L’indice di fiducia degli italiani nel secondo trimestre 2016 si mantiene al di sopra del livello di guardia rispetto ai valori che si registravano nel periodo della recessione, attestandosi a quota 55, in crescita di 2 punti rispetto allo stesso periodo del 2015. Sono in diminuzione quanti ricorrono al risparmio dopo le spese essenziali, facendo intravedere una maggiore propensione al consumo di quanto si registrava un anno fa.
Nello stesso tempo si osserva un rallentamento significativo del comparto FMCG, che attenua il ritmo di crescita sviluppato a fine anno. Dal punto di vista del Paese, si rileva un trend di crescita moderata con una correzione al ribasso del Pil a fine anno (+0,6% acquisito). Rispetto al 2006 le famiglie povere sono raddoppiate (+793.000). Sul fronte lavoro, contestualmente, a metà 2016 le persone occupate sono aumentate di 770mila unità dal picco negativo minimo del 2013.
All’interno di uno scenario così tratteggiato, ci si impone di chiederci quali prospettive si aprono per il mondo dei retailer e della grande distribuzione da una parte e per quello della comunicazione dall’altra. A fronte di un comportamento dei consumatori sempre più dinamico, che prevede esigenze di un’offerta personalizzata e di fare percorsi esperienziali di valore piuttosto che il semplice acquisto di un prodotto, la sfida che ci si trova ad affrontare è quella dell’innovazione e dell’incremento della ricerca per proporre prodotti non ancora disponibili sugli scaffali. Chi innova, infatti, ha l’opportunità di conquistare nuove quote di mercato sottraendole a quanti restano fermi. La singola insegna può così creare il proprio mercato. Agendo sull’innovazione si possono intercettare nuovi spazi di domanda.
Nello stesso tempo, si rende necessario fare un lavoro sempre più affinato di targetizzazione dell’offerta. Il prodotto non può più rispondere alla mera logica dei volumi, ma, al contrario, deve essere una risposta ai requisiti richiesti dal singolo consumatore. Vale qui la pena ricordare che quest’ultimo è disposto a spendere di più a fronte di prodotti nuovi che incontrino le proprie esigenze, così come sta avvenendo nel comparto BIO.
L’ambiente economico chiama anche il mondo della comunicazione a sperimentare nuove vie e format avanzati, in presenza di un consumatore sempre più connesso e in costante fase di cambiamento dei propri comportamenti.
Tutto ciò ci fa dire che siamo immersi non tanto in un’epoca di cambiamenti quanto in un radicale cambiamento d’epoca.
fonte: www.nielsen.com/it/it/insights.html?pageNum=1