarcelo nel dettaglio, non stupendoci – una volta provato il drink – del fatto che questo sia stato confermato nel menù anche dopo la manifestazione organizzata da Paola Mencarelli.

Leonardo, come hai concepito il drink “Venere”?
“Dopo aver letto un articolo sull’ecosostenibilità al bar e più in generale nella vita, ho deciso di fare le cose in maniera fuori dagli schemi. Tutti i barman o quasi utilizzano frutta essiccata, definendo questa pratica sostenibile perché i lime tagliati nel pomeriggio vengono riutilizzati come garnish per i cocktail della sera senza così essere sprecati e buttati via, insomma senza essere considerati inutili e di conseguenza non sostenibili per l’ambiente. Questo concetto è giustissimo a parole, ma in pratica sbagliatissimo dato che per essiccare un lime utilizziamo un forno essiccatore che resta acceso circa 15/20 ore, mandando il concetto di ecosostenibilità direttamente nel cestino”.
E come si può raggiungere quindi la vera sostenibilità?
“Questo è solo uno dei falsi miti sulla sostenibilità, basti pensare alle persone che ogni giorno vanno a piedi al supermercato a comprare l’acqua in bottiglie di plastica che, agli occhi della collettività, rispettano l’ambiente meno delle persone che ricaricano l’acqua alle fontanelle del comune, magari arrivandoci in macchina. Oltre a questo pensiero, un campanello di allarme me l’ha fatto scattare anche il viaggio che ho fatto di recente alle Isole Azzorre, produttrici delle migliori ananas al mondo, nonché di banane, passion fruit e via dicendo. Tutto molto bello… Peccato che, essendo parte del nostro continente, al supermercato sono presenti sia banane locale sia banane del resto d’Europa. Queste sono vendute a prezzi altissimi e, puntualmente, marciscono venendo buttate via perché nessuno le acquista”.
Da qui l’idea di creare un cocktail eco davvero da tutti i punti di vista.
“Proprio così. Ci siamo recati al supermercato e abbiamo guardato quali fossero i prodotti, presenti ma non di stagione, che non venivano considerati dalle persone, restando così sugli scaffali ed essendo destinati alla spazzatura. Abbiamo per esempio deciso di acquistare il melone, l’uva senza semi, il passion fruit e i lime. Con lime e zucchero abbiamo preparato uno sherbet (5:1). Lo zucchero è stato poi disciolto con una pari quantità di estratto di uva senza semi. Abbiamo aggiunto tre parti di estratto di melone e un quarto di purea di passion fruit. Abbiamo unito degli acidi e un po’ di aceto creando uno shrub, usato in miscelazione insieme a Rum Havana, Rabarbaro Nardini, Bitter fusetti al Cacao e un Bitter aromatico al cioccolato. Abbiamo infine decorato il bicchiere con alga spirulina, considerata forse uno degli alimenti più importanti del futuro in quanto ricca di proprietà e vitamine, anche se agli occhi delle persone appare meno eco rispetto al lime essiccato. Più eco di così?”.
Foto di Mike Tamasco

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