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Perché a Milano? “Perché c’è tutto, mancava solo una cantina in città”. Questa in estrema sintesi la genesi della nascita di Cantina Urbana all’ombra della Madonnina. Questa sera sarà festa grande per celebrare i quattro anni del progetto che da poche settimane ha inaugurato anche la sua terza Rivendita milanese in via Spaventa 1, nel quartiere di Na.Pa sul Naviglio Pavese, proprio là dove tutto è cominciato. Alla vigilia di questo appuntamento siamo andati a trovare Michele Rimpici, Ceo e Founder di Cantina Urbana, veronese classe ’79 con alle spalle un percorso importante nel settore del vino dopo una laurea di filosofia in tasca.
Il bilancio di questi primi quattro anni?
Siamo stati i primi in Italia a fare vino in città, il nostro è un progetto di vendita diretta e somministrazione vino a filiera cortissima. I due anni di pandemia sono stati molto duri, ma abbiamo resistito con tutte le nostre forze e oggi festeggiamo il nostro quarto compleanno.
Com’è cambiato il modello Cantina Urbana rispetto all’inizio?
L’idea di fondo rimane quella originaria, ma è chiaro che con tutto quello che successo abbiamo ritarato un po’ il nostro modello, che rimane un unicum nel panorama vitivinicolo italiano e forse mondiale. Produciamo il vino in città selezionando solo le migliori uve italiane con un processo accurato di ricerca e networking. Lo serviamo nelle nostre Rivendite di quartiere a filiera cortissima, per mantenere il prodotto artigianale, con basso livello di solfiti e con il minimo intervento enologico. Produzione, esperienza e vendita, tutto nel raggio di 10km.
La vostra filosofia?
Non ci siamo inventati nulla, ci siamo ispirati al fenomeno delle urban winery e abbiamo modificato l’approccio al mondo del vino in chiave urbana e contemporanea. Il vino si fa e si farà sempre nello stesso modo, ma abbiamo dimostrato che il legame con la vigna può essere anche diverso rispetto al paradigma del classico vigneron e della cantina storica sul territorio, anche perché oggi per iniziare a ottenere dei risultati in questo settore serve tanto tempo, dieci se non addirittura venti anni.
I numeri registrati?
Ci apprestiamo a chiudere l’anno 2022 con una vendita di circa 50.000 bottiglie e oltre 900 visite in cantina. Il nostro canale principale rimane la vendita diretta e la somministrazione attraverso i propri punti vendita oltre agli eventi nella Winery e alla distribuzione B2B che si aggira intorno al 25% del giro d’affari.
Come stanno andando le Rivendite di quartiere?
Direi bene, abbiamo aperto la terza Rivendita di Cantina Urbana vicino alla nostra sede in via Ascanio Sforza, crediamo nello sviluppo del quartiere Na.Pa insieme ad altri amici e professionisti della ristorazione. Gli altri due punti in città invece sono a Porta Romana e in De Angeli, due zone centrali che abbracciano una clientela ampia e diversificata.
Il target dei vostri locali?
Molto trasversale, l’identikit classico è una fascia dai 30-40 anni, prevalentemente donne. Stanno ritornando in voga gli eventi aziendali e i team building, come i compleanni e le feste di laurea, tutte attività che non abbiamo potuto fare quando c’erano le restrizioni della pandemia.
Attirate anche il pubblico appassionati di vini naturali?
Sicuramente la nostra è una filiera corta, quindi siamo artigianali veri magari anche quanto e più di una cantina tradizionale. La fetta di amanti di vino naturale è un mercato che guardiamo con interesse, anche se non ci piacciono gli integralismi nel mondo del vino.
Il successo di Cantina Urbana?
Credo che la formula vincente stia nella multicanalità del nostro format, che combina somministrazione, distribuzione ed e-commerce, puntando fortemente sulla vendita diretta, gli eventi e le esperienze in Cantina. Tutte le aziende vitivinicole stanno cercando di strutturarsi in questo modo, perché alla fine la cosa più difficile rimane venderlo il vino, con un’offerta che supera di gran lunga la domanda.
Una proposta che piace anche agli stranieri?
La scorsa settimana una coppia di australiani ospiti di un albergo di lusso del centro di Milano, volevano visitare una cantina ma avevano a disposizione poche ore prima della partenza dell’aereo in serata. Ci hanno trovato ricercando in internet, sono stati qui da noi tutto il pomeriggio e se ne sono andati felici dopo aver visitato la nostra urban winery e assaggiato alcune delle nostre proposte.
Il peso della comunicazione e dell’immagine?
Abbiamo sempre curato molto la nostra comunicazione e la presenza soprattutto sui canali social, come la grafica delle nostre etichette che cercano di catturare l’attenzione dei consumatori, cercando di mantenere la nostra identità e uno stile ben riconoscibile.
La proposta food come si sta evolvendo?
Da inizio mese è disponibile un nuovo menù firmato dall’executive chef Matteo Milani. Il focus della proposta food è semplice e conviviale con cicchetti, salumi e formaggi locali e alcuni piatti preparati nella cucina centrale come i mondeghili, il baccalà mantecato e l’hummus di ceci e zucca o il polpo piastrato alla paprika. Scegliamo solo fornitori artigianali con un’accurata ricerca e selezione.
Cantina Urbana tra qualche anno?
Il nostro è un modello genuino e replicabile, prima di fare previsioni a medio-lungo termine vorrei consolidare un anno normale per poter anche fare dei calcoli più realistici sul business. Mi piacerebbe allargare i confini di Cantina Urbana anche fuori dai confini milanesi, magari iniziando da territori limitrofi e poi espanderci a macchia d’olio sul territorio italiano.
INFO: www.cantinaurbana.it
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