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Athens Bar Show: formazione al potere e bar di qualità


Kalimera lo è stato davvero: l’Athens Bar Show ha da poco concluso la sua decima edizione, suggellando ancora una volta la propria posizione tra gli appuntamenti imperdibili della “stagione dei congressi”, che dà ufficialmente appuntamento al prossimo anno.

Creatura del deus ex machina Babis Eleftheriadis Kaidalidis, l’Athens Bar Show si svolge da nove anni consecutivi al Tecnhopolis di Atene: un ex complesso industriale di raffineria per petrolio e gas, le cui gigantesche taniche sono state convertite in auditorium e poli di scambio business. A differenza di altri bar show più incentrati sui rapporti tra aziende (vedi Berlino) o votati alle attività dei bartender (Roma), nella capitale greca il punto focale è ancora un altro, molto caro ai professionisti del settore, soprattutto in questo momento: la formazione.

Due giorni densissimi di seminari e incontri, che hanno abbracciato praticamente ogni angolo della vita da bancone, che si trattasse della presentazione di singoli prodotti, fino a interventi di assoluto rilievo su psicologia, marketing, tecnica, gestione, progettazione e altro ancora. Supportato dallo strepitoso clima locale (il 90% del Bar Show si tiene all’aperto, in quelli che erano i viali di conduzione dei barili di prodotto da raffinare, fino agli anni Novanta), l’ABS ha certificato una volta di più lo stato di scoppiettante forma della bar community greca, nello specifico ateniese, che agli ultimi World’s 50 Best Bars si è rivelata in grande spolvero con tre indirizzi inclusi.

Circa quattordicimila visitatori hanno potuto aggirarsi tra gli stand dei più importanti player mondiali, buona parte dei quali metteva in mostra un lato degustazione, affiancato da uno spazio educativo o comunque di contributo informativo (assente, anche un po’ a sorpresa, il colosso Diageo): pressoché ogni spazio espositivo aveva un angolo destinato alla miscelazione, cosa non da poco considerando quanto in passato si desse ben più spazio al singolo liquido.

Campari Academy ha ufficialmente lanciato la propria branca greca, sulla scia del respiro globale sottolineato dalla nuova piattaforma istruttiva inaugurata a metà anno: in occasione del Bar Show, lo stando bianco e blu recava la possibilità di provare attivamente la realtà virtuale di Behind Bars, azienda norvegese protagonista nel secondo episodio della docu-serie autoprodotta Perspectives, che ha curato la realizzazione dei banconi e delle aree di lavoro di bar celebri come Drink Kong a Roma o Tayer+Elementary a Londra. Monica Berg, co-proprietaria di T+E e Direttrice Creativa di Campari Academy, è stata affiancata da Samantha McRae di Behind Bars, Milo Occhipinti dell’Unseen di Milano e Leo Robitschek del gruppo Sydell (NoMad), in un seminario sull’importanza fondamentale della pianificazione fin nei dettagli, design incluso ovviamente, prima di aprire un bar di successo.

I nomi più importanti del settore si sono alternati su ciascuno dei cinque stage dedicati alla conversazione, spaziando sui temi più vari: le tecniche di fermentazione e il caos calmo del Line (meraviglioso bar in zona Pireo), le prospettive di ottimizzazione economica del gruppo Wax On, le idee artistiche e visionarie di Simone Caporale (da pochissimo titolare dello storico Boadas di Barcellona) con The Art of Shaking, la dissertazione irriverente di Ian Burrell sul rum. O ancora, la storia personale di Giogio Bargiani, Global Brand Advocate di 1757 Vermouth di Torino, e l’ospitalità attraverso la lente del Martini cocktail di Ago Perrone: il meglio del mondo del bar a portata di microfono.

Lo stesso Perrone, insieme a due perni della miscelazione contemporanea come Monica Berg e Lauren Mote, è poi tornato in pedana per un talk ispirazionale (ed eccellente) sul ruolo dei mentori nel settore, sul rapporto tra allievo e insegnante, soprattutto in un periodo scandagliato di incertezze e difficoltà come quello odierno: e ricalcando quanto dice sempre lui stesso, comasco per due anni consecutivi in cima al mondo con il suo Connaught Bar: don’t forget the smile.

Enorme attenzione ai prodotti locali come ouzo, mastiha, raki, tsipouro, che anche grazie agli sforzi di bartender indigeni stanno iniziando a vedersi anche oltreconfine: si veda la creazione di Opurist, anagramma per tsipouro, appunto, lanciato da un gruppo di dieci professionisti che include anche Thanos Prunarus, leggendario proprietario del Baba au Rum. Il marchio Three Cents, che in Italia è distribuito da Onestigroup, è stato recentemente venduto a Coca-Cola per 45 milioni di euro, pur mantenendo l’assetto societario originale.

Presentissima anche l’Italia, con alcuni rappresentanti del settore nostrano a proporre le proprie idee: Fabio Benjamin Cavagna, bar manager del 1930 (#35 nei 50 Best) ha tagliato il nastro con il primo seminario dell’edizione, al martedì, portando sul palco il legame piuttosto stretto tra viaggio e bar. Il day 2 ha visto invece la Florence Cocktail Week di Paola Mencarelli, forte del suo team storico, raccontare ogni aspetto di un format che negli anni si è andato affermando come tra i più apprezzati e visitati del panorama internazionale. Cristian Bugiada e Roberto Artusio de La Punta Expendio de Agave di Roma hanno fatto parte di un ricchissimo panel che ha discusso dei pregi e pericoli delle cosiddetti celebrity tequilas, le etichette lanciate da celebrità mondiale che rischiano di stressare oltremodo mercato e materia prima.

Anche a porte chiuse, la notte ateniese ha dimostrato di poter serenamente competere con le metropoli del mondo, concentrando una clamorosa densità di bar d’altissimo livello in ben pochi metri quadrati, nel quartiere di Monastiraki: dalla calca vibrante del The Clumsies alle atmosfere retro del Baba au Rum (quattrocento e più etichette di distillato di canna da zucchero in bottigliera), passando per la mezcaleria sotterranea del Barro Negro, il basso profilo elegante di Odori Vermuteria e la travolgente energia del sopracitato Line. Tanta roba, e per fortuna si ripete il prossimo anno.

+ info: www.athensbarshow.gr/

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