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Malgrado il perdurare della crisi economica del paese, nel 2013 la birra italiana è rimasta sostanzialmente stabile per produzione, consumi e – con qualche fatica – export confermandosi un settore di punta del made in italy agroalimentare. La crisi ha però fatto sentire i propri effetti in termini qualitativi, orientando i consumi verso le fasce di prodotto a minor prezzo e provocando l’ulteriore spostamento degli acquisti dal fuori casa (on trade) alla distribuzione (off trade).

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Il mercato della birra in Italia

PRODUZIONE STABILE

Gli impianti (16 stabilimenti industriali e circa 500 microbirrifici) presenti sul territorio nazionale hanno prodotto 13.256.000 ettolitri di birra, lo 0,3% in meno rispetto ai 13.293.000 ettolitri del 2012. Di questi, 1.927.000 (il 14,5%
del totale) sono stati esportati, mentre il resto ha soddisfatto i due terzi circa della domanda interna di birra, attestatasi
a 17.502.000 ettolitri. Ancora migliori i risultati della produzione di malto, pari a 673.700 quintali (+3,8% rispetto ai 649.140 del 2012), come sempre interamente assorbiti dall’industria italiana.

EXPORT IN LEGGERO CALO

Nel 2011 la birra italiana aveva raggiunto il record storico delle esportazioni, con quasi 2,1 milioni di ettolitri (il doppio
di quanto totalizzato nel 2007). L’anno seguente si era registrato un calo del -4,6% e la tendenza, pur rallentata, è proseguita anche nel 2013 con un export attestatosi a 1.927.000 ettolitri (-3,3% sul 2012). In termini di destinazioni,
il mercato UE ha assorbito il 68% del totale e in esso la Gran Bretagna continua a fare la parte del leone con
quasi 1 milione di ettolitri; fra i Paesi extra-europei, da segnalare Stati Uniti (quasi 170.000 ettolitri), Sudafrica (oltre 162.000), Albania (62.000) e Australia (27.000).

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IMPORT IN LIEVE AUMENTO

Nel 2013 sono stati importati 6.175.000 ettolitri di birra, +0,3% rispetto al 2012. Il principale Paese esportatore di birra in Italia si conferma la Germania, con 3.140.000 ettolitri pari al 50,8% totale, seguita da Paesi Bassi (9,3%), Belgio & Lussemburgo (7,3%), Danimarca (5,6%), Slovenia (4,7%), Polonia (4,3%) e Gran Bretagna (4,2%). Complessivamente
l’Italia continua ad importare dagli altri Paesi UE la quasi totalità (96%) del fabbisogno di birra non coperto dalla produzione nazionale.

PEGGIORA DUNQUE IL SALDO COMMERCIALE

Il leggero calo dell’export e la lieve crescita dell’import hanno fatto aumentare di poco il tradizionale saldo commerciale negativo del mercato birrario italiano, attestatosi nel 2013 a -4.248.000 ettolitri rispetto ai -4.165.000 del
2012 (+2%). Va comunque ricordato che il risultato del 2012 era stato il migliore dal 2005 ad oggi.

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CONSUMI: STABILI PER QUANTITÀ, CAMBIANO PER COMPOSIZIONE

I 17.502.000 ettolitri di birra consumati nel 2013 hanno segnato un lieve aumento (+0,3%) rispetto ai 17.458.000 registrati nel 2012. Anche il consumo pro capite rimane sostanzialmente invariato: 29,2 litri annui contro i 29,3 del 2012. Se dall’analisi quantitativa si passa a una qualitativa, si vede come il perdurare della crisi economica – combinato con l’aumento dei prezzi provocato dagli incrementi fiscali del 2013 – abbia comportato l’accentuarsi di due fenomeni già segnalati l’anno scorso.

• Una dimensione ancora più domestica. Relativamente ai canali distributivi, è proseguito lo spostamento dei consumi di birra dal cosiddetto Fuori Casa (On Trade) all’acquisto nella distribuzione moderna e tradizionale (Off Trade): rispetto al 2012, il primo è sceso dal 41% al 40,3, mentre il secondo è corrispondentemente salito dal 59% al 59,7. Si noti che il fenomeno dura dal 2007, ultimo anno prima dello scoppio della crisi economica, quando l’On Trade copriva il 45,5% del totale e l’Off Trade il 54,5%. Da allora il primo è sceso e il secondo è salito in maniera costante. Si riduce dunque percentualmente il consumo in bar, ristoranti, pub, ecc., mentre aumenta il numero di coloro che acquistano birra per poi berla fra le pareti domestiche.

• Lo spostamento verso i prodotti più economici. Relativamente alle tipologie di birra, i segmenti top del mercato – che
consentono marginalità più alte al settore – hanno registrato una evidente flessione: la quota di mercato delle Specialità
è scesa di quasi due punti, dal 13,4% all’11,5%, quella delle Premium di oltre tre punti e mezzo, dal 30,3% al 26,7%. Ciò a tutto vantaggio delle birre di minor prezzo, in particolare il Main stream, salito dal 47% al 51%, e le Private Label, passate dal 6,4% al 7,7%.

INVARIATA LA POSIZIONE IN EUROPA

Nel confronto con l’Europa il nostro Paese conferma le proprie posizioni. Relativamente alla produzione, l’Italia
si mantiene al decimo posto davanti a Paesi di consolidata tradizione birraria quali Austria, Danimarca e Irlanda. Sul
fronte dei consumi gli italiani rimangono, con i francesi, i consumatori di birra più “parchi” del Vecchio Continente,
con una media pro capite da 3 a 5 volte inferiore a quella dei Paesi in testa alla graduatoria: Repubblica Ceca, Germania, Austria, Irlanda.

Fonte: Annual Report 2013 Assobirra www.assobirra.it

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