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Mentre mi accingevo a scrivere il pezzo sulla degustazione di Go Wine che ha portato insieme a Milano lo scorso 22 febbraio Barolo, Barbaresco e Roero, mettendo insieme le tre iniziali è saltato fuori l’acronimo BarBaRo.

Allora mi è venuto in mente un passaggio sul vino dei Barbari di Alessandro Baricco di qualche tempo fa. In sintesi si diceva che se una cosa vende molto, allora vale poco. La teoria di Baricco del 2006 mise sotto la lente di ingrandimento anche il comparto del vino, con una sorta di j’accuse dello scrittore torinese con i cosidetti “barbari” del vino, in questo caso i consumatori di vino hollywoodiano. L’avvento di una forma (elegante) di barbarie, con conseguente calo della qualità e con un aumento della quantità. Da quando c’è in circolazione un vino semplice e spettacolare, ci sono in giro molte più persone che bevono vino. La teoria di Baricco la vogliamo riprendere ma solo per mettere in luce la barbaria che c’è stata sull’annata 2014. Un’annata che gode di pessima stampa, che è forse stata giudicata pessima prima di tutti i passaggi per crearlo il vino, dalla fermentazione, all’affinamento in botte e bottiglia. E su Barolo, Barbaresco e Roero, basta solamente una parola a mettere d’accordo tutti, sua maestà il Nebbiolo. Che di barbaro non ha proprio niente, se intendiamo le cosiddette mutazioni di cui parlava Baricco, oppure di vini piacioni, quei vini facili che amano tanto agli americani. Sono passati dodici anni da quel passaggio di Baricco sui Barbari ma sembra che siano molto di più. Nel comparto del vino siamo passati da vini omologati a una riscoperta degli autoctoni, che danno del tu al proprio territorio in un connubio davvero in simbiosi. Se si fossero fatti investire anche i produttori langaroli da questa omologazione, forse oggi non saremmo così ansiosi prima di partecipare a una degustazione di assaggi delle denominazioni di Barolo, Barbaesco e Roero che stanno scrivendo la storia enologica del nostro paese in anni dove i cambiamenti sono alla velocità della luce. Interessante i momenti di approfondimenti in cui il presidente di Go Wine Massimo Corrado ha voluto premiare due realtà che stanno portando avanti la divulgazione del mondo del vino. Sergio Bolzoni, vice-direttore di Tgcom24, ha parlato di internet, dei blog sino ad arrivare ai social. “Se non ci sei sul digitale non puoi essere grandangolo ai giovani– spiega il giornalista- Il digitale? Chi fa comunicazione ha guardato male l’avvento di questi mezzi, ma credo che siano indispensabili per parlare a un pubblico giovane, come stiamo cercando di fare da tempo su Avvinando, dando uno sguardo sul futuro”. Premiata anche la storica enoteca N’ombra De Vin, con due generazioni a confronto, chi lavora lì da nove anni e chi ha passato 45 anni dietro al bancone. Se prima la clientela era rappresentata da gente adulta, oggi è mescolata con età varie sempre più giovani e sempre più curiosi. Andiamo ora a dare uno sguardo agli assaggi interessanti fatti a GoWine.

Sergio Bolzoni, Massimo Corrado e le 2 generazioni dell’enoteca N’ombra De Vin

Negro Angelo & Figli

Giovanni Negro alcuni lo chiamano ancora il sindaco, perché in passato ha servito il proprio comune Monteu Roero, in qualità di primo cittadino. Esperienza amministrativa interessante, ma ora è tempo di guardare alla propria azienda, una realtà in continuo movimento che di recente ha acquisito una cantina per la vinificazione del Barolo a Serralunga d’Alba. In degustazione a Milano tre referenze, nel rispetto del titolo della kermesse. Annate 2014 per Roero Ciabot San Giorgio Riserva e per il Barnaresco Basarin. 2013 invece per il Barolo del Comune di Serralunga d’Alba. Botte grande per tutti, vini portati in magmum, sempre un plus.

www.negroangelo.it

 

Boglietti Enzo

Che cosa c’è di più matematico nel vino? La domanda sorge spontanea quando al banco di degustazione di Boglietti vediamo la figlia di Enzo, studentessa di matematica. Lei dice che una volta finita gli studi, andrà in cantina a dare una mano al papà e allo zio magari applicando la matematica ai processi. Sicuramente legato ai numeri il fatto che Bogletti ha portato in degustazione quattro annate, dallla 2014 sino alla 2006. La nostra attenzione va sul Barolo Case Nere 2006, uno dei cru vinificati, concentrato si struttura ma al tempo stesso di eleganza,un vino dodicenne che sta iniziano a esprimere in questa fase il suo carattere gentile e accogliente coma la famiglia Boglietti.

www.enzoboglietti.com

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Bussia Soprana

Quando ci sono degustazioni di questo tipo ci fiondiamo sempre a scovare le etichette più vecchie. Vince la partita questa giro il Barolo Mosconi millesimo ‘97, messo in bottiglia solamente cinque anni dopo la creazione della canatina del 1992 da un’idea di Silvano Casiraghi. All’epoca in piena era modernista, tiravano le barrique, oggi invece sono tornati alla tradizione con la botte grande. Etichetta che nasce dal cru Mosconi, proveniente dal versante che guarda a Serralunga, perfetto mantenimento stilistico con un naso ancora pienamente intenso e penetrante con svanito l’effetto del legno. Bocca tannino avvolgente ed elegante, bella persistenza ci passano davanti questi ventuno anni di attesa.

www.bussiasoprana.it

Cascina Alberta

Tris di Barbaresco Giacone, perché avevamo voglia di assaggiare un’evoluzione nel breve periodo. Siamo a Treiso, in uno dei comuni che sono un mondo dentro il mondo del Barbaresco, con precipitazioni sempre ridotte anche quando a pochi chilometri più in là è sceso il mondo. La cascina è storica, risale alla fine degli anni ‘20, acquistata nel 2011 dai fratelli Francesco e Luca Guermani. In atto un percorso di conversione al biologico dal 2016, che arriverà a completamento nel 2019, i vini che fanno un affinamento di 18 mesi prima di essere messi in commercio ci sono sembrati puliti e verticali, chiudendo gli occhi ci sembrava di scorgere la vista che si domina dall’agriturismo che è stato inaugurato di recente e che domine le colline e i vigneti dell’azienda.

www.calberta.it

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