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L’incredibile viaggio del cacao tra Vecchio e Nuovo mondo, tra storia e presente…Vieni a conoscerlo al Salone del Gusto e Terra Madre in tutte le sue forme. Di qualità…  Ci sono casi in cui le parole contengono un mondo e dicono molto di più di quello che significano. Ad esempio, cacao e cioccolato. Vi siete mai chiesti quale sia la loro origine e perché esistano due parole così diverse per un concetto, in fondo, simile? Nella loro etimologia c’è tutta la storia e il viaggio di questo prodotto. (Foto di Paolo Demetri)

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 Cacao deriva da kakawa, una parola olmeca in uso intorno al 1000 a.C. che definiva la pianta di cacao coltivata e i semi da essa raccolti. Per trovare la parola cioccolato, invece, bisogna lasciar passare molti anni e attraversare un oceano, dall’America all’Europa. Se riferito alle diverse preparazioni del cacao, infatti, cioccolato deriva dallo spagnolo chocolatl e appare per la prima volta poco dopo il 1650. Ecco qui Vecchio e Nuovo mondo, in quella che è una storia esemplare di adattamento al gusto.

 Tra le popolazioni mesoamericane, la bevanda di cacao (consumata fredda, con una schiuma in superficie e aromatizzata con vaniglia, peperoncini, miele o succo dolce dei gambi del mais) era la più importante e la più costosa, riservata alle élite, utilizzata nei banchetti di corte e servita al termine del pasto accompagnata da tabacco o offerta per onorare i defunti. Il suo valore era tale che il cacao era utilizzato anche come moneta, i semi erano merce di scambio ed esistevano leggende e riti religiosi intorno alla coltivazione. I semi di cacao arrivarono alla corte spagnola come perfetti sconosciuti insieme a Colombo, Cortèz e ai viaggi alla scoperta delle Americhe. La sorte loro riservata fu la stessa di quella dei tanti altri nuovi prodotti coloniali. Diffidenza verso quella bevanda così amara e scura che lasciava la bocca sporca. L’intuizione però fu semplice: un’aggiunta di zucchero di canna (importato dai Paesi arabi) bastò per far sì che il cioccolato conquistasse tutto il Vecchio Continente. E, insieme allo zucchero, si aggiunsero la frutta secca, mandorle, nocciole, noci e spezie rendendo così la bevanda più densa.

 A uno a uno i Paesi europei si interessarono a questi semi amari ma dal contenuto ghiotto. Dopo la Spagna, in Italia, Portogallo, Francia, Gran Bretagna, Germania il cioccolato diventò l’alimento più ricercato a corte per pranzi e merende e l’omaggio più prezioso per l’ospite. E con il successo arrivò un forte incremento della produzione e il cacao divenne così uno dei principali prodotti del commercio con l’America.

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E oggi?

 L’invenzione di macchine per l’estrazione del burro di cacao e per il raffinamento nella sua lavorazione ha trasformato il cioccolato così come siamo abituati a conoscerlo. Il suo consumo è cresciuto più di dieci volte, pur essendo sempre un fenomeno tutto europeo e americano che non interessa né Africa né Estremo Oriente. Crescita però ha significato anche paradossi e disequilibri. Oggi, cifre alla mano, sorprende vedere come i maggiori produttori di cacao siano paesi africani (Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria insieme producono il 45% del totale) e l’Indonesia (dove sono state disboscate intere aree boschive e introdotte varietà con più produttive e resistenti alle malattie ) mentre i paesi dove il cacao è stato domesticato sono molto più in basso nella classifica mondiale: il Brasile è solo sesto e ha sottratto all’Ecuador la leadership latinoamericana. Di nuovo poi bisogna fare un salto dal Nuovo al Vecchio Mondo, quando si parla di trasformazione industriale. Circa il 20% dei semi di cacao commerciati nel mondo passa da Amsterdam e l’Olanda – insieme a Germania e Stati Uniti – è il più importante esportatore al mondo di polvere di cacao, burro di cacao e cioccolata. Sei multinazionali (tre americane e tre europee) controllano l’80% del mercato del cioccolato in una filiera lunghissima che vede il produttore ultimo anello della catena, dopo i traders internazionali e gli intermediari speculativi locali (i coyotes in America Latina, i traitant in Costa d’Avorio). A fine stagione, infatti, i produttori consegnano il raccolto a un intermediario locale che trasporta i sacchi verso i porti e tiene i rapporti con le grandi aziende trasformatrici.

Chi decide il prezzo del cacao?

 È la Borsa di Londra– secondo logiche politiche ed economiche estranee ai paesi produttori – a stabilire il prezzo che, in un secondo momento, si differenzia a seconda della provenienza del cacao (un premio se proviene dall’Ecuador, un abbassamento nel prezzo se dall’Indonesia). Le grandi aziende di trasformazione – europee e statunitensi – non comprano spesso cacao fisico ma titoli. Quando ritirano concretamente il corrispettivo in fave la borsa paga loro la differenza se il prezzo è aumentato o viceversa se è sceso.

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Conseguenze?

 Il cacao continua a valere molto poco e il guadagno alla fonte rimane molto alto. Le varietà migliori (criollo e trinitario) sono sempre più marginali e il mercato è invaso dagli ibridi coltivati in Asia. Gli esempi positivi però ci sono. In Messico, Slow Food dal 2004 collabora con la Ong locale Atco (Asesoría Técnica en Cultivos Orgánicos) per creare nella Chontalpa un sistema di produzione di cacao buono, pulito e giusto. Il percorso fatto insieme in questi anni ha previsto il consolidamento delle organizzazioni di produttori, lo sviluppo di pratiche agroecologiche per arginare alcune patologie delle piante legate all’umidità della zona e il miglioramento delle tecniche di lavorazione delle fave di cacao. Parallelamente il cacao è stato promosso presso piccoli artigiani, in modo da attivare un mercato che faccia spuntare ai produttori un prezzo più alto rispetto al mercato locale.

 Dal 2014 uno dei migliori produttori di cioccolato in Italia, Guido Gobino, acquista la produzione del Presidio per lavorarlo presso il suo laboratorio artigianale di Torino. Gobino si impegna ad acquistare il cacao direttamente dai piccoli produttori del Presidio e a sostenerne le attività acquistando la materia prima a un prezzo equo percepito interamente dai produttori, eliminando così la figura degli intermediari. Il cioccolato, realizzato secondo un disciplinare redatto da Slow Food insieme a cioccolatieri ed esperti del settore, è il primo cioccolato con il marchio Presidio Slow Food.

 Eleonora Giannini

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