Ci sono pochi momenti in cui tutte le certezze di un giornalista vengono messe in discussione, ma l’incontro con Alessandro Palazzi è senza dubbio uno di quelli: il momento in cui ci si deve ricredere su tutto quello che si è sempre dato per scontato.
Stiamo parlando di una delle massime autorità mondiali per quanto riguarda la mixology, il capo bartender del Dukes di Londra, un tale professionista del Cocktail Martini che 007 sicuramente rinuncerebbe alla propria copertura pur di farsi servire da lui.
Un orgoglio italiano in giro per il mondo, che viene chiamato dal Giappone alla Francia per dimostrare ai giovani come bisogna lavorare.
Eppure, nonostante l’educazione e la professionalità british sul lavoro, si è dimostrato fin dal nostro primo incontro una della persone più gentili e disponibili che abbia mai avuto il piacere di intervistare, e (ribaltando ogni stereotipo) con cui parlare degli argomenti più svariati.
Mai in vita mia avrei pensato di parlare di musica hip-hop con Palazzi, e scambiarmi canzoni su WhatsApp. Attivissimo su Istagram, amante della fotografia, dei sigari e ovviamente del suo lavoro… Insomma, l’idea del “classico” con Alessandro Palazzi è completamente messa in discussione; nonostante il rispetto per la tradizione, stiamo parlando di un emblema del XXI secolo che non finisce di stupire…
Alessandro, una carriera di successi all’estero la tua, prima in Francia e poi in Inghilterra. Com’è che decidesti di partire? Tornando indietro ripeteresti quella scelta?
In realtà non si tratta di una scelta, si tratta della mia natura. È parte di me il desiderio di viaggiare, di muovermi e di scoprire… Fin da piccolo sono stato un’anima errante! Sono nato a Imola senza esserci mai stato veramente, in quanto i miei genitori ebbero la possibilità di mettersi in proprio quasi subito dopo la mia nascita, aprendo una clinica a Varese. I bambini lì avevano la tipica mentalità ristretta della provincia, e mi vedevano come il diverso, il terrone… Ogni estate mia madre mi metteva sul treno, e io partivo da solo da Milano in direzione Recanati, dove c’era mia nonna. A 11 anni odiavo stare in Lombardia, ero straniero e monello. A questo si aggiungevano le gelosie dei miei compagni di scuola che non capivano perché la nostra maestra stravedesse per me e mi tenesse di gran conto. Il motivo per assurdo era che discendo dalla famiglia Palazzi, e che uno dei miei antenati era stato l’autore dell’omonimo vocabolario, una delle pietre miliari della lingua italiana.
Ma ovviamente queste cose ai ragazzini non interessano, e a me le loro piccole antipatie stavano di giorno in giorno più strette… Per evadere andavo spesso a Roma, dove mi divertivo molto di più e mi sentivo a casa. Riuscivo anche a fare due soldi con i Ray Ban contraffatti a Porta Portese. Insomma, ero un ragazzino pieno di vita e sempre in movimento!
A diciassette anni la scelta definitiva, finite le scuole sono partito per l’Inghilterra, e da lì la mia carriera è partita…
Il tuo Martini è iconico in Inghilterra, ma non soltanto il cocktail, anche il tuo modo di servirlo. Da dove nasce il servizio al tavolo con il carrello? Pensi che il contatto con i clienti accresca la tua capacità di capirne i gusti e offrirgli un servizio migliore?
In realtà il servizio con il carrello è parte della storia del Dukes, è l’idea di personalità importati nel mondo del bar, come Gilberto Preti e Salvatore Calabrese. Da loro nasce l’idea, io l’ho implementata, ho reso meno classico il bar, riportandolo nella Londra di oggi. Ho introdotto nuovi prodotti e ingredienti come ad esempio il Limone d’Amalfi.
Per me il limone non è una decorazione, è parte integrante della ricetta, con i suoi olii può cambiare ed arricchire il gusto.
Avendo poi scelto un’assortimento di spirits molto particolare, lavorare al tavolo è anche un modo per spiegare e raccontare il cocktail al cliente…
A proposito di questo, sei anche uno scopritore di grandi distillati italiani, e a tua volta un creatore. Pensi che in Inghilterra ci sia un interesse crescente anche per le nostre materie prime?
Io non credo che il miglior prodotto sia per forza il più famoso. Credo che i migliori prodotti sono quelli fatti con la passione. Negli anni sono andato a cercare le aziende con cui collaborare, fatte di persone, e con loro ho in alcuni casi sviluppato degli spirits ad hoc. Non mi sono mai voluto legare a nessun brand in particolare, restiamo un bar libero da contratti.
Per assurdo ho sovvertito tutte le regole classiche nel mio Martini Cocktail, utilizzando ad esempio Sabatini Gin, un Gin Toscano (quando la logica vorrebbe che fosse Inglese), e un Vermouth che si chiama Sacred, che viene creato in esclusiva per me da una distilleria Londinese (che a logica sarebbe un prodotto Italiano), con un vino Marchigiano.
Ora addirittura la distilleria ha con la mia collaborazione creato una seconda versione di questo Vermouth, con vini Inglesi, che sarà in vendita anche al di fuori del Dukes.
Di solito l’ultima domanda è “Raccontaci uno dei tuoi cocktail, e la storia di come è nato”, ma nel tuo caso mi sembra giusto chiederti di raccontarci il tuo famoso cocktail Martini…
Qui si potrebbe aprire una parentesi infinita! Basti pensare che ogni volta che esce un nuovo film di Bond siamo presi d’assalto dai fans di 007 da tutto il mondo! Ad oggi noi non abbiamo UN martini, abbiamo un menù intero dedicato, a questo cocktail, che ho creato io, e ho dedicato a Ian Fleming, scrittore e ideatore di Bond, oltre che frequentatore del Dukes. Mi sono ispirato alla sua vita e ai suoi libri, non ai film.
Ho ricreato una storia, un percorso. Ad esempio, un cocktail è ispirato al profumo che usava Flaming; lo comprava da una boutique che è qui a Londra da 300 anni. Ho potuto prendere inspirazione da quell’antica formula, usando due ingredienti presenti anche nella fragranza per creare un cocktail che ricordi ai sensi l’aroma dell’autore.
Quindi Alessandro Palazzi alla fine è il più british degli Italiani?
Ti rispondo con un esempio… Qualche settimana fa sono stato invitato in Scozia per ricevere una medaglia per la mia competenza nel mondo dei Whisky. Da questo viaggio sono tornato ispirato e ho creato un nuovo cocktail, che ho chiamato Negroni Torbato, composto da 30ml Lagavulin “Distiller’s Edition”, 30ml Cynar, 30ml Aperol, e di cui ho pubblicato la ricatta su Istagram. Io sono così, esploro il mondo e le persone, e poi miscelo il meglio di ogni esperienza rendendola parte di qualcosa di più grande!
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