Il prezzo del caffè al banco, dopo aver sfondato la quota psicologica dell’euro, ora arriva a punte che toccano 1,30 euro. E dalle associazioni di categoria arriva l’allarme: non è escluso che possa crescere fino a 1,50 euro entro la fine dell’anno di fronte a nuove tensioni economiche. È quanto emerge da una nota di Adnkronos che ha interpellato al riguardo alcune associazioni settoriali.
Numerose le cause denunciate: dall’aumento delle bollette di oltre il 120% a quello delle materie prime che supera il 70%. Si teme inoltre che per l’anno prossimo, complice il maltempo, la produzione di grani di caffè possa scarseggiare, innescando una spirale di nuovi rialzi. “Tra le voci più rilevanti che abbiamo registrato che hanno pesato sull’aumento della tazzina – dice all’Adnkronos Luciano Sbraga, vicedirettore della Federazione italiana pubblici esercizi – c’è sicuramente il costo dell’energia elettrica dei locali. Quest’anno la bolletta energetica di un piccolo bar è passata da 5.500 euro a 12.000 euro all’anno: in generale gli aumenti si aggirano attorno al 120%”. Ma non solo: pesano anche il costo del lavoro e i canoni di locazione”.
Ma a incidere fortemente anche l’aumento del prezzo delle materie prime, cresciuto tra il 2021 e il 2022 del 72,4%. Tra la primavera e il novembre dello scorso anno, la qualità arabica, la più nota, è passata da 2.765 a 4.587 dollari a tonnellata. Attualmente siamo attorno ai 4.768 dollari con la tendenza ad aumentare. Furio Truzzi, presidente di Assoutenti, associazione no profit per la tutela e promozione dei diritti fondamentali dei consumatori, ritiene che alla base di questa impennata dei prezzi ci sia anche “la volontà da parte dei grossisti e dei torrefattori di recuperare le perdite economiche causate dalla pandemia, arrotondando per eccesso i prezzi“.
Oltre a questo, un ruolo importante è giocato anche dai drastici cambiamenti climatici degli ultimi anni. Il Brasile durante il 2021 è stato colpito da un’anomala ondata di maltempo, che ha portato le temperature a scendere sotto lo zero rovinando intere piantagioni di caffè. Calamità naturali che hanno messo il più grande produttore mondiale di arabica e non solo in grave difficoltà.
“Ormai è assodato un problema di clima, di raccolti, di agricoltura – sottolinea il presidente di Assoutenti – e secondo alcune ipotesi il climate change potrebbe provocare nel prossimo periodo un calo nella produzione del caffè arabica tra il 27 e il 45%“. Uno scenario in grado di innescare nuovi rialzi, con torrefattori e grossisti impossibilitati a fornire abbastanza caffè da soddisfare le richieste dei commercianti. E che la tazzina al banco possa crescere ancora lo conferma il suo rapporto con il carovita. Nonostante una situazione sul lato dei costi di materie prime ed energia preoccupante, l’aumento medio del prezzo del caffè nei bar che nel 2022 è tra il 5 e il 6%, viaggia comunque al di sotto della crescita dell’inflazione su base annua, che nel mese di luglio ha registrato +7,9%. “Non ci dobbiamo stupire – dice Luciano Sbraga – se il costo del caffè e di altre cose aumenta nei bar: ci dobbiamo stupire per il fatto che il suo aumento sia al di sotto della media generale dei prezzi“.
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