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Come per lo scorso anno, il 2023 sarà segnato dall’inflazione. A inizio 2022 l’aumento di prezzi fu dovuto alla pandemia, oggi ormai superata, eppure nel 2023 la situazione si è ulteriormente aggravata a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e della situazione geopolitica mondiale, che ha avuto un forte impatto sui costi dell’energia/carburanti e sulla reperibilità delle materie prime per l’imballaggio delle bevande come vetro e carta. La situazione sembra in leggero miglioramento grazie anche alla ripresa economica post-pandemia, per quanto l’incertezza sia ancora altissima. Nonostante tutto, sembra che molte aziende di produzione e distribuzione bevande abbiano addirittura chiuso il 2022 con record di fatturato (anche se con margini ridotti), grazie al rimbalzo dell’economia.
Articolo estratto dal Catalogo 2023 di Mercanti di Spirts:
www.mercantidispirits.com/it/cataloghi
Il settore degli spirits (compresi i Ready to Drink – RTD) è in crescita, addirittura da tredici bilanci consecutivi negli Stati Uniti. Quest’anno, secondo i dati del Distilled Spirits Council of the United States, il fatturato complessivo del settore ed il numero di porzioni consumate ha superato per la prima volta nella storia quello del settore birra. A livello di trend si confermano quelli degli scorsi anni. La premiumizzazione (bere meno, ma meglio) resta un fattore trainante per il settore. Credo però, a causa della situazione geopolitica attuale, in futuro si andranno ad affermare sempre di più i prodotti locali e si assisterà ad un ritorno dei grandi marchi con alle spalle aziende solide, che possono investire. Questo permetterà al consumatore di trovare prodotti di qualità, a prezzi ragionevoli: i prodotti locali possono garantire infatti costi di trasporto ridotti, come i marchi delle grosse aziende che hanno tariffe di distribuzione e produzione ottimizzate. Inoltre, i prodotti a km 0 risultano anche più sostenibili.
Rivoluzione Green e Packaging
Anche la rivoluzione green resterà sicuramente un trend, non solo per la consapevolezza dei consumatori, disposti a pagare un prezzo più alto per prodotti che arrivano da una filiera sostenibile, ma anche perché per via della situazione attuale: con i prezzi dei combustibili fossili in crescita è diventata quasi una necessità passare alle energie rinnovabili e ridurre gli sprechi. Le confezioni tradizionali diventano sempre più leggere, si diffondono sempre di più i materiali riciclati e riciclabili e cominciano a comparire etichette smart come U-Label che risparmiano carta ma che grazie alla tecnologia (scansionando ad esempio un codice QR con lo smartphone) possono fornire informazioni più complete e tracciabili, con la possibilità di mostrare anche video, magari la storia del prodotto e/o ricette di cocktail consigliate. Il raggiungimento della carbon neutrality (zero emissioni di anidride carbonica) resta un obbiettivo per la maggior parte delle grandi aziende del settore.
Healthy, ingredienti naturali e No-Low Alcohol
Biologico, biodinamico, ancestrale e l’utilizzo di ingredienti sempre più naturali, la riduzione degli zuccheri, i prodotti per vegani, senza glutine e per chi ha intolleranze restano dei trend forti. Ciò è legato anche alla crescente attenzione per l’healthy, che si è diffusa negli ultimi anni e ha portato a una esplosione dei prodotti analcolici ed a basso contenuto di alcol e zuccheri (No-Low Alcohol). Sempre più consumatori sono attenti al proprio benessere e nascono anche locali e boutiques specializzati in questi tipi di prodotti. La qualità dei prodotti analcolici è sicuramente aumentata (anche per le sode) ed anche le superfici di esposizione nei negozi sono cresciute. Di certo è diventato sempre più importante per i barman avere in drink list delle alternative senza alcol di qualità. Diversi sono i distillati analcolici che sono nati che spesso si propongono come alternativa del gin. Anche per le altre bevande come vino e birre sono cresciute le proposte gustative senza alcol. Ora si trovano anche birre artigianali, IPA analcoliche. In Italia, nonostante il segmento sia in forte crescita, quello analcolico resta comunque un mercato marginale e credo che con il tempo si andrà verso una saturazione del settore, dati i moltissimi prodotti più o meno simili che sono stati lanciati negli ultimi tempi.
Ready to Drink, RTD alcolici
C’è da evidenziare il lancio di diversi cocktail RTD (Ready To Drink) analcolici. Il mercato degli RTD alcolici resta un segmento in crescita anche se a livello internazionale nei mercati a maggior consumo sta iniziando a stabilizzarsi. Per esempio, negli USA il segmento Hard Seltzer (mai esploso in Italia) sta rallentando, visto che negli ultimi anni sono state lanciate moltissime nuove referenze, ma stanno crescendo i classici cocktail RTD a base distillati. Anche diversi locali e distillerie nostrane hanno creato diverse linee di cocktail pronti ideali per il consumo casalingo. Questo è un settore che può erodere quote di mercato al segmento birra specialmente usando le confezioni monodose in lattina (utilizzate ora anche per spumanti e vino) che possono essere delle valide alternative anche per il consumo on-the-go. Ci sono anche grandi marchi che sono entrati nel settore i cui prodotti si trovano anche in GDO, che però a mio avviso dovrebbero puntare anche su versioni più alcoliche e non solo sul No-Low Alcohol, data la nostra tradizione di paese amante delle birre speciali ad alta gradazione.
Distillati e Spirits
Per il segmento spirits, il whisky continua a crescere. Il classico scotch whisky sembra stia avendo una battuta d’arresto forse anche per all’aumento dei dazi di esportazione sui prodotti made in UK dovuto alla Brexit. Al contrario sono aumentate di molto le esportazioni di whiskey irlandese. Anche whisky e whiskey prodotti negli altri paesi continuano a crescere. Ora ci sono anche diverse etichette di whisky made in Italy e stanno crescendo molto anche i prodotti innovativi che usano formulazioni e trattamento di cereali alternativi e nuovi metodi di distillazione. Si prevede anche un forte ritorno del rum legato alla riapertura dei locali e alla premiumizzazione. A livello internazionale negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom delle agavi (tequila e mezcal) e sotol. Specialmente negli USA la Tequila ha superato come quota a valore il Bourbon. Anche in Italia stanno crescendo questi prodotti specialmente mezcal e sotol che possono offrire varie note gustative e una grande storia. Nel nostro Paese però i volumi sono ben lontani da quelli USA anche per la lontananza geografica che fa lievitare i costi. Il gin non sembra mollare e continuano a uscire etichette, molte anche made in Italy con le più svariate botaniche spesso legate ai territori di produzione. Credo che però non si possa continuare a immettere nuove referenze sul mercato a questo ritmo e, perlomeno, il settore si stabilizzerà. La premiumizzazione e l’innovazione guidano tutti i segmenti del settore spirits. In Italia restano importantissimi anche i prodotti nostrani come la grappa, il vermouth, amari, bitter e aperitivi. Si sta innovando molto anche con l’utilizzo di alcuni di questi prodotti in miscelazione che tradizionalmente non erano usati, come la grappa e gli amari.
Microdistillerie ed turismo
Negli ultimi anni sono nate diverse microdistillerie nel nostro Paese e questo sta diventando un vero e proprio movimento. Molti sono anche gli spirits che vengono prodotti da distillerie terze. Nascono distillati sempre più variegati e innovativi come per esempio distillati di birra, gin distillati da vino e con prodotti che spesso sono regionali e territoriali. Sempre più locali hanno iniziato a farsi produrre i propri gin e spirits. Molte piccole distillerie stanno aprendo anche boutiques e locali dedicati ai propri prodotti. Con la riapertura dei locali il settore dell’ospitalità potrebbe diventare anche in Italia un trend importante con visite guidate delle distillerie e percorsi gustativi come avviene per le cantine ed in molti altri paesi stranieri specialmente se ci fosse un coinvolgimento anche dei vari enti di turismo locali.
I locali
Se da un lato si nota il trend salutistico dopo la pandemia di covid, le tensioni geopolitiche attuali stanno spingendo le persone a vivere più intensamente e a volersi godere la vita avendo più tempo per se stessi (basti pensare a tutte le persone che hanno lasciato il lavoro). L’abbandono delle restrizioni dovuto alla pandemia sta gradualmente riportando il settore del fuori casa ai livelli pre-covid, anche se vista l’incertezza economica sarà difficile ritornare allo stesso livello del 2019 in tempi brevi. Credo che i locali che sapranno offrire professionalità, innovazione, esperienze uniche anche attraverso proposte di food pairing con prodotti naturali a km 0 saranno sempre in voga. Alcuni locali hanno lanciato club per soci offrendo atmosfere uniche e riservate. I cocktail bar diventano sempre più competenti e spesso organizzano anche eventi con master class e degustazioni. C’è però da fare i conti con l’inflazione e ridurre gli sprechi ed ottimizzare il servizio sarà molto importante. Ultimante sono comparse anche confezioni più grandi come taniche che permettono ridotti costi di confezionamento e trasporto ed ovviano alla carenza di materie prime per il packaging e garantendo così un prezzo più competitivo al consumatore finale. Alcuni bar hanno iniziato a usare anche cocktail premiscelati alla spina che possono garantire un servizio più veloce ed efficiente. Comunque non credo che ci saranno sconvolgimenti, e il classico aperitivo all’italiana dove si punta sui prodotti nostrani trainerà il settore. L’Italia resta sempre un’eccellenza che guida i trend nel panorama enogastronomico mondiale.
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