La birra ceca guarda al mercato italiano con nuovo interesse. E l’interesse è reciproco. Dopo ampie fluttuazioni nell’import dalla Repubblica Ceca registrate tra il 2005 e il 2009, il flusso sembra assestarsi su un trend di crescita più regolare e solido, basato sulla richiesta di grossisti e locali per un prodotto di nicchia, ma famoso nel mondo per la sua storia centenaria. «Il concetto di birra buona è nel mondo da sempre collegato con i Paesi Cechi», spiega l’ambasciatore della Repubblica Ceca in Italia, Petr Burianek, che cita le tre principali destinazioni del prodotto: mercato interno (ai cechi va il record di consumo di birra pro capite con 154 litri l’anno), visitatori e turisti che portano la fama della birra nel mondo, esportazioni trainate da giganti del settore. Il nuovo fermento, però, non viene dai colossi birrai, ma dai tanti piccoli e medi birrifici legati alla tradizione e alle materie prime di alta qualità per le quali la Repubblica Ceca è da sempre vocata. Igor Holub, membro fondatore dell’unione di birrifici e delle malterie ceche e proprietario di una importante malteria, spiega infatti che «la bontà della birra ceca sta nelle materie prime: malto, acqua, luppolo e lievito». Dall’orzo viene il malto, l’anima della birra, e l’estratto residuo del malto infonde il sapore pieno della autentica birra boema. Metà del malto ceco viene richiesto in altri Paesi e questo testimonia la sua unicità. Il luppolo di Saaz è un’altra eccellenza. Ingredienti e ricetta, frutto di secoli di tradizione birraia, hanno portato nel 2008 il Paese intero (non un singolo territorio o prodotto) al riconoscimento dell’Indicazione geografica protetta da parte dell’Unione Europea.
I protagonisti della produzione, birrifici e mastri birrai, stanno investendo molto nello sviluppo del settore e delle esportazioni, nel rispetto delle tradizioni. «La Repubblica Ceca ha seguito uno sviluppo diverso dagli altri paesi – racconta il mastro Michal Voldrich – perché per decenni non si è realmente innovato, ma semplicemente rinnovato gli impianti senza intaccare il processo produttivo dettato dalla tradizione. Oggi invece possiamo affinare la tecnologia dei nostri birrifici offrendo la birra artigianale anche ai mercati esteri». Gli fa eco Hana Majtanova, responsabile export di una importante società che riunisce otto birrifici in Boemia, che aggiunge: «Stiamo investendo e investiremo molto in tecnologia, perché siamo sicuri che assieme alla birra artigianale diffondiamo la nostra cultura e le nostre tradizioni». Il mercato italiano è tra i principali destinatari della birra ceca, evidenziano i dati a disposizione di Milan Tous, responsabile dell’ufficio economico dell’ambasciata ceca a Roma. Anche se Spagna, Polonia e Francia hanno importato sempre più birra ceca negli ultimi anni, la risposta del consumatore italiano sembra essere già arrivata. Lo lascia intendere il successo della sfida lanciata dal 2009 da un giovane imprenditore italiano, Mirko Raguso, il quale dopo aver visitato e studiato circa 50 birrifici cechi ne ha selezionati alcuni di particolarmente adatti e pronti ad affacciarsi con più decisione sulla Penisola. «Ho trovato mastri birrai e impianti che garantiscono birra tradizionale con quantità e stabilità, condizioni necessarie per soddisfare a pieno le richieste dell’italiano amante della birra ceca – afferma Raguso – un prodotto di nicchia, ma forte di denominazioni come Pils, di malto e luppolo speciali, e di un metodo di produzione che assicura un prodotto di alta qualità». Con Interpivo, la sua società, Raguso ha messo in piedi una piattaforma logistica all’avanguardia, capace di fornire in ogni angolo d’Italia la birra ceca fresca, nel pieno della proprio gusto. Così il consumatore italiano può gustarla come a Praga.