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Incrementare l’export, tutelare l’autenticità e la qualità dei prodotti e ridurre la pressione fiscale. Sono queste le sfide che attendono in futuro i distillatori italiani, emerse al convegno “Grappa e Brandy spiriti italiani”, organizzato a Vinitaly da AssoDistil, l’associazione delle imprese del settore, e dall’Istituto Nazionale Grappa.L’incontro ha rappresentato l’occasione per fare il punto sulla situazione di un comparto che, nonostante il prestigio dei suoi prodotti, soffre la crisi dei consumi, con l’aggravante di un fisco che ne ostacola le opportunità di crescita. “Le nostre distillerie – ha ricordato Antonio Emaldi presidente di AssoDistil – hanno dovuto sopportare, nel giro di un anno e mezzo, quattro aumenti delle aliquote di accisa sui prodotti alcolici, con un saldo finale che fa segnare oltre il 30% di incremento e, in più, l’aumento dell’IVA. Tasse su tasse, che contrastano la possibilità di ripresa”.

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Sulla stessa linea Elvio Bonollo. “Il nostro timore – ha osservato il presidente dell’Istituto Nazionale Grappa – è che questo ulteriore carico fiscale metta in forse la sopravvivenza di molte aziende, che potrebbero chiudere i battenti. Quello che rischiamo di perdere è il know how straordinario dei nostri mastri distillatori e delle aziende che, da generazioni, producono distillati. Un danno enorme non soltanto dal punto di vista economico, ma anche storico-culturale, che gli aumenti delle accise, insieme alla crisi, colpiranno in modo irreparabile”.Eppure, queste piccole imprese hanno grandi possibilità, soprattutto nell’export. “Soltanto il 20% della nostra produzione è venduta all’estero – ha spiegato Emaldi – l’interesse dei grandi buyers internazionali c’è, occorre quindi fare squadra nel comparto per disporre della necessaria massa critica e di adeguate risorse. Ma a frenarci sono anche i costi del fare impresa in Italia, che molto spesso i nostri concorrenti non devono sostenere”. Basti pensare che ogni distilleria deve gestire in media 15 registri: il più delle volte, uno è il doppione di un altro. I distillatori auspicano quindi la revisione delle norme di riferimento, in modo da semplificare le procedure e modernizzare i controlli.

La Grappa, ormai considerata l’acquavite italiana per eccellenza, non ha bisogno di grandi presentazioni. “Ma il Brandy italiano è ancora poco conosciuto – ha sottolineato Cesare Mazzetti, presidente del Comitato Acquaviti di AssoDistil –. Ecco perché intendiamo valorizzare questo distillato straordinario, difendendo la sua autenticità contro le violazioni delle regole comunitarie, dovute all’assenza di sistemi di controllo negli Stati europei sull’invecchiamento e sull’impiego delle materie prime”. Tuttavia, anche l’IG Grappa è a rischio contraffazione. Per questa ragione, i distillatori chiedono da tempo l’obbligo di confezionamento nel luogo d’origine. “E’ una misura ormai consolidata nel diritto della UE – ha ribadito Mazzetti – per difendere l’autenticità dei prodotti ad Indicazione geografica. Altrimenti si rischia un danno di immagine, oltre che economico. L’imbottigliamento nella zona di produzione o, quantomeno l’introduzione di regole ugualmente garantiste, rappresenta il modo più efficace per proteggere la Grappa e tutelare il consumatore”.

+info: Ufficio stampa Silvia Cerioli

 

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