Altro capitolo, altra novità, anche se questa volta si torna in qualche modo a casa. Il Camparino in Galleria, epicentro dell’aperitivo milanese da oltre un secolo, continua ad aggiungere tasselli alla sua proposta, e riaccende i motori anche in cucina.
Il nuovo chef (che poi proprio nuovo non è) è Paolo Rollini: piemontese d’origine, alle soglie dei quarant’anni, prosegue un percorso iniziato qui già nel 2018. E lo fa raccogliendo l’eredità di Davide Oldani, che aveva rispolverato l’attività culinaria del Camparino in Galleria alla riapertura dopo il restyiling, nel 2019. Come già accade per il programma di miscelazione, l’espressione d’ordine è quindi “fatto in casa”.
L’attività al bar, guidata da Tommaso Cecca con il suo braccio destro Mattia Capezzuoli, è già decisamente improntata al lavoro homemade, con enorme attenzione alle preparazioni e alle lavorazioni a tutto tondo, dagli ingredienti al ghiaccio. Risultato, nella scorsa classifica dei 50 Best, il Camparino in Galleria si è piazzato al ventisettesimo posto, come new entry da tenere d’occhio per il futuro, e il programma di ospiti e masterclass coltivato negli ultimi mesi dimostra ampiamente l’intenzione di far ancora meglio (sono già passati al banco della Sala Spiritello Giorgio Bargiani e Agostino Perrone, dal bar numero uno del mondo, il Connaught di Londra, e Alex Frezza, da L’Antiquario di Napoli, numero 86).
Rollini è quindi da pochi mesi il nuovo condottiero della cucina del Camparino in Galleria, nella quale si propone di rivisitare l’offerta gastronomica, spingendo per soluzioni che parlino di lavoro artigianale, al tempo stesso classiche e fresche, e soprattutto continuino a coltivare la filosofia del food pairing con i cocktail: “Una sfida intrigante, perché è interessante cercare di soddisfare gli ospiti che cercano qualcosa di nuovo, ci aiuta a fare sempre di più e sempre meglio”. Al Bar di Passo, il piano terra che ha letteralmente fatto la storia dell’aperitivo in città, si punta allora sull’intramontabile Club Sandwich, e sull’Hamburger di Fassona, tocco dedicato alle origini dello chef, impreziosito da un pane alla barbabietola, ovviamente fatto in casa.
In Sala Spiritello si punta invece su un discorso più profondo e sofisticato: un percorso di degustazione vero e proprio, snello e composto di soli tre piatti. Una scelta essenziale, dettata appunto dalla volontà di esaltare gusti chiari, semplici, lavorati direttamente dallo chef e di permettere un’esperienza di abbinamento con la miscelazione. Si apre con un Maccheroncino ripieno ai crostacei, foiolo e crema di fagioli rossi, ingresso amabile e colorato, passando per il Manzo e Vitello crudo e cotto, celebrazione di materia prima freschissima e gradevole contrasto di consistenze. Infine, il Babà rum, agrumi e gelato alla crema. A ciascuna portata può essere accostata una delle miscele del Camparino in Galleria, fuse tra passato e futuro: dagli immortali Campari Selz, Americano, Negroni, fino alle presenza della lista della Spiritello, con il Paesaggio quasi Tipografico, il Compadre e il Come un Boulevardier.