Negli ultimi dieci anni, la categoria del beverage è stata condizionata e plasmata dai millennials, che hanno saputo anche interessarsi a realtà locali e artigianali. Gli anni venti del duemila promettono di essere invece territorio della cosiddetta Generazione Z, sempre più digitale, tanto da spingere anche le aziende a sposare in maniera quasi totale la filosofia dell’online.
SFIDE – Le nuove frontiere dell’alcool sono quanto mai complesse e interessanti. I brand competono per soddisfare i bisogni di consumatori progressivamente più attenti alla salute e alla consapevolezza del proprio benessere, e le innovazioni spingono per una sorta di corsa a chi propone meno calorie. Al Beverage Forum 2019 di Chicago, tenutosi due settimane fa, si sono riuniti i rappresentanti dei più importanti players del beverage mondiale, per discutere le sfide che i mondi del vino, della birra e dei distillati saranno chiamati a fronteggiare nella prossima decade. Come per gli anni duemiladieci, dal 2020 si prevede un ruolo da protagonista per le bevande artigianali, e una corposa presenza di giovani consumatori.
BIRRA DOWN – Nel 2018, vino e distillati sono state le realtà più consumate nel panorama del bere, mentre il volume di consumo della birra è diminuito del 1%. Secondo la Beverage Marketing Coroporation (BMC), il rallentamento è da imputare all’aumento delle proposte per la gamma di bevande funzionali e a basso contenuto calorico. Le principali firme di birra perdono terreno sul mercato, e i birrifici artigianali hanno problemi di assestamento. Sono invece in crescita, controtendenza, le birra d’alto profilo. Marcel Marcondes, responsabile operativo negli USA per AB-InBev, sostiene che la chiave per il succeso al giorno d’oggi sia la “completa comprensione di ciò che il consumatore desidera. Le realtà più importanti non possono pensare di farcela con appena un paio di referenze, serve avere un portfolio profondo e variegato”. Perché il bacino d’utenza non è mai stato così complesso.
DISTILLATI ON FIRE – Dal 2010, i distillati sono costantemente la categoria che risponde meglio al mercato, soprattutto se comparati con vino e birra. E il sostegno, seppur minimo al momento, pare arrivare dai ristoranti, che stanno spendendosi sempre di più per un consumo di distillati anche a tavola o nel dopo cena (secondo la BMC). A inizio decennio erano whiskey e vodka aromatizzata a farla da padroni, per quanto al momento stiano incontrando una fase di stallo. I sentori alternativi rimangono comunque uno dei motori principali delle richieste di mercato, e le distillerie si stanno spendendo per incontrare queste richieste con prodotti innovativi: sour cherry gin, whiskey al pepe e ibridi di vario genere stanno costruendosi una solida reputazione e incontrando il favore generale.
I NUMERI – Lo stesso vale per particolari soluzioni di invecchiamento e i conseguenti prodotti: rum affinati in botti di vermouth, whiskey in fusti di birra o barili di sciroppo d’acero. Thomas Murray, fondatore di MurLarkey Distilled Spirit, prevede un futuro esplosivo per i distillati artigianali, soprattutto data la sempre maggiore presenza di brand rinomati che stanno iniziando a proporre le loro creazioni. Infine i numeri: i millennial rappresentano il 32% dei consumatori di distillati negli USA, e i 44 miliardi di dollari di valore dell’intero mercato sono destinati ad aumentare del 6% entro la fine del 2022.
Fonte: beveragedaily.com