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In Oriente si parla anche toscano: intervista a Simone Rossi del “DarkSide Bar” at Rosewood Hong Kong


Un alfiere dell’Italia, della Toscana e della Maremma nel mondo: il classe 1992 Simone Rossi è molto più che un semplice barman. Partito dalla sua Grosseto, l’attuale Assistant Beverage Manager del “DarkSide Bar” al “Rosewood Hong Kong” negli ultimi nove anni è stato protagonista infatti in alcune tra le strutture più importanti della scena internazionale – ieri a Londra, oggi in Estremo Oriente – e proprio a Beverfood.com ha scelto di ripercorrere la sua già lunga e vincente storia professionale. Con una grande anticipazione in vista del futuro.

Simone, raccontaci di te: come e quando nasce la tua passione per il bartending?
“La mia passione nasce ai tempi delle scuole superiori. Ero molto affascinato dal flair, ricordo che lo praticavo spesso con un gruppo di amici, anche se devo ammettere che non era proprio il mio forte (ride, ndr)! Sono stato sempre attratto dal mondo della ristorazione e dell’ospitalità, conseguendo il diploma proprio alla scuola alberghiera di Grosseto”.

Dall’Italia all’estero, il grande passo è arrivato da giovanissimo.
“Sì, la scuola alberghiera mi ha sicuramente aiutato e supportato per la mia prima esperienza estera: Londra. Sono partito il 12 ottobre 2011 con mille sogni e traguardi da realizzare in tempo minimo: ovviamente, ancora ignaro del contesto di lavoro che mi aspettava, non avevo realizzato che di tempo me ne sarebbe servito molto, molto di più! Ebbene, oggi sono passati ben 9 anni dal quel lontano ma vicino giorno. A Londra ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare in un cocktail bar a Brixton, nel sud della città, dove svolgevo il ruolo di Bar-back il venerdì e il sabato e, in più, conducevo le pulizie del locale il martedì. Dopo circa un anno e mezzo mi sono spostato, sempre come Bar-back, al ‘Quo Vadis’, members club e istituzione a Soho. È proprio lì che ho davvero intrapreso la strada giusta, esplorando e apprendendo giorno dopo giorno l’arte dell’ospitalità. In appena tre mesi sono stato promosso al ruolo di Bartender, restando per un anno e mezzo accanto al mio mentore Luca Missaglia, attuale Global Brand Ambassador di Italicus. Poi, è stata la volta di ‘Aqua’, locale sempre nel centro di Londra con due ristoranti (giapponese ‘Aqua Kyoto’ e spagnolo ‘Aqua Nueva’, ndr) e annessi bar, in cui ho svolto prima l’incarico di Supervisor e, dopo un anno, quello di Assistant Manager. Proprio in quel periodo mi sono tolto pure qualche piccola soddisfazione a livello di competition, vincendo per esempio la ‘UK Disaronno Mixing Star 2015′”.

Da Londra all’Estremo Oriente: nel 2016 il mondo del bar ti ha catapultato ancor più lontano da casa…
“Proprio così. Tramite lo stesso ‘Aqua’, nel 2016 ho avuto l’occasione di trasferirmi ad Hong Kong. È stato tutto molto veloce e inaspettato, ma il 27 settembre mi sono buttato a capofitto in una nuova, grande e stimolante avventura. Ho iniziato a lavorare ad ‘Aqua Hong Kong’ come Bar Manager, più sotto l’aspetto manageriale e numerico, ma mai perdendo quella sana creatività che mi ha da sempre caratterizzato. In quello stesso anno ho vinto un premio ambizioso come il ‘World Class Bartender of the Year Hong Kong e Macau’, per poi rappresentare con grande soddisfazione e orgoglio Hong Kong e Macau alla ‘World Class Global Final’ a Berlino. Dopo due anni ad ‘Aqua’ ho cambiato ancora, entrando a far parte del pre-opening team al ‘Rosewood Hong Kong’, in particolare del ‘DarkSide Bar’ come Assistant Beverage Manager, incarico che occupo anche oggigiorno e nel quale sono chiamato a gestire il beverage programme al fianco del mio Director of Bars, Arkadiusz Rybak”.

Che differenze hai riscontrato tra Londra e Hong Kong a livello di bartending e hospitality?
“Non troppe, vi dico la verità. Vivendo in un mondo culturale, sociale e religioso differente e molto affascinante come quello asiatico, mi sono messo in competizione con me stesso per riuscire ad imparare e rispettare il più possibile la diversità a 360°: tutti questi ingredienti hanno arricchito il mio bagaglio esperienziale, facendomi maturare tanto come professionista quanto come uomo. Il bilancio quindi è molto positivo, l’unica pecca sono le 14 ore di aereo di distanza che mi separano da casa, ma ancora oggi sono contentissimo della scelta Hong Kong”.

Non hai mai “dimenticato” comunque le tue radici: cosa ti sei portato dietro dalla Toscana, e dall’Italia più in generale, nelle tue numerose esperienze all’estero?
“Essenzialmente, credo di essermi portato sempre con me quella genuinità e semplicità da ‘Oste Toscano’ che mi caratterizza in maniera intrinseca, e che caratterizza del resto un po’ tutti noi toscani. È proprio così d’altronde che mi chiamavano a Londra: l”Oste Toscano'”.

Oggi potremmo definirti invece “ambasciatore della Toscana a Hong Kong”: il tuo ultimo progetto parla chiaro…
“Orgogliosamente posso dire di essere un ambasciatore e amante della mia terra: la mia Toscana e la mia Maremma. Oggi vorrei riuscire a lavorare e collaborare con produttori e aziende toscane, elevando la nostra cultura, terra e tradizione anche da questo lato del mondo. In inglese potremmo chiamarlo ‘bridge’ tra la Toscana e l’Asia. È questa la mia nuova sfida professionale: aiutare le eccellenze della mia regione ad affermarsi anche così lontano da casa, proprio come ho fatto io negli ultimi nove anni”.

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