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Dieci milioni di euro per acquistare latte crudo, da trasformare in UHT e distribuire attraverso enti caritativi, incrementandone il consumo. Più altri dieci per supportare i produttori che abbiano scelto di attuare una programmazione produttiva, tutelando in maniera più efficace il loro reddito. Sono solo le misure più recenti adottate dal MIPAAF a favore del settore, che vanno a integrare un altro importante provvedimento: Il Decreto interministeriale che introduce la tracciabilità in etichetta del latte e dei derivati.

 

Un risultato, quest’ultimo, che risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani. Secondo un sondaggio del Ministero, 9 su 10 considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione.Lo confermano anche le indagini di Coldiretti, secondo le quali metà dei nostri consumatori è disposta a pagare fino al 20% in più per avere un prodotto fatto con vero latte made in Italy. E ci sarebbe addirittura un 12% che è pronto a spendere ancora di più, pur di avere la garanzia dell’origine nazionale.

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Ma cosa cambia per i produttori? Il “Decreto interministeriale per l’origine in etichetta per il latte e i prodotti trasformati” – questo il nome ufficiale – prevede che il latte o i suoi derivati dovranno obbligatoriamente riportare in etichetta non solo l’origine della materia prima, cioè il Paese di mungitura, ma anche il Paese di confezionamento del latte e quello nel quale è stato eventualmente trasformato. Se le fasi di confezionamento e trasformazione avvengono nel territorio di più Paesi, diversi dall’Italia, dovranno essere utilizzate, a seconda della provenienza, le diciture “Paesi UE”, “Paesi non-UE” e “Paesi UE e non-UE”. In questo modo, quando un prodotto si presenta come “Made in Italy”, il consumatore potrà verificare facilmente se è davvero al 100% tale. Sono esclusi solo i prodotti Dop e Igp, che hanno già disciplinari relativi anche all’origine e il latte fresco già tracciato.

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Il piano del Ministero a sostegno del settore lattiero-caseario ha previsto investimenti complessivi per 120 milioni di euro, che hanno portato l’Italia ad essere tra i primi Paesi in Europa per entità dell’intervento. Nel nostro Paese, sempre secondo dati MIPAAF, il comparto conta nella fase agricola 34 mila allevatori che si prendono cura di 1,8 milioni di vacche da latte per un totale di 11 milioni di tonnellate di latte vaccino prodotto, di cui 50% circa trasformato in formaggi DOP, e 4,8 miliardi di euro valore della produzione; nella fase industriale sono invece attive 3.400 imprese che danno lavoro a 39 mila occupati e generano 14,5 miliardi di euro di fatturato.

 

Fonte: www.tuttofood.it/it/blog/dal-pascolo-alla-tavola-arriva-la-tracciabilit%C3%A0-del-latte-e-derivati

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