L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) afferma che la produzione di vino ha raggiunto il livello più basso dal 1962. Gli esperti attribuiscono la tendenza al ribasso della produzione a “condizioni ambientali estreme”, tra cui siccità e incendi.
Sebbene il cambiamento climatico non sia interamente responsabile, afferma l’OIV, queste condizioni rappresentano la sfida più grande che l’industria si trova ad affrontare. La vite viene spesso coltivata in aree del mondo che sono fortemente colpite e incredibilmente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Queste condizioni hanno portato a un forte calo,colpendo le principali regioni produttrici di vino negli emisferi settentrionale
e meridionale. In alcuni paesi una primavera piovosa ha causato muffe, inondazioni, danni e perdite nei vigneti. Altri, soprattutto quelli dell’Europa meridionale, hanno sofferto di una grave siccità in corso.
L’Italia è stato uno dei paesi produttori di vino che ha sofferto di più, con un calo della produttività del 23%. Le forti piogge che hanno causato muffe nelle regioni centrali e meridionali, insieme ai danni provocati da inondazioni e grandine, hanno portato al volume di produzione più piccolo dal 1950.La produzione è diminuita a causa delle condizioni climatiche anche in altri paesi europei produttori di vino. La Germania ha registrato un calo del 3,8%, l’Ungheria del 2,1% e l’Austria del 6,5%. Anche la Spagna ha registrato un notevole calo, raggiungendo la sua produzione più bassa dal 1995, in calo di oltre il 20% rispetto al 2022 e del 25,7% inferiore alla media quinquennale.
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Secondo lo studio “Climate change impacts & adaptations of wine production” (pubblicato dalla celebre ed autorevole rivista scientifica “Nature) emerge che, a causa del clima che cambierà la composizione e la qualità del vino, ma anche i costi economici di gestione e di conseguenza la sostenibilità ambientale ed economica delle aziende, tra il 50% ed il 70% delle zone viticole di oggi ha un rischio che va da moderato ad alto, di diventare inadeguate alla produzione di uva, in funzione del quadro di riscaldamento globale.
Nuove aree adatte potrebbero invece emergere a latitudini e altitudini più elevate. Le attuali regioni vinicole si trovano principalmente alle medie latitudini (California, Stati Uniti; Francia meridionale; Spagna settentrionale e Italia; Australia; Sudafrica;, Argentina, tra gli altri), dove il clima è abbastanza caldo da permettere la maturazione dell’uva, ma senza calore eccessivo. Le temperature più calde potrebbero aumentare l’idoneità alla produzione di vino per altre regioni (Stato di Washington, Oregon, Tasmania, Francia settentrionale) e stanno guidando l’emergere di nuove regioni vinicole, come il Regno Unito meridionale.
I produttori esistenti, sottolineano ancora i ricercatori, possono adattarsi a un certo livello di riscaldamento modificando il materiale vegetale (varietà e portinnesti), i sistemi di allevamento e la gestione dei vigneti. “Tuttavia, questi adattamenti potrebbero non essere sufficienti per mantenere una produzione vinicola economicamente sostenibile in tutte le aree. La ricerca futura”
Fonti: www.nature.com – www.euronews.com