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Nella storia della Guida “I vini d’Italia” dell’Espresso non si era mai visto un bianco in cima alla classifica delle migliori bottiglie: ma nell’edizione 2015, la quattordicesima, lo scintillante Trebbiano d’Abruzzo 2010 di Valentini affianca il leggendario Barolo Vigna Rionda di Massolino, che con l’annata 2008 bissa il risultato ottenuto lo scorso anno dal 2007. Entrambi con il massimo punteggio: 20 ventesimi. Una bella soddisfazione per la storica casa vinicola di Loreto Aprutino, nell’entroterra pescarese. Secondo gli esperti della guida, questo vino vanta un registro aromatico di impressionante complessità e di magnifica definizione: nocciola tostata, ostrica, ginepro, pompelmo, origano, tratti affumicati. «Può tenere il confronto con i più grandi conseguimenti nella storia dell’enologia europea degli ultimi decenni», si sbilancia Fabio Rizzari, che ha curato il volume insieme al compagno di blog Ernesto Gentili.

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OUTSIDER E SOLITI NOTI

 Un piccolo colpo di scena per gli appassionati (e non sono pochi) di statistiche, ma anche il segno di un cambiamento nella guida diretta da Enzo Vizzari, anche se ai piani alti delle graduatorie abitano sempre i soliti noti: il re Barolo con l’ottima annata 2010, seguito da Brunello di Montalcino, Barbaresco, Chianti Classico, e a breve distanza tutte le altre tipologie più classiche. Con tre inaspettate incursioni, appaiate a 19 ventesimi in compagnia di dieci rossi: due vini dolci – il Vecchio Samperi di De Bartoli e il Vin Santo di Vigoleno di Lusignani – e un solo bianco: il raffinato Fiano di Avellino di Pietracupa, a testimoniare che il trionfo del Trebbiano d’Abruzzo 2010 di Valentini non è un caso isolato. «In Italia si producono bianchi di altissima qualità, nei casi migliori anche originali e inimitabili come stile. Tuttavia i fuoriclasse costituiscono delle eccezioni. Esistono centinaia di grandi produttori di bianchi, ma man mano che si sale di quota differenze anche micrometriche diventano decisive. In questo senso sta compiendo grandi progressi la Campania, che offre oggi bianchi di straordinaria originalità e forza espressiva», prosegue Rizzari.

 CLIMA IMPAZZITO

 Tra i tanti elementi che concorrono alla riuscita di un vino, il clima occupa un ruolo di primo piano. Ma è diventato una variabile impazzita. La vendemmia di quest’anno, ad esempio, secondo le stime di Ismea e Unione Italiana Vini rischia di classificarsi come la più scarsa dal 1950, con una produzione di vino che potrebbe scendere fino a 41 milioni di ettolitri, con un taglio di oltre il 15 per cento rispetto al 2013. Colpa, in buona parte, del maltempo. «Non siamo meteorologi, ma ci basiamo su un’evidenza empirica: la viticoltura, e di conseguenza la qualità dei vini, risentono delle mutazioni del clima», spiega l’altro curatore della guida, Ernesto Gentili: «Generalizzando, con tutte le semplificazioni del caso: le varietà di uve che un tempo erano a maturazione tardiva oggi vengono raccolte prima. I vigneti esposti a nord o situati ad altitudini elevate maturano molto meglio di un tempo e viceversa le vigne più calde soffrono. Queste diverse condizioni hanno nei fatti permesso un forte miglioramento dei vini di zone fredde, che in passato avevano difficoltà a raggiungere maturazioni adeguate, e modificato al tempo stesso gli equilibri dei vini di aree più calde, dove la preoccupazione maggiore è di arginare gli eccessi di alcolicità».

 NOBILTÀ NEL CHIANTI CLASSICO

 «Il nostro non è un mestiere facile perché dipende dal cielo. Pensi di aver lavorato bene, ma resta sempre l’incognita meteo. Tuttavia continuo ad amare l’agricoltura e il Sangiovese», ammette la principessa Coralia Pignatelli della Leonessa, titolare di Castell’in Villa a Castelnuovo Berardenga, 298 ettari nella zona del Chianti Classico. Nata ad Atene, cresciuta in Svizzera, la nobildonna comprò l’azienda nel 1967 insieme al marito Riccardo, poi scomparso: da trent’anni dirige la casa vinicola fuori dal circo mediatico della critica, con l’aiuto di 18 collaboratori impegnati tra vigna, cantina, agriturismo, ristorante e produzione di olio extravergine d’oliva. Il suo Chianti Classico Riserva 2009 ha conquistato i 18.5 ventesimi, mentre l’azienda si fregia da quest’anno della terza stella. Nell’edizione 2015 della guida, Castell’in Villa è tra i 17 produttori classificati con la massima valutazione di tre stelle – in tutto le stelle sono state assegnate a 520 case vinicole – in funzione della loro qualità e continuità nel corso degli anni.

 IRPINIA DA EXPORT

 Di stelle invece ne conta due, Pietracupa. Merito di Sabino Loffredo, 44 anni, produttore esigente e perfezionista di Montefrediane, in Irpinia, uno dei terroir più promettenti d’Italia. Con l’annata 2013, sostengono i curatori della guida, i bianchi raggiungono vertici di purezza e complessità se possibile ancora più alti con il Fiano di Avellino (19 ventesimi) e il Greco di Tufo (18.5 ventesimi). Un tempo era istruttore sportivo sulle navi da crociera, da 15 anni Loffredo si occupa a tempo pieno di vini e vitigni nella piccola tenuta in provincia di Avellino. Un autentico “one man show” che conta sull’aiuto di soli quattro collaboratori. «Non sono un enologo, lavoro secondo il mio gusto personale», premette il vignaiolo, che prende le distanze da logiche puramente commerciali, anche se il 45 per cento delle sue bottiglie viene venduto fuori dai confini nazionali: «Per me conta la qualità, non quello che posso guadagnare. Al di là delle selezioni, le bottiglie devono essere accessibili a tutti», prosegue. Il suo Fiano di Avellino 2013, in enoteca tra i 13 e i 15 euro, è stato considerato il miglior vino della regione per il rapporto qualità-prezzo.

 TERROIR ALLA RISCOSSA

 Oltre alla Campania, è l’Abruzzo il protagonista dell’edizione 2015. Nelle ultime stagioni, al fianco delle cantine più affermate (Valentini in primis, Masciarelli, Emidio e Stefania Pepe, Cataldi Madonna, Praesidium, Torre dei Beati), si affacciano nomi nuovi e molto promettenti quali De Fermo, Pettinelli e Cirelli. «L’Abruzzo è una terra fortemente vocata per la vigna e per l’ulivo, fin dall’antichità», esordisce Francesco Paolo Valentini, 53 anni, che tiene in mano le redini dell’azienda fondata nel 1650 a Loreto Aprutino: «Non ha nulla da invidiare a regioni più blasonate, non si tratta di campanilismo».Da artigiano del vino, Valentini sa bene che è difficile fare previsioni: «Ho visto annate che avevano premesse per essere ottime e non lo sono state. E viceversa. Se si lavora in maniera artigianale, il vino è materia viva, in continua evoluzione. Se la maturazione fenolica non si completa in vigna a causa delle condizioni meteo, si perfeziona in botte e in bottiglia. Il vino tende a raggiungere l’equilibrio per natura». Non a caso il nuovo Trebbiano 2010 è uscito un anno dopo quello del 2011, che i Valentini decisero di anticipare perché era più pronto.

 COLLINA MAGICA

 Anche se l’intera Penisola negli ultimi anni ha compiuto sensibili progressi, i terroir del Piemonte restano irraggiungibili. Quest’anno le bottiglie eccellenti di Barbaresco sono sono state una dozzina, mentre sono ben 21 i Barolo premiati dell’annata 2010 su un totale di 31. Tra cui il Riserva Vigna Rionda 2008 di Massolino, l’azienda (oggi vanta due stelle) fondata nel 1896 a Serralunga d’Alba dal capostipite Giovanni. Un vino «di impressionante espansione aromatica, cresce senza alcuna flessione fino ai livelli di intensità rari perfino per la tipologia», commentano gli autori del volume dell’Espresso. Dagli anni Novanta lavorano in azienda anche Franco e Roberto, entrambi enologi. Vigna Rionda è uno dei tre vigneti cru acquisiti dalla famiglia verso fine anni Cinquanta, insieme a Margheria e Parafada. In una posizione magica: Vigna Rionda, infatti, si estende su 2,3 ettari a 330 metri di altitudine, un terreno calcareo marnoso che produce un vino adatto a un lungo invecchiamento. «È una collina per noi unica. In quel vigneto il nebbiolo, l’assoluto, indiscusso protagonista di queste zone, trova delle condizioni di terroir e di microclima che ci regalano vini fantastici», spiega Franco Massolino: «Il Barolo, infatti, è la sintesi migliore della vocazione del nebbiolo nell’armonizzare profondità, potenza ed eleganza. Ecco il segreto di questo vino».

 

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