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L’acqua minerale ha preso il largo: in bottiglia, direzione Cina. «E Corea, Malesia, Bangladesh, le faccio due o tre nomi. Ormai esportiamo ovunque» dice Armando Fontana, amministratore unico dell’acqua Tavina. Suo suocero, il cavaliere Amos Tonoli, aveva viti e cantine: a un certo punto ha deciso di andare alla fonte. «E abbiamo iniziato con la minerale». Il nome sull’etichetta viene dalla leggenda: la ninfa Tavina era la più bella tra quelle che vivevano nei ruscelli che scendono nel golfo di Salò, dicevano gli antichi. La società ha 60 dipendenti, 26 milioni di euro di fatturato, un utile di 250 mila euro l’anno scorso «e quest’anno sarà il doppio: il 50% viene dall’export. Cina, soprattutto». A Pechino bevono solo in bottiglia: hanno le falde inquinatissime. I costi di trasporto non sono un problema: «Dalla Cina arrivano navi piene di merci: il viaggio di ritorno lo fanno con le nostre bottiglie, ne produciamo 200 milioni l’anno. È più costoso esportarle a Napoli, mi creda. Stessa storia in Russia. Poi, ovvio, abbiamo un buon mercato nei Paesi come il Bangladesh, dove non si può bere dai rubinetti».

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Lo sviluppo all’estero interessa un’altra importante acqua bresciana: l’acqua Maniva a Bagolino con 60 dipendenti, 150 milioni di bottiglie prodotte annualmente ed un fatturato di 16 milioni di euro nel 2013. Il 10% viene dall’export, dice l’amministratore delegato Michele Foglio: «Europa, Golfo Persico, Cina, Giappone e Australia. Ma stiamo crescendo: tra un mese lanceremo un sito per il mercato estero. Qualsiasi prodotto enogastronomico italiano è richiestissimo. Nel nostro caso conta anche l’origine alpina, che garantisce la purezza dell’acqua e le altre caratteristiche peculiari del nostro prodotto: leggerezza e il pH significativamente alcalino». Costi logistici bassissimi, per il trasporto: «Usiamo anche noi i container che tornano in Asia». Quanto agli affari interni: «Il settore ha sentito poco la crisi: alla fine, è un bene primario». Sulle fontanelle di acqua potabile messe ovunque in città e provincia nessuna polemica: «Siamo per il libero mercato. Piuttosto, ci vuole una corretta informazione: la minerale è l’unico prodotto biologico, non si può paragonare agli altri».

Un’altra fonte storica del bresciano è quella di Boario che produce l’omonima acqua minerale e fa parte del gruppo Ferrarelle, altro marchio italiano che è facile trovare sulla tavola dei ristoranti italiani all’estero. Crescono anche le piccole fonti. L’acqua Castello, Vallio Terme, è in vetro: la bevono in Belgio, Olanda, Svizzera e Cina. «Esportiamo il 10% del fatturato, intorno agli 1,3 milioni di euro. Ci ha penalizzati un po’ il tempo, quest’estate» dice l’ad Sergio Berardi. Tredici dipendenti e produzione di nicchia: «Le nostre bottiglie costano più di quelle in plastica: sono per clienti esigenti». Da ricordare, infine, l’acqua Sole di Nuvolento: la bottiglia l’ha disegnata Giorgio Armani. Il fatturato, 2,5 milioni nel 2013, viene per il 90% dal mercato estero.

 

+info: brescia.corriere.it/notizie/economia/14_settembre_19/tavina-sole-maniva-giro-mondo-minerali-bresciane-359e815a-401b-11e4-a191-c743378ace99.shtml

 

 

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