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Dal seducente aroma estivo di frutta rossa fresca e con una morbida acidità, il rosè si dimostra come il prodotto più dinamico tra le categorie di bevande fermentate a base di uva. L’attrazione maggiore dei consumatori si riflette verso i vini dal colore rosa pallido, che fanno quindi ottenere i maggiori risultati a quelli di Provenza. Bene però anche in Corbieres e Toscana.
The rise and rise- L’ascesa del rosè è stato un fenomeno sotto gli occhi di tutti, che dall’8% delle vendite totali di vino è passato al 10% dal 2002 al 2017. Stando ai dati Nielsen, negli USA le vendite di rosato sono cresciute del 40%. Ciò che bisogna chiedersi è: nel 2019 questa crescita si esaurirà o salirà di nuovo?
A guidare lo sviluppo di questo segmento è stata, ovviamente, la Provenza (secondo i Rosè Masters di quest’anno ha infatti ottenuto i migliori risultati). La produzione è cresciuta di poco, ma è stata controbilanciata dall’export dove gli Stati Uniti hanno rappresentato il mercato più attivo. L’elevata esportazione ha stimolato quindi lo “stile provenzale”, diventando così un modello, tanto da spingere i produttori ad adeguarsi a rendere il loro rosè più pallido possibile.
La grande era del rosè ha spinto molti investitori ad acquistare aziende vinicole in Provenza, facendo crescere- in una zona già ambita- i prezzi dei terreni. Per citarne alcuni la coppia di attori Brad Pitt e Angelina Jolie con Chateau Miraval. LVMH ha acquistato Chateau du Galoupet Domain confermando il trend del rosè da parte di un’azienda che ha contribuito ad aumentarne la popolarità.
Tra i vini rosati, sebbene il prediletto sia quello rosa- pallido, non esiste un unico colore e nemmeno un unico mercato: ad ognuno spetta il suo canale di distribuzione, il suo target e la sua fascia di prezzo. Il settore viene diviso in più segmenti, a noi diverte categorizzarli così: da piscina; tradizionale e legato al terroir, confezione originale e design. Ultimo, aggiuntivo, quello gastronomico- ma più marginale.
Swimming Pool Rosè: è quello amato dai social media, invasi da foto di Millenials che si rilassano bevendo bicchieri, magari al sole postando il selfie su Instagram. Questa categoria si basa esclusivamente sul colore rosa pallido, un’immagine facilmente targettizabile e incentrata sul brand e poca attenzione verso il produttore e il terroir.
Tradizionale e legato al terroir: questo segmento ha una gamma più vasta di varietà, grado di dolcezza, tipologia di vigneti. La qualità è il criterio guida nella scelta dei vini che rientrano in questa categoria. In testa ai rosè più apprezzati rimane sempre il provenzale equlibrato nella sua fresca acidità e maturità di frutta. Questa tipologia ha spinto i consumatori a pagare di più per il vino rosato che non è più considerato da “chiacchere” o nella peggiore delle ipotesi “da innaffio”.
Packaging: costoso, sì ma fondamentale per costruire una valida e ben riconoscibile identità del marchio. Curare la confezione, attraverso forme di design, è la chiave giusta per strategie di marketing e comunicazione di successo. Molti marchi hanno così adottato forme di “premiumizzazione” per essere perfetti anche nell’immagine del prodotto. Come esempio, ci ha colpito JNSQ di The Wonderful Company – che sta per Je ne sais quoi. Lanciato per San Valentino è pensato per le donne con un packaging ispirato a lussuose bottiglie di profumo, con all’interno il vino rosa.
Fine Dining: nei migliori ristoranti, i rosati sono appena presenti nelle liste dei vini. Più esclusivo è il ristorante, minore è la presenza del rosato. Numerosi produttori hanno risposto a questo trend spingendo vini gastronomici con maggiore complessità e potenziale di invecchiamento.
Fonte e spunti da: www.thedrinksbusiness.com
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