In un mercato come quello italiano, caratterizzato negli ultimi due anni da segnali negativi, sia sul piano produttivo che su quello dei consumi, spicca tuttavia un dato in controtendenza: quello della crescita impetuosa dell’export di birre italiane all’estero. L’analisi dei dati Assobirra evidenzia che nel 2007 le esportazioni di birre italiane per la prima volta hanno superato il milione di ettolitri. Il 2008 è stato un anno magico con un incremento del 41% rispetto all’anno precedente, con un export balzato a oltre 1 milione e mezzo di ettolitri. Ma anche nel 2009, pur in uno scenario depressivo dei mercati, le esportazioni italiane sono cresciute ulteriormente, portandosi a 1.743.000 hl (+16% rispetto al 2008).
Al contrario di altri paesi europei, considerati a torto o a ragione come dei veri e propri paradisi birrari, l’Italia non ha mai goduto storicamente di una particolare fama sul piano birraio. In fondo l’Italia è stata sempre vissuta come la patria del vino (Enotria) ma come una vera cenerentola sul piano birraio. In effetti le nostre esportazioni hanno oscillato fino a alla fine del secolo scorso intorno ai 400.000 hl, appena il 3-4% del totale produzione. Quindi in poco più di un decennio le esportazioni italiane si sono quadruplicate sia in valore assoluto che in termini di incidenza sulla produzione totale. In termini di esportazione i principali mercati esteri di sbocco per la birra italiana sono il Regno Unito e la vicina Albania, mentre fuori dell’Europa i livelli più alti di export riguardano gli Stati Uniti, l’Australia e il Sud Africa.
Come si spiega questo boom? Di sicuro c’è stato un certo miglioramento nella qualità birraia delle nostra produzione, che ha consentito ad alcune nostre marche nazionali (soprattutto Peroni, Birra Moretti, Menabrea e Forst) di ottenere importanti riconoscimenti in diversi paesi esteri, con numerosi premi e medaglie conquistate in diversi concorsi e manifestazioni internazionali. Ma è cresciuta contestualmente la consapevolezza da parte dei nostri produttori che esiste una forte domanda internazionale del “made in Italy”, nell’ambito del quale possono bene inserirsi anche le nostre birre. E’ cresciuto allora l’impegno dei birrai italiani nel sostenere con maggiore incisività e continuità lo sviluppo commerciale e distributivo delle proprie marche di birra sui mercati esteri.
L’apice si è raggiunto con Nastro Azzurro che il gruppo SABMiller (la multinazionale che controlla la Peroni) ha deciso di eleggere come una delle marche internazionali del gruppo (alla stesso livello di storici marchi internazionali come Pilsner Urquel e Miller) , lanciandola, con successo, in diversi mercati esteri di grande valore strategico (UK, USA, Russia, Australia, Giappone, Sud Africa, Colombia, ecc. ). Non meno eclatante è la conquista dello scenario internazionale anche da parte di alcuni microbirrifici artigianali che, pur, incidendo poco sul volume complessivo delle esportazioni, stanno dando un significativo contributo alla crescita dell’immagine qualitativa della produzione birraria italiana all’estero.
+info: Report Annuale Assobirra – www.assobirra.it