C’è stata in questi ultimi anni una rivalutazione salutistica del caffè in virtù del suo contenuto di caffeina, vissuta oggi non più come un pericolo bensì come un valido coadiuvante della nostra salute e del nostro benessere, nell’ambito di un consumo normale e non eccessivo. Più in ombra erano rimasti altri aspetti del caffè, in particolare quelli relativi al contenuto di antiossidanti, che cominciano ora ad emergere con grande evidenza in tutta la letteratura scientifica
In un recente incontro la Nutrition Foundation of Italy (Nfi) – Centro studi dell’alimentazione – ha presentato un’ampia rassegna di studi scientifici sul caffè . “Parlando di caffè si pensa alla caffeina – spiega Francesco Visioli Direttore di NFI – ma la sua componente più abbondante sono i polifenoli, e in particolare gli acidi clorogenici, presenti esclusivamente in questa bevanda”. Così “proprio dal caffè, consumato da milioni di persone in tutto il mondo – dice Andrea Poli direttore scientifico della NFI – riparte la scommessa della medicina sulle virtù degli antiossidanti assunti con la dieta, dopo il fallimento dei trial clinici che hanno indagato i possibili effetti delle vitamine E e C, di beta-carotene e selenio”
“Si parla tanto delle doti antiossidanti di frutta e verdura, vino, soia e tè verde – continua Visioli – Ma non si sa che il caffè è la prima fonte di antiossidanti, per livelli di consumo e per concentrazione di polifenoli”. Secondo gli esperti, nei chicchi passati al vaglio prima della torrefazione, sono presenti 45 acidi clorogenici diversi. Si stima in particolare che 100 millilitri di caffè contengano circa 250 milligrammi di acidi clorogenici. Sostanze che, assorbite a livello di stomaco e intestino, entrano in circolo nel sangue ed esercitano la propria attività benefica sugli organi a diversi livelli.
La quantità di acidi clorigenici dipende dalla quantità di caffé usata e dalla modalità di preparazione. Nella tazzina all’italiana (moka o espresso) la quantità varia da 150 a 300 mg di acidi clorogenici per ogni 100 millilitri, nel caffé all’americana ce n’è di più. Le quantità cambiano anche con la varietà: la robusta ne contiene di più dell’arabica, in ogni caso la tostatura ne abbatte una quantità (come accade anche per il cacao), mentre non ci sono grandi differenze tra il decaffeinato e non.
+ info: www.dica33.it/argomenti/nutrizione/dieta_salute/dieta32.asp
Il nuovo annuario, in corso di stampa, riporta uno speciale su caffè e salute
curato dal Nutrition Foundation of Italy (Nfi)
con una preziosa rassegna studi e ricerche 2006-07
www.beverfood.com
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