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Secondo quanto riporta focuswine.com, dal 2000 al 2008 la quota di bulk wines (vini sfusi in cisterna) imbottigliati direttamente in loco è passata in Gran Bretagna dall’11% al 20% del totale vini, pari a 240 milioni di litri. Il totale import vini (bottiglia + sfuso) ha fatto segnare nel periodo in esame un +25%, ma la crescita dei soli vini sfusi in cisterna ha sfiorato il +120%. Quindi in terra britannica si sta rivoluzionando la filiera del vino, spostando l’attività di confezionamento dai paesi produttori al mercato di consumo.


Questo fenomeno viene interpretato come la risposta ad una coscienza più ambientalistica che trova il suo punto di riferimento nel “GlassRite Wine Project” (www.wrap.org.uk), un progetto della WRAP (Waste & Resources Action Programme), incoraggiato dal Governo inglese in accordo con una serie di organizzazioni ambientaliste e con ambienti medico-sanitari. GlassRite Wine opera fin dal 2006 e promuove la riduzione dell’impatto ambientale causato dalla quantità straordinaria di bottiglie che vengono ogni anno spedite nel Regno Unito. Tutte queste bottiglie, una volta stappate e consumate, pongono seri problemi di riciclaggio del vetro.

Gli esperti del progetto puntano ad aumentare notevolmente la quantità di vino spedito in terra britannica in grandi contenitori, in fusti, cisterne (bulk in inglese), e a creare le condizioni perché questo vino venga imbottigliato in terra britannica, in bottiglie più leggere e di vetro chiaro prodotte in loco. La dimostrazione che il progetto è concreto è la costruzione di un nuovo impianto, ad Avonmouth, creato da Constellation Europe, una delle più grandi compagnie mondiali nel campo del vino e degli alcolici, che entro il 2009 dovrebbe essere in grado di imbottigliare nei propri impianti UK oltre 100 milioni di bottiglie l’anno.

Questo fenomeno sta modificando lo scenario competitivo tra le nazioni produttrici di vino sul mercato britannico. La nazione che si è maggiormente avvantaggiata dal boom dello sfuso in UK è l’Australia: nel 2000, occupava una posizione del 19% a quantità nel settore del vino sfuso, e, a colpi di ribassi sul prezzo medio, ha raggiunto la prima posizione, con il 28% di quota a quantità e del 23% a valore. Al secondo posto su questo specifico mercato sono balzati gli USA con una quota a quantità del 25,5% (era appena il 3% nel 2000) e del 18% a valore. Il terzo posto a quantità (15%) è stato conquistato da Sud Africa, mentre a valore la terza posizione è occupata dalla Francia (17%) che però ha perso moltissimo sul piano dei volumi, dove oggi ha una quota di appena il 6%. (nel 2006 era 25%).

Simei s.i.m.e.i Salone Internazionale Macchine per l'enologia e l'imbottigliamento 24-28 novembre 2009 fiera milano

Anche l’Italia è riuscita a guadagnare quota nel settore dello sfuso in Uk, soprattutto a valore dove attualmente abbiamo una quota del 12% (quarto posto; nel 2000 eravamo al settimo posto), mentre a quantità abbiamo una quota del 6,5% (quinto posto). Il prezzo medio del vino italiano spedito sfuso è salito notevolmente rispetto al 2000: da 0,65 a 1,55 sterline, segno che comunque si sono aperti spazi di manovra interessanti. Chi ha perso, e notevolmente, oltre alla Francia, sono Germania, Spagna e soprattutto Cile, il quale pare disinteressato alla pratica “bulk” e sta invece optando per una decisa politica di riqualificazione dei suoi prodotti a livello di confezionato.

+INFO: www.focuswine.com/site/intxt.asp?idtext=5223

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