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Volevano semplicità, e come spesso accade per averla hanno dovuto faticare oltre l’immaginabile. Ma alla fine è arrivata, nel formato più amato e familiare di tutti. Parola di Kara Cohen e Ilana Kruger, le trentenni creatrici di DripKit, che Imbibe Magazine ha segnalato tra le “persone da tenere d’occhio” nel 2019. “Abbiamo analizzato tantissime opzioni per creare un prodotto, quando in realtà l’unico requisito che stavamo cercando era quello della semplicità”. Per cosa? Una tazza di caffè (ottimo caffè) portatile e per lo più “autonomo”.
A PORTATA DI… BORSA – E quando parlano di “tantissime opzioni”, lo intendono davvero. Sono stati più di 500 i prototipi considerati nella loro ricerca verso l’esempio perfetto di caffè to go. L’idea era balenata a entrambe dopo aver lasciato l’agenzia pubblicitaria presso la quale lavoravano, per dedicarsi in proprio a consulenze per start-up e creazione di brand e contenuti. “Non ero capace di trovare del buon caffè negli uffici dove lavoravo, e Ilana era sempre in giro in Europa e Israele e non riusciva ad averne negli Air BnB dove alloggiava”, racconta Cohen. L’unica soluzione, quindi, era rendere portatile un buon caffè. Le ragazze si sono trovate nella posizione ideale per creare un proprio prodotto, grazie al background comune di branding, produzione di contenuti, analisi di mercato. Il punto di partenza è stato la Drip Bag, un concetto simile alla loro visione già presente sul mercato asiatico; serviva adattarlo alle richieste americane.
ALTRI TEMPI – “Abbiamo avviato dei test con un centinaio di persone campione, e tutte si sono dimostrate entusiaste all’idea di avere un caffè di qualità sempre a disposizione, ovunque si vada”, spiega Kruger. La vera esperienza di consumo, però, era abbastanza fallace. Le porzioni erano troppo piccole, il tempo di filtraggio troppo lungo e i sedimenti quasi impossibili da eliminare: “Volevamo fosse come a casa, riconoscibile, familiare, e soprattutto non volevamo eccedere nell’estrazione del caffè”. L’obiettivo, tra l’altro, era una nuova tipologia di consumatore. Non più una specifica persona, quanto uno specifico stile di vita: “Qualcuno che apprezzasse il caffè, ma magari non avesse la routine tradizionale di una colazione standard. In passato ci si preparava una tazza al mattino e poi si andava in ufficio, ma adesso i ritmi sono diversi. Il nostro target era esattamente il soggetto che non si godeva un buon caffè, prima di andare a lavoro”.
DESTRA/SINISTRA – Sei mesi e centinaia di prototipi per completare il processo di sviluppo, inclusa una consulenza con il fratello di Cohen, studente specializzato in packaging al Politecnico della California, e l’assunzione di designer industriali. Poi l’illuminazione: non riuscivano a capire come mai chiunque aprisse l’involucro finisse con il far cadere la polvere di caffè in qualche modo. Finché Cohen e Kruger, entrambe mancine, si sono accorte di come i destri aprissero correttamente dal loro lato. “È stato il momento in cui abbiamo pensato che forse davvero avevamo risolto ogni problema”. Infine, una partnership con lo studio di design industriale Prime Studio, di New York, che ha contribuito alla creazione di quello che in definitiva è diventato DripKit: una piramide di cartone che da piatta diventa tridimensionale, per contenere un filtro di caffè pre-porzionato e tenerlo sospeso su qualsiasi tazza.
ORIZZONTE BIO – Ultimo step, nemmeno troppo insignificante: il caffè. Il desiderio era quello di utilizzare solo chicchi mono-origine, per cui le ragazze si sono rivolte a Gabe Boscana di Màquina Doffee (già segnalato da Imbibe nel 2018): “Cerchiamo di proporre un caffè che sia dolce, succulento, saporito, delicato, ma che non necessiti di un esperto per poter essere apprezzato. Gabe è insuperabile, e sa bene che noi siamo entusiaste all’idea di collaborare con realtà rurali come fattorie e cooperative che sostengono le loro comunità”. DripKit è sul mercato da meno di un anno, ma ha già raccolto consensi importanti e ottenuto visibilità di prim’ordine, su tutte la chiamata di Oprah. L’obiettivo all’orizzonte è quello della completa biodegradabilità, che in principio si era rivelata proibitiva in termini di costi, ma adesso sembra ottenibile nei prossimi tre anni. “Siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per comprendere il nostro consumatore e continuare a evolverci. L’obiettivo finale comunque non cambia: il caffè di qualità deve essere accessibile a tutti, sempre”.
Fonte: imbibemagazine
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