In occasione del World Pasta Day & Congress 2015, tenutosi il 25-27 ottobre a Expo Milano, l’Italia è il leader del mercato mondiale della pasta con quasi 3,5 milioni di tonnellate prodotte nel 2014. Un piatto di pasta su 4 (24%) mangiato nel mondo viene prodotto dai nostri pastifici, addirittura 7 su 10 di quelli consumati in Europa. In 15 anni l’export di pasta italiana è cresciuto complessivamente di circa il 50%, +3,6% nel 2014 rispetto al 2013.
Oggi esportiamo il 57% della nostra produzione nazionale – circa 2 milioni di tonnellate per un controvalore di 2 miliardi di euro – contro il 54% di 5 anni fa, il 48% del 2000… e il 5% del 1955. E quota 60% non è così lontana, anche se già ci sono pastai italiani che esportano oltre il 90% della produzione. Senza contare che la pasta fa anche da volano al consumo di prodotti tipici del primo piatto all’italiana come pomodoro, olio e formaggio. Che le aziende cominciano ad esportare con il proprio marchio, divenendo di fatto delle autentiche promotrici della Dieta Mediterranea nel mondo.
Nel 2014 la Germania si conferma il principale mercato per gradimento della pasta tricolore (oltre 360mila tonnellate e un’incidenza pari al 18,3% del totale), seguita Regno Unito e Francia, per entrambe 278mila tonnellate e 14,1% del totale. Al di fuori dell’Europa, sono gli Usa il primo sbocco, con 151 mila tonnellate e un peso del 7,7% in volume e del 9,5% in valore, davanti al Giappone (3,8% in volume). Questi “fantastici cinque” sono i mercati più consolidati per la pasta italiana, pesando più della metà (58%) sulla torta del nostro export. Analogamente, il mercato europeo assorbe il 73,7% della domanda (il 66,8% considerando i soli Paesi UE), davanti alle Americhe (11,2%) e all’Asia (10,9%). Per questi continenti, il 2014 ha registrato un tasso di crescita positivo e uniforme attorno al 4 per cento in volume.
In crescita gli italian pasta lovers anche in Paesi emergenti, dove la voglia di pasta va oltre l’ostacolo di diverse culture gastronomiche: nei Paesi BRICS (+11,2% in volume nel 2014), con Russia (+11,5%), India (+15,4%) e, soprattutto, la Cina (+37,9%) a trainare la passione per la pasta e, più in generale, per tutto il food italiano. Nei primi 6 mesi del 2015, i mercati più ricettivi alla pasta italiana sono stati: nelle Americhe il Canada (+8,4%), in Asia Arabia Saudita (+65,1%) e l’estremo oriente con Cina (+23,1%), Taiwan (+15,4%) e Thailandia (+12,9%), mentre il boom di Sud Africa (+33,2%), Kenya (+40,8%) e, soprattutto, Tanzania (+295,8%) conferma che l’Africa subsahariana rappresenta la nuova frontiera per la pasta globale e laboratorio per mostrare come dalla pasta possa arrivare una risposta importante a fame, carestie e malnutrizione.
In un panorama di 188 Paesi importatori di pasta italiana (erano 140 nel 1991, +34%), la pasta mostra la sua adattabilità a stili alimentari e culture gastronomiche eterogenei. Tra le tendenze globali degli ultimi anni cavalcate dall’industria della pasta, la diffusione di formati “maxi” tipicamente italiani, come paccheri, conchiglioni & co nei mercati più maturi; la sperimentazione di paste speciali con impasti arricchiti di minerali, vitamine o “superfoods” (bietola rossa, rosmarino, fagioli, farina di canapa, ecc), la pasta a rapida cottura, più ricca d’acqua rispetto alla pasta comune e pronta in 4 minuti. E prodotti pronti già confezionati con il loro condimento, da cuocere nel wok (per conquistare la Cina) o “risottati” in pentola, o in pentola a pressione, per gli americani che non amano utilizzare due recipienti per bollire la pasta e preparare il sugo. Più trasversale la richiesta di pasta gluten free di qualità. Diete low-carb: solo il 2% degli italiani le ha provate. e negli USA il 42% le abbandona perché non sa rinunciare alla pasta…
Sembra un paradosso, ma anche in Italia la pasta è sotto l’attacco delle diete iperproteiche (Zona, Dukan, Paleolitica, ecc), che da oltre 30 anni promettono dimagrimenti “lampo”, demonizzando carboidrati e tutto ciò che deriva da grano e cereali. Fortuna che, secondo la ricerca Doxa/AIDEPI dal titolo “Diete low-carb: cosa ne pensano gli italiani”, su 1000 casi rappresentativi della popolazione italiana, si scopre che soltanto il 2% dei nostri connazionali ha dichiarato di averne seguita una e la dieta ideale resta, per il 72% degli italiani, quella Mediterranea, basata sui carboidrati di pane e pasta. Se queste diete non fanno breccia in Italia è perché il 70%della popolazione le considera “un controsenso nel Paese della Dieta Mediterranea”, tanto che il 57% è convinto che non le seguirà mai. Per il 53% degli italiani, infatti, è impossibile rinunciare alla pasta e al pane (45%). E per il 90% degli italiani la pasta non solo è buona, ma fa anche bene alla salute.
Un altro elemento incoraggiante arriva anche dagli USA, patria della moda iperproteica. Dove secondo un recente studio della National Pasta Association, il 42% degli americani che ha tentato una dieta low-carb l’ha abbandonata perché non riusciva a rinunciare alla pasta. Pasta global anche in Italia, ormai la consuma l’83% dei “nuovi italiani” (+5% in 7 anni) Chi invece fa bandiera dell’apprezzamento per la pasta italiana è il pezzo di mondo che troviamo a casa nostra. Il consumo di pasta dei nuovi italiani rappresenta infatti l’altra faccia della medaglia della dimensione globale di questo alimento. Secondo l’ultimo Osservatorio Immigrati Doxa/Etnocom, nel 2007 gli stranieri regolarmente residenti nel nostro paese che apprezzavano il piatto simbolo dell’eccellenza della cucina italiana erano circa 2 milioni e 400 mila. Saliti, nel giro di meno di un decennio, a oltre 4 milioni e mezzo di persone, in pratica l’83% dei cosiddetti “nuovi italiani”. E se in 20 anni i consumi pro capite hanno tenuto, è anche grazie all’apprezzamento crescente di una fetta della popolazione pari oggi a circa il 10% del totale, che arriverà a 10 milioni di persone nel 2050. Una vera e propria assicurazione sul futuro di questo alimento.
+Info: www.worldpastaday2015.org/