“Ho mosso i primi passi nel mondo dell’ospitalità all’età di 14 anni lavorando stagionalmente in bar e ristoranti della riviera ligure. Subito dopo il diploma turistico commerciale, ho deciso di trasferirmi a Courmayeur in Valle d’Aosta dove ho trovato impiego presso il Caffè della Posta e successivamente presso l’Hotel Courmaison**** (attualmente QC Terme Monte Bianco, ndr), dove per la prima volta mi sono confrontato con una clientela di livello internazionale. All’età di 25 anni sono rientrato a Sanremo lavorando come Barman presso l’Hotel Royal*****L, struttura nella quale ho potuto affinare le mie conoscenze ed entrare in contatto con il mondo del lusso essendo frequentata da una clientela d’élite proveniente da ogni continente”.
Dopo la canonica gavetta in Italia, per te – come per tanti altri tuoi colleghi – è arrivato il grande salto nella capitale europea della mixology: Londra.
“Ebbene sì. Dopo circa due anni, spinto dal desiderio di migliorare la lingua inglese ed espandere le mie conoscenze nel mondo del bar mi sono trasferito a Londra, città in cui ho vissuto per i successivi sei anni. Là ho intrapreso tante stimolanti avventure professionali, tra le più significative menzionerei senza dubbio il lavoro come Bartender presso The Bar at The Dorchester Hotel*****L alla corte di Giuliano Morandin, uno dei Bar Manager italiani più longevi della capitale; quello di Head Bartender presso il Library Bar at Lanesborough Hotel*****L, rinomato per la collezione di Vintage Spirits & Cocktails iniziata negli anni ’90 da Salvatore Calabrese e anche il luogo in cui ho conosciuto la mia attuale compagna Eleonora Perazzoli, trasferitasi in seguito al Connaught Bar agli ordini di Ago Perrone; quello di Assistant Bar Manager presso lo Scarfes Bar at Rosewood Hotel*****L, dove siamo stati ripetutamente nominati fra i migliori bar d’Hotel da Tales Of Cocktails e fra i migliori 100 da World 50 Best Bar. Sempre per Rosewood ho partecipato poi anche alla Task Force di apertura dell’Hotel De Crillon*****L in Place de la Concorde a Parigi”.
A Londra stavi portando avanti una carriera ricca di esperienze e riconoscimenti, tanto personali quanto collettivi. Cosa ti ha spinto a tornare a casa?
“L’arrivo del piccolo Federico (sorride, ndr). Nel 2018, proprio questa new entry in famiglia ha spinto me ed Eleonora al rientro in patria dove, fin da subito, ci siamo dedicati a un progetto tutto nostro per poter mettere a frutto le esperienze accumulate negli anni: da qui la nascita del nostro ‘Shape’. Il locale, situato a Cerea nella bassa veronese, ha come obiettivo principale quello di distinguersi per il design, il servizio e la qualità del bere. I nostri ospiti possono rilassarsi, gustarsi un buon drink o snack, ascoltare buona musica ed essere trasportati lontano dallo stress della vita quotidiana. Proponiamo una programmazione musicale che dà spazio ad artisti locali di esibirsi e collaboriamo costantemente con brand di moda, make-up artist e fotografi veronesi”.
Qual è la tua filosofia dietro al bancone?
“Se dovessi descrivere in tre parole il mio approccio alla miscelazione sceglierei probabilmente le seguenti: moderno, multisensoriale e sostenibile”.
Partiamo dal primo concetto: cosa intendi per approccio moderno alla miscelazione?
“Uno dei nostri principali intenti è quello di confrontarci con le realtà internazionali da cui proveniamo: per questo, oltre ad eseguire classici di ogni sorta ed epoca, abbiamo creato una Cocktail List di tipo concettuale con un tema principale a cui tutti i drinks si ispirano. Ormai arrivata alla terza edizione e con la quarta, intitolata ‘The Next Frontier’ e pronta ad essere lanciata, proporremo una versione completamente digitale, dove il cliente potrà scannerizzare il QR Code stampato sui nostri sottobicchieri e visualizzare tutti i nostri prodotti. Questa Drink List sarà composta da quattro categorie di cocktail per un totale di 20 Signature: si parte con gli ‘Unforgettables’, per i quali riprendiamo ricette classiche dell’800 e del ‘900, riproponendole utilizzando prodotti artigianali italiani per valorizzare le caratteristiche degli stessi e supportare le piccole aziende colpite dal Covid; si prosegue con gli ‘Shape’s Classics’, una sorta di Best Of dove proponiamo i nostri drink più apprezzati cercando di evolvere costantemente le ricette e le presentazioni; arriviamo appunto a ‘The Next Frontier’, le nostre ultime creazioni in cui introdurremo tecniche e ingredienti nuovi al nostro pubblico; si conclude con gli “Alcohool Free”, miscelati analcolici interessanti e ricercati per soddisfare la crescente domanda di drink di alta qualità a bassa gradazione alcolica o senza alcol”.
Da moderno a multisensoriale hai detto….
“Credo fermamente che un cocktail abbia la capacità di regalare emozioni e stimolare memorie. Per questo durante il processo creativo non mi concentro solo sull’aspetto gustativo del drink, ma anche sulla presentazione e sulla storia che può raccontare. La ricerca del bicchiere adatto, la giusta decorazione per stimolare l’olfatto e la vista, la giusta temperatura e la tipologia di ghiaccio sono dettagli che non trascuro mai. Un buon esempio a riguardo può essere il ‘Garden of Zen’ presente nel nostro terzo Concept Menù ‘#15ShadesOfShape’. Sono partito da un semplice Vodka Gimlet, al quale volevo dare un’impronta orientale affine al mondo della meditazione. Il risultato è composto da una base di Vodka infusa con Tè al Gelsomino, del Sakè, lime fresco e un Oleo Saccharum al lime e Yuzu; il tutto viene servito in una tazza da tè giapponese in ceramica appoggiata su un contenitore quadrato, dove tradizionalmente viene servito il Sake, con all’interno del Palo Santo, incenso proveniente dal Sud America utilizzato per scacciare gli spiriti negativi e stimolare la creatività che viene incendiato direttamente al tavolo davanti al cliente”.
Ultimo, non certo per importanza, il tema della sostenibilità.
“Fra gli aspetti che ho più a cuore ci sono sicuramente l’attenzione verso l’ambiente, l’impatto che la mia attività ha sulla società e il supporto verso altri piccoli imprenditori locali. Pur essendo consapevoli che ci sia moltissimo da migliorare, cerchiamo di eliminare o quantomeno di ridurre ogni tipo di spreco utilizzando tecniche come la disidratazione, la fermentazione, la conservazione acetica e la cottura sottovuoto. Stiamo inoltre gradualmente eliminando ogni sorta di plastica monouso, proviamo a limitare al minimo l’utilizzo di decorazioni superflue e stiamo lavorando per creare un nostro piccolo orticello, dove già attualmente coltiviamo le piante aromatiche da utilizzare per le nostre creazioni. Collaboriamo stabilmente con piccoli produttori locali che ci forniscono prodotti stagionali di alta qualità e siamo sempre alla ricerca di persone che possano insegnarci qualcosa per migliorare le nostre performance”.
L’ultima domanda è inevitabile, proprio per permettere ai nostri lettori di conoscerti/vi meglio: qual è il prodotto che ami usare di più nei drink di “Shape”?
“È difficile rispondere a questa domanda, sarebbe come scegliere una parola preferita all’interno di un’enciclopedia e probabilmente il mio ingrediente preferito è quello che devo ancora scoprire. Come molti bartender sono sempre alla ricerca infatti di nuovi sapori e di nuove esperienze. Posso dirvi però che ultimamente mi sto appassionando a prodotti italiani che non sono molto utilizzati nel mondo della mixology come la grappa, l’acquavite e il brandy italiano. Inoltre, vista la richiesta di Low ABV Cocktails, sto sperimentando molto con vini fortificati, liquorosi e passiti italiani e non escludo in futuro di dedicare un’intera sezione del nostro menù proprio a questi”.