C’era una volta il caffè al banco. E c’è ancora, perché la caffetteria ha un peso notevole (32%) e senza non si può fare un bar. Ma certo negli ultimi vent’anni sono enormemente cresciuti i consumi di altri beni e servizi. A seconda del segmento di mercato nel quale il bar opera, è cresciuta l’offerta di pasti (nei cosiddetti lunch bar, ibrido tra caffetteria e ristorante) e di intrattenimento (e siamo agli evening bar che oltre all’aperitivo offrono magari anche musica o serate a tema).
Uno studio FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi – quantifica quanto pesano in media i vari segmenti nell’economia di un bar. Se caffetteria e lieviti sono saldi al 32%, il food, ad esempio, vale mediamente circa un quarto del fatturato. L’acqua con le bevande analcoliche conta per il 14,1% I giochi, la vendita di beni e di servizi poco meno del 10%. La birra da sola conta il 10%, il vino 5,8%, come gli altri alcolici. Con il 12% del fatturato complessivo, i prodotti di gelateria e pasticceria sono categorie importanti. Tra i circa 127mila pubblici esercizi censiti da FIPE sono oltre 18mila, un numero in crescita, i bar che puntano sulla formula mista bar-pasticceria, bar-gelateria o bar-pasticeria-gelateria. In questi pubblici esercizi quasi metà del fatturato si deve al comparto gelateria-pasticceria (37% dalla pasticceria, 10% dalla vendita di gelato). Ancora più favorevole il rapporto nei bar-gelateria, dove la somministrazione di prodotti di gelateria di produzione propria “vale” da sola per il 48% dei ricavi. È un modo insomma per caratterizzare l’offerta, e fare cassa. Questione non da poco conto. Se infatti i bar sono sempre stati caratterizzati da una grande dinamicità, dopo il 2009 le chiusure hanno superato le aperture. Nel 2012 ad esempio hanno chiuso oltre 11mila imprese, con un saldo pari a -2.707 unità.
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