Sebbene non sia necessariamente la prima idea che balena in mente, quando si pensa agli ingredienti per un cocktail, il caffè mantiene una posizione di tutto riguardo nella storia e nella struttura della miscelazione. Se non altro perché presente in almeno due delle ricette più famose di sempre, pur in forme diverse: è caffè filtro nell’Irish Coffee, il leggendario rimedio che Joe Sheridan propose a un gruppo di turisti in attesa in un aeroporto irlandese, appunto. Oppure espresso (va da sé) nell’Espresso Martini, fenomeno anni ’80 che parrebbe essere nato nella Swinging London dalla mente di Dick Bradsell. Ebbene, oltre a questo c’è molto di più.
Il caffè è infatti uno dei protagonisti storici della cultura del bere Tiki, la corrente di miscelazione esotica resa globale dall’intuito pirata e incredibile di geni come Don The Beachcomber e Trader Vic, a cavallo tra gli anni Trenta e Cinquanta. Moltissimi dei cocktail che seguono i metodi tropicali e polinesiani hanno infatti il caffè come elemento portante: i vari Grog e Flip (che spesso avevano anche un uovo intero miscelato all’interno, zabaione d’oltre oceano) devono anche a questo la loro fama e la loro corposità.
Ma a prescindere dall’origine o dalla storia delle miscele, che come spesso accade nell’universo bar sono volentieri avvolte da mistero, l’utilizzo del caffè in miscelazione può trovare resistenze non indifferenti al palato del consumatore: intanto perché molti liquori al caffè (presenti in ricette celebri come il Black Russian) sono addolciti con importanti porzioni di zucchero, e quindi di calorie. Poi, va da sé, per il contenuto di caffeina, che di certa gioca un ruolo non da ridere nella scelta di questo o quel drink, soprattutto a notte inoltrata.
Una soluzione c’è, e la si può trovare sul Naviglio di Milano: i team del Rita&Cocktail e del Rita’s Tiki Room, creature di Edoardo Nono e Chiara Buzzi, hanno infatti stretto una partnership con lo studio di consulenza Acqua e Polveri, per lanciare la seconda edizione del Tiki Coffe Festival, che vedrà la propria conclusione questa sera. Obiettivo, portare il caffè di qualità al bancone, e impiegarlo in modo sagace nella miscelazione contemporanea. Le due miscele create appositamente per i due indirizzi (Papua Nuova Guinea per cold brew al Tiki Room, mentre per il Rita un “Barista Blend” per cold brew) sono infatti impiegate da Andrea Arcaini e Alessandro D’Alessio, che guidano le squadre, in quantità controllate e soprattutto nelle preparazioni di ingredienti funzionali.
Non più quindi dosi di caffè vere e proprie, ma ingredienti aromatizzati al caffè, che contribuiscano al cocktail finale con i sentori tipici delle tostature, senza però impattare la bevuta, né per caffeina, né per acidità. Nell’Audrey, disponibile nel menu ad hoc del Rita, è presente un cold brew, che dimostra, per citare Arcaini, “tutto quello non ci si aspetterebbe dal caffè”: la ricetta prevede note di origano, Mediterraneo e balsamico. Nel Uacciu Wari Wari del Tiki Room si trova invece uno sciroppo al caffè: la tecnica di estrazione V60 , caffè filtro tradizionale, viene impiegata per ottenere un liquido che a caldo realizza una soluzione con un mix di zucchero bianco e zucchero moscovado. Questo viene utilizzato per un twist sul Banana Daiquiri, con Abuelo 12 (corposo, con note di cioccolato), lime, fava tonka e appunto banana, passati al frullatore.
Il Tiki Coffee Festival, organizzato con il sostegno di Onesti Group, Aqua e Polveri, Drink 124, Maiot,Birrificio Agricolo, ha visto alternarsi guest e masterclass incentrate sul tema del caffè in miscelazione, proponendosi come momento fondamentale per la divulgazione dell’evoluzione del consumo di caffè, ancora forse troppo legato alla dimensione quasi medicinale tipica dell’espresso italiano, da prendere in piedi al banco di un bar diurno. E si spera, potrà essere solo l’inizio.