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Crisi dei consumi e un sistema-Paese diffidente nei confronti dell’industria olearia. E’ questo lo scenario di settore che emerge dal Monitoraggio degli oli d’oliva e di sansa, presentato oggi a Roma da ASSITOL, l’associazione degli imprenditori del settore. Lo studio conferma che, a rappresentare la parte più importante del mercato sono gli oli convenzionali, ovvero le grandi marche italiane: nel comparto dell’extravergine, segmento trainante del mercato, le imprese monitorate hanno registrato vendite per quasi 68mila tonnellate, pari al 93,7% degli extra da loro commercializzati in Italia. Il “100%” italiano ha riguardato il 3,6% delle loro vendite in Italia (3472 tonnellate), mentre gli oli Dop/Igp e il biologico coprono poco più dell’1%. Positiva la tendenza dell’olio di sansa (+6,8).

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La distribuzione organizzata si rivela il principale canale commerciale dell’olio d’oliva. Nel complesso, il Monitoraggio delinea un calo delle vendite sul territorio nazionale pari al 5,3%, che ha colpito soprattutto gli extra (-4,9%) e gli oli d’oliva (-8,3%). Ciò trova riscontro nella riduzione degli acquisti registrata dagli Istituti specializzati. Lo scorso anno l’Italia ha riconfermato il suo ruolo di primo paese al mondo esportatore di olio di oliva confezionato. La campagna olearia 2011- 2012, infatti, ha visto le vendite aumentare di circa il 3%. Tuttavia, mentre per gli oli convenzionali si rilevano perdite contenute (-2,6%), è apparsa negativa la tendenza del “100%” italiano (-35,7%) e delle DOP/IGP (-64,3%). Buono soltanto l’andamento degli oli biologici (+12,7).

 Dall’export, peraltro, emergono alcuni dati significativi. Nel 2012, gli Stati Uniti confermano il ruolo di primo Paese importatore di olio confezionato da aziende italiane, con un aumento degli scambi del 5,3%. In Europa, la Germania (+6,4%) resta il mercato più importante, seguita da Regno Unito e Francia, che peraltro hanno mostrato minore vivacità rispetto al passato. L’Europa dell’Est, al contrario, registra un aumento di interesse per l’olio confezionato dalle nostre imprese. La Russia ha accresciuto gli acquisti di olio del 25%, la Croazia di quasi il 20%, seguiti da Repubblica Ceca (+11,8), Serbia (+17) e Polonia (+1,2).

 Ma è l’Est asiatico, che oggi rappresenta quasi il 15% delle nostre esportazioni, il mercato più promettente per il futuro. Il Giappone, già da qualche anno una realtà importante per il nostro export, nel 2012 ha registrato un incremento del 22,5%. L’India è cresciuta del 34%, la Cina del 19. La Corea del Sud ha visto lievitare gli acquisti del 10%.

Tale performance positiva non cancella, però, gli effetti della crisi su un settore che, negli ultimi mesi, ha dovuto affrontare la crescita dei prezzi all’origine e alcune rigidità legate al cosiddetto “art. 62”. Il tutto aggravato da uno scenario politico-istituzionale per lungo tempo incerto e da vecchi problemi, come l’eccesso di burocrazia, le lotte intestine all’interno della filiera e recenti polemiche autolesioniste, alimentate dai media. “Ecco perché – ha osservato Leonardo Colavita, presidente di ASSITOL – ribadiamo la necessità di un periodo di tregua tra gli interlocutori del comparto, allo scopo di individuare soluzioni condivise per un settore che vale ben oltre 1 miliardo per la bilancia commerciale italiana”

 Fonte. www.agi.it

 

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