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Birra una eccellenza italiana nel mondo: focus sui quattro mercati chiave


Intervento pubblicato sul Report Assobira 2019 a cura di Brunella Saccone, Funzionario Senior ICE. Negli ultimi anni le produzioni nazionali sono stabilmente cresciute in paesi a forte tradizione birraria. Nel nuovo scenario post covid-19 l’ICE individua quattro mercati chiave per la tenuta delle esportazioni e conferma il suo pluriennale impegno, accanto ad Assobirra, a sostegno del comparto

I numeri della birra in Italia sono ormai stabilmente in crescita e ci raccontano sempre più di un Paese che non si limita solo a sperimentare nuovi gusti e tendenze, ma dello sviluppo di un comparto dinamico, con grande attenzione alla sostenibilità, alla formazione, all’inclusione femminile e con un occhio sempre più attento ai mercati internazionali: anno su anno crescono produzione e vendite della birra, secondo un trend che ha avuto il suo fenomeno più rilevante nell’arrivo, ormai un decennio fa, delle birre artigianali, realizzate da microbirrifici a forte radicamento locale.

Un vero e proprio cambiamento d’immagine e di considerazione nei confronti del prodotto, che ha spinto gli italiani a confrontarsi con una produzione variegata, con un’immagine distintiva e di rottura e ha modificato anche l’offerta dei birrifici tradizionali per andare incontro alle esigenze di un consumatore sempre più curioso e attento a malti, luppoli, gradi Plato, stili. In un certo senso si è andato producendo uno scambio virtuoso tra le due anime della birra, l’artigianale e l’industriale, creando sinergie e contaminazioni e la voglia di confrontarsi insieme sui mercati esteri.

 

 

Anche il supporto istituzionale al comparto ha seguito di pari passo l’evoluzione: è dal 2015, infatti, che la promozione del settore brassicolo è diventata una componente fissa del Piano Straordinario per il Made in Italy, gestito dall’Agenzia ICE sui mercati internazionali, per costruire in piena consapevolezza azioni di promozione efficace. Ricordiamo brevemente le azioni condotte – in sinergia e condivisione con AssoBirra – per la diffusione all’estero del patrimonio birrario italiano. Fin dall’edizione 2015 di Foodex, il principale appuntamento fieristico dell’agroalimentare

in Giappone, la birra italiana è stata presente con un’ampia azione tesa a diffonderne la cultura e la peculiarità, grazie ad azioni seminariali, di didattica e degustazione, all’interno del salone. Dallo stesso anno sono state poi predisposte e realizzate annualmente azioni di incoming di delegazioni estere ai principali appuntamenti fieristici e alle kermesse nazionali: Cibus, Vinitaly Sol&Agrifood, Birròforum e Beer Attraction. I numeri dei partecipanti – buyer e giornalisti di settore – sono cresciuti di anno in anno, come pure la diversificazione dei mercati di provenienza: Cina, Canada, Stati Uniti, Hong Kong, Belgio, Francia, Germania, Olanda, Ungheria, Austria, Repubbliche Baltiche, Paesi Scandinavi, Paesi dell’area CSI, Israele, Libano, Polonia, Serbia, Montenegro, confermando la crescita della reputazione della birra italiana nel mondo non come fenomeno sporadico e casuale, ma come trend dalla curva di crescita esponenziale.

Ciascun evento è stato sistematicamente accompagnato da sessioni formative anche a beneficio delle aziende italiane, con focus sui mercati esteri considerati maggiormente attrattivi per le produzioni italiane. Il rapporto tra l’Agenzia ICE e AssoBirra nel corso degli anni si è rafforzato anche grazie a forme di collaborazione puntuale per l’assistenza individuale ad aziende associate in cerca di partenariati e collaborazioni all’estero, nonché nel supporto fornito dall’Agenzia per l’aggiornamento annuale dei dati relativi ai consumi esteri e alle regolamentazioni all’importazione imposte da ciascun Paese. Quanto realizzato ad oggi ci fornisce l’ottimismo e lo strumento necessario ad affrontare insieme la sfida di uno scenario in rapida evoluzione, caratterizzato dall’emergere di nuove difficoltà, quali quelle dettate dalla crisi dell’emergenza sanitaria relativa al Covid 19 e necessità di rapide risposte che si avvalgano anche delle nuove modalità distributive.

Roberto Luongo, Direttore Generale dell’Agenzia ICE, conferma la vicinanza delle Istituzioni al fianco del sistema produttivo brassicolo italiano: a partire dalle prime ore dell’emergenza, l’ICE-Agenzia insieme al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale ha approvato un significativo piano di sostegno per le aziende esportatrici, offrendo la gratuità di una postazione espositiva per tutte le azioni fieristiche e autonome che si svolgeranno dalla ripresa e fino al marzo 2021, una rimodulazione dell’offerta dei servizi alle aziende, offerti in gratuità alle aziende con meno di cento dipendenti e il supporto alle azioni di marketing digitale per le aziende presenti sulle principali piattaforme di vendita internazionale. È infine allo studio un progetto per la realizzazione di Fiere Virtuali, che consentano di mantenere attivi i rapporti con le proprie catene distributive e finalizzare nuove opportunità di mercato.

 

 

I dati, peraltro, giocano a favore dell’ottimismo: l’incremento dei consumi, nazionali e internazionali, registrato nel biennio 2018 e 2019, ci racconta inoltre di una crescita che va a favore dei consumi off trade e che ci permette di ipotizzare una sostanziale tenuta di questi numeri anche grazie alle forme logistiche offerte dall’e-commerce, che ben sposano la tendenza del consumo domestico. È importante inoltre mantenere uno sguardo costante sull’evoluzione degli scenari internazionali per coglierne le variazioni e agire tempestivamente. Le sedi territoriali dell’Agenzia ICE producono studi aggiornati sui dati di produzione e consumo locale, nonché i numeri delle importazioni dall’Italia e definiscono quattro mercati di interesse prioritario: Giappone, Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Di seguito quattro sintetici spunti di riflessione per guardare al futuro.

GIAPPONE

Le importazioni di birre nel 2019 sono giunte al valore di 7.196 mln yen, con una variazione del +17.9% rispetto al 2018 e una quantità di 43.888 kl. L’Italia si posiziona al nono posto, con 173 mln yen e un +13,1% rispetto al 2018. Il volume totale delle importazioni italiane di birra artigianale, da gennaio ad agosto 2019 ha segnato un aumento del 4,0% su base annua, confermando il persistere del boom delle birre artigianali

STATI UNITI

Dagli USA ci giungono informazioni di orientamento per le aziende esportatrici, attraverso l’elaborazione di tre liste che rappresentano i primi 15 stati in termini di produzione, consumo e tassazione e che possono costituire una base di partenza per la redazione di un business plan che tenga conto di vincoli e opportunità.

FRANCIA

La Francia, dal canto suo, ci presenta una realtà molto simile all’Italia, con una produzione estremamente frammentata e il proliferare di microbirrerie. Seguendo un modello di valorizzazione e promozione analogo a quanto sperimentato con successo per il vino, i cugini d’oltralpe hanno intrapreso un’azione fortemente integrata con la conoscenza del territorio, promuovendo un turismo brassicolo e rilanciando zone di produzione insieme alla filiera. Con lo sviluppo dei birrifici agricoli e dell’autoproduzione delle materie prime, anche l’Italia potrebbe sviluppare un progetto analogo per rilanciare contemporaneamente prodotto, territorio e filiera e rendere la birra un volano di crescita per l’intero comparto agricolo e agroindustriale.

 


 

REGNO UNITO

Dal Regno Unito, infine, ci arrivano input relativi alle tendenze future e alle tipologie di prodotto maggiormente gradite. Durante il periodo di previsioni preso in considerazione, 2017-2021, i consumatori tenderanno a preferire la qualità alla quantità, guidati soprattutto dalle scelte salutistiche e dagli aspetti finanziari. In linea con la duratura tendenza verso le birre artigianali, ci sarà una crescente preferenza verso i prodotti locali e i piccoli marchi con un retaggio tracciabile, mentre nel settore tradizionale, le lager premium supereranno le varianti a basso costo, anche nelle versioni aromatizzate. Si confermano, nel gusto del Gran Bretagna, stili tradizionali (Bitter, Stout, Indian Pale Ale, Brown Ale, Irish Red Ale, Porter, Barley Wine), con una speciale predilezione per le cask beer e più in generale per i prodotti a carbonatazione naturale. Sono previsti inoltre tassi di crescita annui del 5% per le birre analcoliche o a bassissima gradazione, che riflettono l’attenzione dei consumatori britannici per la salute e il benessere. Anche la struttura dei consumi, che nel Regno Unito è principalmente on trade potrebbe essere rovesciata dalle nuove disposizioni di distanziamento sociale, beneficiando anche del conseguente contenimento dei prezzi.

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