Secondo il quotidiano Il Fatto (articolo di Sara Rossi del 3 nov scorso) il provvedimento legislativo italiano di incrementare al 20% la presenza di succo nelle bibite alla frutta difficilmente entrerà in vigore. Si tratta ancora di un testo al vaglio dell’UE, e in ogni caso l’eventuale entrata in vigore dovrebbe arrivare dopo il maggio 2016, visto che la procedura TRIS necessaria per la notifica alla Commissione europea è tutt’altro che conclusa.
Nel frattempo, molti stati membri hanno inviato commenti o relazioni su questa vicenda e, probabilmente l’Italia dovrà rispondere a osservazioni e domande sulla legittimità della norma rispetto al diritto comunitario. È vero che l’incremento riguarderebbe solo i produttori nazionali ma si tratta comunque di una norma pur sempre discriminatoria che metterà i nostri produttori in una condizione di svantaggio competitivo. Negli altri paesi si continuerà a produrre le stesse bevande con il 12% di succo e anche meno, visto che in alcune nazioni il limite è il 5%.
“Sarebbe bene – conclude Il Fatto – evitare facili trionfalismi giornalistici per una previsione che, non soltanto non sapremo se entrerà in vigore (e comunque non prima del maggio 2016), ma che, qualora venisse definitivamente approvato il provvedimento, avrebbe un impatto tutt’altro che benefico per le imprese italiane ( tutti i produttori europei continuerebbero a commercializzare le stesse bevande con il 12% o anche meno di succo di arancia, mentre i nostri imprenditori si troverebbero obbligati a sopportare maggiori costi e uno svantaggio competitivo non trascurabile).Come ultimo elemento va ricordato che nessuno impedisce ai produttori italiani ed europei di confezionare aranciate con una quantità di succo maggiore, evidenziando questo aspetto sull’etichetta. Perché trasformare questa possibilità in obbligo?”
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