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L’Italia del vino vanta un patrimonio fatto di produttori, vitigni autoctoni e territori unici al mondo: oltre 240 mila aziende coltivatrici di uva, 30 mila imprese vinificatrici, più di 500 vini a denominazione Dop e Igp. La biodiversità dei vitigni italiani è un punto di forza, con i 10 vitigni più coltivati che pesano per meno del 40% della superficie vitata nazionale. Il comparto rappresenta un valore importante per il Sistema Paese, con un fatturato di circa 16 miliardi di euro.

In questo contesto, il Nomisma Wine Monitor ha condotto, in collaborazione con FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), uno studio sui produttori FIVI. Dall’indagine emerge un modello socio-economico distintivo, con un’impronta positiva non solo per la filiera vitivinicola ma per tutto il Paese. I vignaioli indipendenti FIVI possiedono mediamente poco più di 10 ettari di vigneto e producono 75 tonnellate di uva per una produzione media di 38 mila bottiglie vendute ogni anno, seguendo una filiera completamente integrata.

Gran parte dei vigneti in collina e montagna

Un’esternalità positiva significativa del modello FIVI è che l’81% dei vigneti coltivati si trova in collina e montagna, contrastando lo spopolamento di aree a rischio idrogeologico. La viticoltura in queste zone offre un reddito superiore rispetto ad altre coltivazioni. Inoltre, il modello FIVI sostiene un’occupazione stabile, Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor sottolinea: “Senza poi tralasciare come in questo modello di impresa la vitivinicoltura esprime risvolti positivi anche a livello sociale dato che il 30% dei lavoratori è impiegato a tempo indeterminato (contro il 10% della media italiana in agricoltura), il 28% è di origine straniera (rispetto al 19% della media italiana) e il 33% è donna, a fronte del 26% della media dell’agricoltura italiana”

Dal punto di vista economico, i vini FIVI mostrano un prezzo medio a bottiglia di 7,7 euro, più che doppio rispetto alla media nazionale di 3,6 euro.

Produzione orientata al mercato interno e Horeca

L’indagine condotta da Nomisma mostra come l’Italia e il canale Horeca siano i mercati principali per i produttori FIVI, ma il 71% dei vignaioli esporta già e un ulteriore 23% intende farlo nei prossimi anni. E se gli Stati Uniti rappresentano oggi il principale mercato estero di sbocco, presto anche altri mercati extra-Ue diventeranno sempre più strategici, in particolare nell’area asiatica. Le difficoltà non sono poche e per essere superate occorrono risorse. Un supporto importante potrebbe derivare dai fondi OCM: purtroppo, a causa delle restrizioni e dei vincoli burocratici che disincentivano l’accesso da parte delle piccole aziende, solo il 14% dei soci FIVI ha potuto beneficiare negli ultimi due anni dei fondi destinati alla promozione.

Grande attenzione alla sostenibilità

La ricerca presenta anche un focus sulla sostenibilità, valore prioritario per i vignaioli FIVI: il 71% delle aziende intervistate ha attuato azioni ambientali (dall’utilizzo di packaging sostenibile al contenimento dei consumi di acqua e delle emissioni), un altro 24% lo farà nei prossimi due anni, mentre il 1 impresa su 2 produce vino in modo biologico e un 20% è certificato sostenibile. La sostenibilità rappresenta per i Vignaioli Indipendenti un impegno morale, oltre che un costo da sostenere.

Enoturismo

In tema di sostenibilità economica, i produttori FIVI hanno trovato nell’enoturismo una leva importante per lo sviluppo e l’integrazione delle attività aziendali. Oltre l’80% delle aziende associate offre servizi dedicati agli enoturisti, con visite guidate e degustazioni tra le principali attività proposte.

I ricavi generati dall’enoturismo rappresentano una parte consistente del fatturato complessivo dei Vignaioli Indipendenti, arrivando al 23% – un dato significativo se comparato alla media nazionale del 18%. Questo contribuisce non solo alla diversificazione dell’attività economica, ma anche alla valorizzazione della produzione vinicola delle aree rurali e interne.

Inoltre, il 46% dei visitatori che ogni anno giungono presso le aziende FIVI proviene dall’estero, apportando un ulteriore impulso economico. Questo sviluppo può anche aiutare a contrastare il fenomeno dell’overtourism nelle città più visitate d’Italia, portando benefici economici alle aree rurali meno frequentate.

Le sfide più difficili

Nonostante il contributo positivo del modello socio-economico dei Vignaioli Indipendenti, le aziende FIVI devono affrontare sfide complesse. Quasi un produttore su due identifica la gestione dei costi e l’efficienza organizzativa come le principali difficoltà, in parte dovute agli effetti dei cambiamenti climatici e alla carenza di manodopera qualificata.

A ciò si aggiungono le pressioni causate dalla concorrenza, in particolare quella dei vini economici che, in tempi di difficoltà economica, rischiano di penalizzare i prodotti di maggiore qualità e valore. Gli stessi produttori segnalano la necessità di modelli di finanziamento più adeguati e un maggiore sostegno per la transizione ecologica e i passaggi generazionali. Senza adeguate soluzioni a queste problematiche, la sostenibilità e la tenuta del modello FIVI potrebbero essere compromesse.

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Commenti del Presidente FIVI

“Era da tempo che sentivamo il bisogno di scattare una fotografia più chiara e nitida possibile della nostra base associativa, e grazie alla collaborazione con Nomisma siamo riusciti nel nostro intento” ha dichiarato Lorenzo Cesconi, vignaiolo e Presidente FIVI. “Grazie ai dati forniti dai nostri soci e alla preziosa analisi svolta da Nomisma, abbiamo colto delle importanti conferme, delle interessanti novità e dei preoccupanti segnali di allarme. La conferma riguarda il ruolo dei Vignaioli nella filiera vitivinicola italiana: aziende di medio-piccole dimensioni, spesso a conduzione familiare, radicate sul territorio e capaci di creare valore ed esternalità positive lì dove operano; impegnate non solo nella produzione di vino di qualità, ma nella tutela del territorio e nella conservazione del paesaggio rurale italiano.”

“La novità è legata alla percentuale di lavoratori a tempo indeterminato presente nelle aziende associate: in tempi storici di grande precarietà lavorativa e in un settore caratterizzato inevitabilmente dalla stagionalità, è interessante leggere che il 30% dei lavoratori ha contratti stabili; significa che in azienda si creano spesso legami professionali profondi, che valorizzano le competenze e si basano su fiducia e rispetto.”

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“Non mancano le preoccupazioni, perché una ricerca di questo genere ovviamente non può non cogliere elementi critici e tensioni, e in questo senso non possiamo chiudere gli occhi di fronte all’alta percentuale di Vignaioli che ha posto come prima sfida per il futuro quella della redditività, a fronte di un continuo aumento dei costi. È un campanello di allarme: significa che la resilienza delle aziende vitivinicole verticali non si può dare per scontata e non è infinita, ma ha bisogno di condizioni interne ed esterne che non sempre si riscontrano.

“Modelli di finanziamento della produzione, transizione ecologica, passaggi generazionali, sono sfide enormi che anche come Federazione abbiamo il dovere di studiare a fondo. Alla politica, in Europa e in Italia, chiediamo semplificazione, snellimento burocratico, innovazione normativa a favore della micro, piccola e media impresa, e soprattutto una strategia chiara nella politica vitivinicola, che deve sempre di più essere orientata alla sostenibilità di produzione, alla qualità e non alla quantità, alla creazione di valore. Speriamo che ora, anche di fronte a questi numeri, aumenti l’attenzione nei confronti di questo fondamentale segmento della filiera vitivinicola italiana.”

+Info: www.fivi.it

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