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La firma di uno chef sempre più sulla cresta dell’onda, un arredamento pulito ed elegante, la verve di una società brillante e votata alla freschezza. È l’equazione che genera la nuova avventura di Eugenio Boer, dopo il suo Bu:r ormai rodato che viaggia a gonfie vele. Il giramondo italo-olandese non è però l’unica mente dietro il progetto, anzi ne è “solo” parte integrante: con lui in società ci sono Damian Janczara, Leonardo Nardella e Lorenzo Galletti, e il nome è tutto un programma: Altrimènti, nella zona residenziale di Amendola, a Milano.
Altriménti, rigorosamente con l’accento sulla penultima vocale. La storia da cui nasce il nome è direttamente collegata alla società che lo gestisce: in attività da dieci anni, al momento della creazione “eravamo alla ricerca di un nome che trasmettesse la nostra natura unica, qualcosa di diverso”, spiega Lorenzo Galletti. Detto fatto, venne messa in piedi A different company, nomen omen. Il ristorante deve l’insegna alla “sua natura versatile. Va sempre bene, è un’alternativa sempre valida, sia per chi sceglie di venire a trovarci dal principio, che per chi invece si imbatte in noi per caso”. C’è talento, c’è progetto, c’è gusto. Il tutto incastonato in un quartiere tranquillo e residenziale, che fa da sfondo naturale per un ritrovo curato, invitante, quasi sorridente nelle maniere.
Tre sale sobrie e accoglienti, ciascuna che sembra dedicata a un mood differente: quella centrale e diretta, nel cuore della serata: quella in veranda, romantica e soffusa, e quella riservata per eventi o incontri particolari. Il filo conduttore è un taglio dritto e garbato, nell’arredamento come nel menu: settantasei illustrazioni contemporanee fanno da contorno a un design d’impatto ma non sfarzoso, che oscilla tra legno e bianco panna, curato dallo studio Off Stage di Francesca Fusari. La carta è chiara e senza sbavatura, evidente figlia dell’impronta di Boer: non si divide per portate, bensì per ingredienti. Verdure, carne e pesce, e sotto ogni categoria le varie possibilità, che ricalcano sapori semplici e in quanto tali spesso tutt’altro che banali. I piatti non hanno nomi, solo elementi che li compongono. Forte il richiamo al selvatico e al territorio, con note speziate: strepitosa la carota, nocciola, olive taggiasche e crema di caprino; intensi gli agnolotti, fegato alla veneziana, consommè speziato; caldo il baccalà, polenta e peperoni.
La cantina segue la stessa direzione: è divisa per sensazioni, non per regioni o tipologia di vini, per rispondere a chi desidera un vino fruttato, romantico, avvolgente. Altrimènti è anche ambasciatore dello Champagne Roger Barnier, e il luogo fisico della cantina è una chicca ereditata da una delle prime esperienze del maestro Claudio Sadler, che vent’anni fa aveva qui una delle sue oasi: una breve gradinata porta a una struttura in legno con appoggi in acciaio divisa in tre stanze, a loro volta utilizzabili per degustazioni, eventi o cene. Un luogo perfetto perché per indole adatto a qualsiasi tipo di umore, grazie alla ricercatezza non eccessiva della sua proposta. Insomma, si potrebbe andare al sushi o in pizzeria. Altrimènti…
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