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“Un premio all’ospitalità, per un’esperienza unica, sorprendente ed emozionante”. Con queste parole Matteo Lunelli, Presidente e Ceo di Cantine Ferrari, ha presentato il “Ferrari Trento Art of Hospitality Award”, un nuovo premio abbinato alla classifica dei cinquanta migliori ristoranti del mondo, assegnato al ristorante che si sarà distinto per il servizio migliore in termini di accoglienza.

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Palazzo Serbelloni è stata scelta come location al top dell’ospitalità nel cuore di Milano, per la presentazione ufficiale della partnership tra Cantine Ferrari e The World’s 50 Best Restaurants (rappresentato dal direttore Helene Pietrini). Serata interessante sull’Arte dell’ospitalità dove i temi della front of house, sommellerie, esperienza gastronomica sono stati al centro degli interventi. “Ricordo indelebile, emozioni, un concetto mutuabile anche dal mondo del design e della moda per il servizio dove noi siamo i padroni di casa e i gli invitati alla festa devono scolpire come unica la loro esperienza con una cura dei dettagli- continua Matteo Lunelli– Fortunatamente non saremo noi di Ferrari a decidere il vincitore, perché tra decine e centinaia di locali sarebbe impossibile decretare il premio dell’arte dell’ospitalità”.

QUALITÀ DEL SERVIZIO

In tutti e luoghi e servizi si parla di ospitalità, ma cosa si cela davvero dietro il food and wine nel mondo contemporaneo dove l’offerta competitiva mette al centro del processo il consumatore rovesciando l’assetto organizzativo del servizio? “Il vero valore aggiunto può essere raggiunto solo se si aggiunge piacere e soddisfazione– la risposta del professor Severino Salvemini dell’Università Bocconi- solo generando calore attraverso un’esperienza cognitivamente sensoriale si sarà affettivamente in grado di riconoscere questo patrimonio, utilizzando tutti i cinque sensi”. Gusto off course, ma anche occhio, tatto e odorato, con il protagonista che diventa un attore unico e viene inserito nel processo produttivo. Location, musica, attrattiva, nella ristorazione di alta gamma il contenitore conta almeno quanto il contenuto, se non di piu.

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PARTERRE DE CHEF

Per un contest che mette a confronto i migliori 50 ristoranti del mondo con al centro l’ospitalità, non poteva mancare una nutrita rappresentanza di chef. Tanti in sala e sul palco. Prima il mondo, poi l’Italia. Due le esperienze internazionali presentati, dallo svizzero Andreas Caminada all’inglese Daniel Willis, così diversi tra loro ma con un unico denominatore: l’importanza della sala, del team. Un argomento ripreso più volte anche dai big italiani che hanno scaldato il palco. Raffaele Alajmo, insieme al fratello al timone di un impero che oltre al tre stelle Michelin del ristorante Le Calandre a Rubano conta altre sei location tra Italia e Francia. “Siamo stati tra i primi ad aprire al capitale di famiglia anche a fondi istituzionali che hanno investito insieme a noi raddoppiando i numeri che oggi contano sette ristoranti, 150 addetti in Italia e 20 in Francia, ci siamo assunti dei rischi d’impresa non con delle semplici consulenze o collaborazioni. Mi manca la sala, oggi molto spesso fatico a definirmi, tutti hanno occhi solo per lo chef, ma per avere un’esperienza completa non basta”.

L’IMPORTANZA DELLA SALA

Ma quanto conta la sala rispetto alla cucina? “Io dico 52 sala e il resto della cucina- risponde Massimo Bottura, chef tristellato dell’Osteria Francesca di Modena- di sicuro se non avessi avuto al mio fianco una persona di sala come Beppe Palmieri non avrei potuto fare quello che ho fatto, senza dimenticare mia moglie. Inizio anni 2000, un momento difficile, le cose non ingranavano, ero pronto a mollare tutto a Modena e trasferirmi a Londra, ma mia moglie mi disse di tenere duro ancora un po’ e in un anno è cambiato tutto e la storia la conoscete tutti, ma se non avessi dato ascolto a lei oggi forse non sarei qui. Non c’è solo business quando fai trenta coperti e al ristorante lavorano 43 persone, ma non dobbiamo dimenticarci che la nostra missione è ristorare le anime che arrivano da tutto il mondo per vivere un’esperienza. E parlo non solo della sala, ma anche di ciò che sta dietro, dalla gestione delle prenotazioni, alla brigata, il vero segreto per avere dei team solidi è stimolare i ragazzi che crescono lentamente con radici solide e cominciano a farsi un’idea del bello facendolo vivere anche al cliente, raggiungendo il top dell’ospitalità”.

IL LAVORO PIÙ BELLO DEL MONDO

“Abbiamo il privilegio di fare uno dei lavori più belli del mondo, la sera quando andiamo a dormire siamo sicuri di aver dato il massimo per far vivere un’esperienza di eccellenza ai nostri ospiti”. Mauro Governato prima di dirigere il Four Seasons di Milano ha fatto un po’ il giramondo, passando dalla sala in ristoranti di lusso, poi ha capito che poteva gestire il cliente a tutto tondo non solo nell’esperienza culinaria. Una serie di aneddoti sul Four Seasons, uno degli alberghi lusso che in percentuale ha un numero di addetti più alto per ospite e un giudizio unanime sul valore della formazione. “Fondamentale per avere un elevato livello di conoscenza del personale, cerchiamo di far sentire a proprio agio prima di tutto chi lavora con noi, per trasmettere questa sicurezza e naturalezza ai nostri ospiti che vivono un soggiorno unico. Ci sono delle doti innate, ma sta a noi saper valorizzare per avere personale contento del lavoro che svolge”.

 

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IL MAESTRO MARCHESI: NEL 1962 LA PRIMA CARTA DEI VINI

Chiusura in grande stile con Gualtiero Marchesi che con la sua improvvisata da un ulteriore tocco di classe al dibattito con al centro l’Arte dell’Ospitalità. Il Maestro non ha certo bisogno di presentazioni, e si lascia andare nei racconti. Dai ricordi quando utilizzava il torchio per la Chateaubriand per esaltare le materia prime, oppure la grande passione per la cucina giapponese. Ma è proprio lo stesso Marchesi a spegnere una polemica che si era accesa negli ultimi mesi, smentendo quindi chi lo dava contro il vino nella ristorazione. “Nel 1962 sono stato il primo a proporre una carta dei vini di altissima qualità con più di 250 etichette tra italiane e straniere. Negli ultimi anni personalmente per scelta non bevo quasi più vino, ma mi piace mettere il naso nel bicchiere, specialmente nelle bollicine. Ai giovani dico che oggi abbiamo più bisogno di camerieri, di gente di sala che di chef. Quando molti anni fa andai a confrontarmi con i mostri sacri francesi ho capito la vera importanza della sala”.

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APPUNTAMENTO A NEW YORK A GIUGNO

La partnership tra Cantine Ferrari e il The World’s 50 Best Restaurant, ovvero la classifica che da quindici anni decreta i 50 migliori ristoranti al mondo elaborata sulla base dei voti di quasi mille opinion leader, vedrà il clou il prossimo 13 giugno a New York presso Cipriani Wall Street, prima tappa di un tour mondiale. In quell’occasione Ferrari non sarà soltanto bollicina ufficiale ma assegnerà anche il premio “Ferrari Trento Art of Hospitality Award”, al ristorante che secondo i mille votanti si si sarà distinto per aver reso il servizio un elemento caratterizzante del locale, coinvolgendo gli ospiti in un’atmosfera particolarmente piacevole, fino quasi a sorprenderli. Con un brindisi.

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