Una buona birra va servita con la giusta schiuma, questo ormai lo sappiamo tutti… o quasi. Ma quali sono i motivi per cui questa componente è così importante? Birra per Passione, la rubrica di approfondimento di Interbrau, prova a riassumerli.
I dati relativi al panorama italiano della birra si confermano in crescita per numero di birrifici, consumi pro capite e consapevolezza del consumatore e degli addetti ai lavori. Eppure, e non di rado, ci imbattiamo ancora in birre spillate con pochissima schiuma, quando non ne sono addirittura completamente prive. Un servizio che, purtroppo, non esalta le caratteristiche della bevanda.
La schiuma è, in realtà, parte integrante e componente fondamentale di una birra ben spillata, che sia dal fusto o dalla bottiglia, perché ne valorizza l’aroma e ne protegge il sapore.
In primis, se anche l’occhio vuole la sua parte, ha anche un valore estetico: un bel cappello di schiuma densa e compatta, che trabocca quasi dal boccale, non può che rendere più invitante “tuffarsi” nella degustazione. L’analisi visiva permette anche di raccogliere le prime informazioni sullo stato di salute della birra che ci viene servita: la schiuma deve essere presente nella giusta quantità, che varia a seconda dello stile: un centimetro è sufficiente per Bitter e Stout, mentre è bene creare un cappello di circa quattro centimetri su una Weizen. Ma deve anche garantire una certa “persistenza”, cioè rimanere nel bicchiere a lungo, possibilmente per tutta la durata della degustazione, a meno che non ci troviamo di fronte ad una birra molto alcolica come un Barley Wine. Dovrebbe inoltre essere formata da bollicine di dimensione uniforme e non troppo grandi: in caso contrario le bolle, rompendosi, causerebbero una rapida diminuzione della schiuma.
Anche forma e pulizia del bicchiere influiranno sull’adeguata formazione e persistenza della schiuma. I bicchieri devono essere totalmente sgrassati per far sì che possa aderire alle loro pareti, lasciando dei segni bianchi a livello di ogni sorsata, definiti “merletti di Bruxelles”.
Detto delle caratteristiche che deve avere la schiuma, perché è così importante a livello organolettico?
In primis per la propria composizione: la schiuma è formata da bollicine di anidride carbonica, originariamente disciolte nel liquido, che risalgono verso la superficie trascinando proteine del malto e iso-alfa-acidi del luppolo, componenti che ne favoriscono la formazione e la stabilità. Ne consegue che la schiuma è ricchissima di sostanze aromatiche, gli iso-alfa-acidi appunto, e che senza di essa la birra avrebbe un profumo meno pronunciato. Basta provare ad assaggiarla da sola per rendersi conto di quanto la schiuma sia “luppolata”…
Ovviamente se riempiamo il bicchiere senza permettere la formazione di schiuma, tutte queste bollicine di anidride carbonica resteranno intrappolate nella birra finendo inevitabilmente all’interno del nostro stomaco, lasciandoci con un fastidioso senso di gonfiore e… un pessimo risultato al momento della “prova costume”.
Infine, ultimo ma non certo per importanza, un compito importante della schiuma è quello di “proteggere” la birra dal suo più acerrimo nemico: l’ossigeno. L’ossidazione è un processo molto veloce e già dopo pochi minuti può causare tutta una serie di piccoli difetti che vanno ad inficiare il lavoro certosino del mastro birraio, facendo perdere alla birra buona parte delle sue caratteristiche aromatiche.
Questa breve panoramica ci fa capire come ogni fase del processo di produzione, stoccaggio, trasporto e servizio della birra abbiano uguale impatto sul risultato finale: bastano un bicchiere non sgrassato o una mescita non appropriata per rovinare irreparabilmente l’esperienza della degustazione. Un fattore determinante per lo sviluppo della cultura birraria in Italia, di cui saranno sicuri protagonisti i “publican” più appassionati e competenti.
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