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Puntuale come ogni anno il Dossier sui Vini Frizzanti pubblicato dal Corriere Vinicolo fornisce uno spaccato della categoria. Un business che nel 2022 dei frizzanti italiani all’estero è stato pari a 458 milioni di euro, per un volume di 1,7 milioni di ettolitri. Numeri in flessione sia a volume, con un calo degli imbottigliamenti dell’11%, anche performance è in calo del 7%, dopo un trend positivo che era partita dal 2019, si ritorna quindi sui livelli pre-covid. Sui valori invece, il balzo è del 6%, inferiore sia alla media Italia (+10%), sia a quella dei cugini spumanti. Sul prezzo medio, una crescita significativa dettata dalle dinamiche inflattive: +14%, a 2,64 euro/litro, livello mai toccato dalla categoria. A livello di bilancia export, i frizzanti rappresentano l’8% del totale venduto dal nostro Paese, per un peso valore attestato al 6%. Di là delle oscillazioni annue, le quote ormai sono piuttosto stabili rispetto agli anni passati, frutto soprattutto della crescita della tipologia spumante, che ha sottratto volume in denominazioni molto orientate all’export .
Sul lungo periodo, il confronto con le altre categorie di prodotto vede i frizzanti in posizione mediana tra spumanti e vini fermi sulla parte prezzo: +2,3% il Cagr registrato dal 2017 al 2022, allineato allo spumante e sotto di 2 punti rispetto ai vini fermi. A volume, l’indicatore dice +1% contro +0,4% per i vini fermi e +7% per gli sparkling, mentre a valore i frizzanti sottoperformano rispetto sia agli still wines (+3% contro +4,6%), sia soprattutto parto comuni, le bolle frizzanti riservano qualche sorpresa: prezzo medio inferiore di 50 centesimi rispetto agli spumanti, ma più alto di 40 centesimi rispetto ai fermi. In generale, i frizzanti più economici in assoluto (dato di marzo 2023) sono non più i comuni, ma gli Igp: 2,27 euro al litro contro 2,81, ovvero -24% contro +22%. Mentre i Dop sono quelli che costano di più, 3,38 euro al litro, con aumento annuo (sempre marzo) di +14%.
Il grosso del prodotto esportato dal nostro Paese – l’80% – porta in bottiglia una denominazione d’origine o un’indicazione geografica, con un change di prodotto dalle Igp alle Dop: -12 punti per le prime (al 41%) e +9 punti per le seconde (39%), con i comuni e varietali a ritagliarsi il restante 20%. Nel 2022, la discesa degli Igp (-12% rispetto al -4% dei Dop) ha portato a un quasi allineamento dei volumi esportati (678.000 ettolitri contro 709.000), con la parte bassa della piramide che è andata sotto del 3%, un fenomeno di travaso dal 2010 a 2014 determinato dallo spostamento del Prosecco prima dalla categoria Igp a quella Dop e successivamente dalla promozione di masse crescenti di prodotto targato Prosecco verso lo spumante. Il peso delle Indicazioni geografiche è sempre rimasto superiore (nel 2010 si era al 53% di quota), grazie al Lambrusco Emilia, uno dei prodotti più esportati in assoluto, in particolare sul mercato statunitense e in tutto il Centro-Sudamerica. Sul mercato interno il peso delle Dop sulle vendite resta sempre maggiore, evidenza dovuta al fatto che il consumatore italiano è molto più “territoriale” nelle proprie scelte.
La Germania rimane il più grande mercato, con circa il 25% del totale export a volume. Il saldo volume per Berlino nel 2022 è stato fortemente negativo (-10%), poco sotto quota 430.000 ettolitri (nel 2010 si viaggiava attorno a 680.000). Sul lungo periodo, sono cresciuti di importanza gli Stati Uniti (al 16% di quota volume, ma con variazione negativa del 18% nel 2022, dopo il -6% del 2021) e la Spagna con una quota sul totale del 4%, contro l’11% di dieci anni prima. In discesa il mercato olandese, che tra 2006 e 2008 era arrivato a pesare quanto gli Usa, ma oggi ridottosi al 3% di quota, con performance annua di -4% nel 2022 a fronte di un -13% nel 2021. Emerge il Messico, terza piazza a volume e con recupero rispetto al -20% del 2021 (+4%). Poi la Repubblica Ceca, che balza dal 4% al 6% di quota grazie a un ulteriore aumento del 20% rispetto al +4% di consuntivo 2021. Tra le prime dieci destinazioni, troviamo con un 4% di quota ciascuno altri tre Paesi: Russia (variazione negativa annua del 12%), Francia (-3%) e Austria (+1%). Interessante l’aumento dal mercato portoghese, che però nel 2022 ha visto una contrazione dei volumi del 20%, dopo aver fatto +34% nel 2021. Nota positiva è l’allargamento progressivo dei mercati: nel 2010 i frizzanti erano esportati in 98 Paesi, saliti a 130 nel 2022: la quota dei residuali rispetto ai primi 10 era al 9% nel 2010 ed è salita al 26% dodici anni dopo.
Il Messico il Paese con la più alta incidenza dei frizzanti sul totale del nostro export di vino confezionato, 73%, in aumento ulteriore rispetto all’anno passato (66%). Seguono con quote superiori al 60% Slovacchia, Spagna e Repubblica Ceca. Fra 30 e 40% di quota troviamo Lettonia, Austria e Irlanda, mentre sopra il 20% ci sono Francia, Ucraina, Russia e Brasile. Tra 10% e 15% Germania, Polonia, Usa e Giappone, quindi chiudono Belgio a 5% e UK, Canada e Svizzera con il 3% di incidenza. I nostri frizzanti sono destinati al continente europeo, sia continentale e mediterraneo (metà circa del totale) sia balcanico e orientale, 20%. In mezzo il Nordamerica, con circa il 25% (con peso ormai fondamentale assunto dal Messico, 27% sul totale continentale, divenuto grazie alla presenza di Wal-Mart una succursale degli Stati Uniti in termini di vendite di Lambrusco). Ancora piccoli risultano i pesi di AsiaOceania (soprattutto Giappone e Cina), Centro-Sudamerica (Brasile prima destinazione, seguito a lunghissima distanza da Colombia ed Ecuador) e Africa, con Nigeria prima destinazione assoluta per il continente. Andando a guardare le performance per continenti e maggiori Paesi, in Europa continentale i tassi negativi registrati già nel 2021 sono stati tutti confermati nell’anno successivo. Ampliamento della forchetta negativa in Germania, Paesi Bassi, Svizzera, UK, mentre in recupero – seppur sempre negativo – il dato di Austria e Irlanda. In Europa mediterranea, confermati i dati di crescita del 2021, con aumento dell’ampiezza in Spagna (da +5% a +24%) e riduzione in Portogallo (da +34% a +8%) e Francia (4 punti in meno, all’8%).
La produzione resta sempre concentrata su due regioni – Emilia Romagna e Veneto – che fanno quasi il 90% del totale, mentre la varietà di vitigni utilizzata è davvero amplissima, fra vitigni autoctoni, piccoli e di grande produzione e internazionali, un esercizio per la sperimentazione di future spumantizzazioni. Così è stato per vitigni famosi, non solo il Lambrusco, ma anche più recentemente il Pignoletto, le cui versioni sparkling sono un fenomeno tuttora in grande crescita. L’Emilia Romagna, anche se potremmo parlare di Emilia, è la culla indiscussa dei frizzanti italiani: i 190 milioni di bottiglie prodotte nel 2022 (-11% rispetto al dato 2021) le conferiscono un peso di oltre la metà sul totale nazionale, vista anche la contrazione in Veneto, dove la crescita dello spumante ha drenato uva e prodotto disponibile per la tipologia frizzante, che oggi con 125 milioni di bottiglie (-11%) rappresenta il 34% del totale italiano. Entrambe le due big mostrano pesanti riduzioni degli imbottigliamenti (grafico 2), in linea con la media nazionale. Dietro le prime due, di un certo peso è solo la Lombardia: 35 milioni di pezzi concentrati a sud della regione, tra Oltrepò e Mantovano, e una share sul totale del 10%, con un calo annuo del 16% che segue quello del 10% del 2021. Di media grandezza è il Piemonte, ma stiamo parlando di 3,2 milioni di bottiglie (1% scarso ma variazione positiva del 4%). Puglia (-3%), la Sicilia che bissa la crescita già operata nel 2021 (+47%) e il Trentino, che registra poco più di 820.000 bottiglie (-4%).
La macrotipologia più prodotta con 117 milioni di bottiglie (-11%) è l’Igt Emilia copre un terzo esatto del potenziale disponibile. La segue un terzetto dal triveneto: Prosecco Doc (78 milioni di pezzi, -7% e 22% di share), Veneto Igt (7% di share per 25 milioni, a -9%) e TreVenezie Igt, con 16 milioni (-26%) e un peso del 5%. Nella top ten, un po’ di Oltrepò, con la Bonarda Doc (in calo del 7%, che bissa lo stesso dato del 2021) e l’Igt provinciale (-23%, dopo un -14% del 2021) e quindi ancora Emilia: Pignoletto Doc (-11%), Reggiano (-9%) e Gutturnio, che pur non crescendo entra nella top ten scavalcando il Lambrusco di Castelvetro, che ha visto gli imbottigliamenti calare del 30%. Insieme, le prime 10 cubano per l’83% del totale, lasciando alle altre 79 tipologie di ripartirsi il restante 17%.
Per quanto riguarda la presenza in GDO, il 2022 sancisce una chiusura in negativo non solo sul fronte volumi (-7%), ma anche su quello valoriale, che fa marcia indietro del 3% poco sotto la soglia dei 320 milioni di euro. A differenza degli spumanti, che nel 2022 sono regrediti ma rispetto a un 2021 che era stato strabordante, rimanendo ben sopra comunque i livelli raggiunti durante la pandemia, la parabola dei frizzanti sembra orientata da tutt’altra parte. Una spiegazione può esser data dall’intreccio di più fattori: disponibilità inferiori di prodotto (si veda il dato degli imbottigliamenti) hanno portato a spinte inflazionistiche endogene che sono andate a sommarsi a quelle esogene.
Il risultato si è tradotto in aumenti di listino di ampiezza più larga rispetto ad altre categorie di prodotto (mediamente mezzo punto/1 punto in più rispetto a spumanti e vini fermi): +5% i frizzanti rossi, +3,4% i bianchi, +6% i rosati. Negative tutte le categorie di prodotto: il rosso a -8%, zavorrato dalle performance deludenti di tutti i Lambruschi e le Bonarde oltrepadane, ma anche il bianco, che perde il 6% volume, con picchi negativi per il Prosecco Doc (-15%), a cui si affiancano le perdite di Pignoletto (-4%) e Ortrugo (-1%). Male anche i rosati, a -5%, anche se a differenza dei cugini hanno visto una tenuta dei valori (+0,4%), a fronte di perdite di circa il 3% per bianchi e rossi. Sul totale vendite in grande distribuzione, i frizzanti confermano il loro peso dell’11%, un solo punto in meno rispetto al 2019, eroso dalla crescita della categoria spumante, salita di 3 punti, al 14%. L’inizio del 2023 per i frizzanti, l’ultimo mese esaminato (maggio) indica volumi in calo dell’8%, con punte del 9% per il Lambrusco e del 17% per il Prosecco, mentre i valori sono in calo dell’1,5%, sostenuti da prezzi medi in aumento del 7% medio.
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