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Quello che tutto il mondo invidia al vino italiano è il patrimonio degli autoctoni. Quante volte abbiamo sentito dire questa frase, ritornello tanto vero quanto mai attuale. Perché in un mondo del vino sempre più globalizzato, a fare la differenza sono anche e soprattutto la varietà di vitigni autoctoni che il nostro paese può contare.

Un patrimonio di biodiversità invidiato e ricercato a tutte le latitudini. E lo sanno bene all’associazione Go Wine, che per la nona volta ha iniziato l’anno con l’appuntamento “Autoctono si nasce”, giovedi 26 gennaio all’Hotel Michelangelo di Milano. Il riferimento è legato al libro “Autoctono si nasce”, pubblicato anni fa da Go Wine Editore e ad altre iniziative che hanno sempre visto l’associazione privilegiare la cultura e la comunicazione a favore dei vitigni-vini di territorio. Tanti i banchi di assaggio dove i molti wine lovers e addetti del settore hanno potuto fare un viaggio all’interno degli autoctoni italiani. Ce n’erano davvero molti, dall’Aglianico di Basilicata e Campania, al Mazermino Trentino, alla Freisa Piemontese sino al Grillo Siciliano solo per citarne alcuni. Noi di Beverfood.com vi vogliamo raccontare cosa abbiamo assaggiato.

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MAGGIORINA – LE PIANE

La Maggiorina non è solo un vino simbolo dell’azienda Le Piane, ma un sistema tradizionale di impianto esistente da secoli formato da tre viti che si sviluppano ai quattro punti cardinali. Questo sistema chiamato “Maggiorina” venne perfezionato dall’architetto Antonelli, progettista della “Mole Antonelliana”, nato a Maggiora, comune appartenente alla zona di produzione Boca DOC. Qui si coltivava il Nebbiolo, la Croatina, la Vespolina e altre varietà autoctone. Perché in questa zona dell’Alto Piemonte, capita ancora oggi di incontrare dei terrazzamenti in mezzo al bosco, segnali di un abbandono dei vigneti che ha avuto il culmine nel dopoguerra. Oggi è in atto un’inversione di tendenza, con le Piane pionieri di questa rinascita della zona “Boca”. Dove il Nebbiolo a differenza di altre denominazioni non viene proposto in purezza, ma in differenti versione di blend. Perché da queste parti si è sempre fatto così.

www.bocapiane.com/it/home/

 

VEGAMARO – FEUDI DI GUAGNANO

Il primo Negramaro Vegano certificato al mondo, in sintesi Vegamaro, ma anche un’azienda attenta al sociale capace di proporre il primo corso di sommelier per detenuti nel carcere di Lecce. Feudi Guagnano è una bellissima espressione del Salento, dove uno dei vitigni principe, il Negramaro, per la prima volta è stato prodotto in maniera vegana. Ma che cosa significa un vino vegano? Si tratta di un metodo che non prevede nella produzione l’utilizzo di elementi di origine animale e di OGM, certificato da ICEA, Istituto per la certificazione etica e ambientale. All’assaggio le caratteristiche tipiche del Negramaro rimangono, al naso fruttato con sentori di vegetale, in bocca un tannino elegante e vellutato, a cui si aggiunge il fascino di un progetto già diventato un successo.

www.feudiguagnano.it/

 

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LACRIMA DI MORRO D’ALBA SUPERIORE – LUCCHETTI

Non ci resta che piangere, potrebbe essere il sottotitolo per parlare della Lacrima di Morro d’Alba. Ma più che lacrime è il caso di parlare di sorrisi, per un vitigno che da sempre affascina e seduce in particolare le donne. Sarà per la particolare freschezza e caratteristica aromatica che fa apprezzare la Lacrima di Morro d’Alba sia in gioventù, che in fase più evoluta. Lucchetti un produttore che si inserisce in un contesto tradizionale di un vino provato in differenti versioni. Il Guardengo è la Lacrima di Morro d’Alba Superiore, terreni argillosi, vigneti vecchi di 40 anni, rese 65 quintali per ettaro. Vinificazione con pigiatura soffice dell’uva, affinamento sei mesi in cemento vetrificato e sei mesi in bottiglia.

www.mariolucchetti.it/it_IT/

 

TINTILIA – CIPRESSI

Quando negli anni ’90 un agronomo parlò a Claudio Cipressi della Tintilia del Molise, mai avrebbe immaginato di diventare un giorno il portabandiera del vitigno molisano. Cipressi è stato tra i primi a credere nelle potenzialità della Tintilia Dop che oggi sta facendo riscoprire una regione poca conosciuta come il Molise. Una denominazione che conta poco più di 60 ettari, ma che può garantire una versatilità di proposte. Ideale sia come aperitivo per esaltare le caratteristiche di freschezza, si può prestare bene anche all’invecchiamento e ad accompagnare piatti importanti. Come il Macchiarossa, prodotto sapientemente dopo un’accurata cernita dei grappoli e dopo una lunga macerazione. 24 mesi di maturazione in acciaio e 6 mesi in bottiglia, vino che si presta anche all’invecchiamento. Tra qualche anno avremo la risposta visto che Cipressi ha iniziato a produrre concretamente solo negli anni 2005, sino ad oggi questi vini si sono mantenuti in maniera perfetta.

www.claudiocipressi.it/site/it/home/

 

PICOLIT – VIGNA PETRUSSA

Il Friuli è un territorio dove sono rimaste inalterate le tradizioni portate avanti da generazioni con le coltivazioni di vitigni da sempre presenti in zona. Vigna Petrussa una realtà in grado di difendere la paternità di questa ricchezza, a cominciare dallo Schioppettino di Prepotto, dove ha sede l’azienda, precisamente ad Albana, guidata dalla signora Hilde Petrussa. Una vera donna del vino, che a metà anni ’90 ha risistemato i vigneti per una realtà che non delude le attese. Vi vogliamo parlare del Picolit, l’oro giallo come lo chiamano, una delle perle dei Colli Orientali. Ideale per chiudere la nostra degustazione, naso ampio, intenso, esotico. In bocca cremosità, pasticceria, con una nota mandorlata. Un vino da meditazione, per riflettere su quanto siano grandi i nostri vitigni.

www.vignapetrussa.it/

 

+INFO
GO WINE: www.gowinet.it/

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