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In Toscana, 12 aziende produttrici di vermouth si sono unite per lanciare un’iniziativa unica: la creazione della prima “Carta Etica” del vermouth toscano, un documento che stabilisce valori condivisi con l’obiettivo di preservare la qualità e l’autenticità di questo prodotto tipico. Questo passo rappresenta il preludio a un futuro disciplinare, che potrebbe portare al riconoscimento di una denominazione specifica e alla creazione di una struttura di tutela.

Un progetto nato dall’unione di produttori e professionisti toscani

L’idea è nata dalla collaborazione di Enrico Chioccioli Altadonna (Winestillery), Tommaso Pieri (Duit) e il giornalista Federico Silvio Bellanca. L’iniziativa ha rapidamente trovato consenso tra realtà produttive di cinque province toscane (Firenze, Prato, Siena, Grosseto e Livorno), tutte accomunate dalla volontà di preservare la tradizione secolare della fortificazione del vino.

Enrico Chioccioli Altadonna e Federico Silvio Bellanca
Enrico Chioccioli Altadonna e Federico Silvio Bellanca – foto: Michele Tamasco

Il lancio della prima “Carta Etica” del vermouth toscano arriva pochi giorni prima del primo Salone del Vermouth a Firenze, previsto per il 5 ottobre presso il The Social Hub, dove l’evento ne rappresenterà il battesimo ufficiale.

Le regole della carta etica: un impegno per la trasparenza e l’autenticità

Alla base del progetto c’è la volontà di evitare che il vermouth toscano venga prodotto al di fuori dei confini regionali o con materie prime non locali. La “Carta Etica” stabilisce infatti due regole fondamentali: la produzione deve avvenire interamente in Toscana, e il vino base utilizzato per il vermouth deve essere prodotto nella stessa regione.

Questo approccio punta a evitare situazioni ingannevoli per il consumatore, come evidenziato da Federico Silvio Bellanca: “Nel mondo del gin abbiamo visto come con estrema facilità si possono aggirare le regole, ad esempio facendosi produrre il distillato a Londra o in qualche grande distilleria industriale collocata geograficamente in un’altra area della penisola, e poi chiamarlo toscano. Anche se a livello di legge non c’è nessun illecito, è comunque fuorviante per il consumatore e disincentiva lo sviluppo del settore a favore della semplice Private Label, senza dunque portare valore al territorio”.

“Fa sorridere che in un momento storico in cui si parla di espianti della vite per sovrapproduzione – continua Bellancanon si apra un dibattito su come il vino della nostra regione possa essere valorizzato in maniera alternativa, ad esempio per prodotti fortificati come questi”.

Un futuro per il vermouth toscano: verso una denominazione riconosciuta

Sebbene il progetto sia ancora agli inizi, l’obiettivo a lungo termine è ambizioso: ottenere una denominazione geografica tipica (IGT) per il vermouth toscano. Bellanca sottolinea l’importanza di riscoprire le differenze storiche rispetto ad altre regioni produttrici, come il Piemonte, e in particolare l’uso di vini rossi anziché bianchi caramellizzati. Tuttavia, il focus attuale rimane sulla Carta Etica, un primo passo verso un futuro più strutturato e protetto per questa eccellenza toscana.

Le aziende firmatarie si sono impegnate a rispettare cinque principi fondamentali per garantire la qualità e l’autenticità del vermouth toscano:

La carta etica del vermouth toscano in cinque valori

Noi produttori, distillatori, trasformatori, esperti del settore, distributori, consumatori, utilizzatori, intendiamo pensare, progettare, produrre, pretendere, usare un VERMOUTH che sia TOSCANO in quanto:

  1. Realizzato usando interamente vini prodotti nel rispetto della Indicazione Geografica Tipica “Toscano”
  2. Prodotto ed imbottigliato esclusivamente in Toscana
  3. Rispettoso delle uve, dei vini e dei metodi tradizionali del luogo di produzione
  4. Naturale tanto nei metodi produttivi quanto nella scelta delle materie prime
  5. Fedele alle origini del Vermouth storicamente prodotto in Toscana

Le aziende firmatarie oggi sono:

  • Winestillery (Gaiole in Chianti)
  • Duit (Firenze)
  • Nannoni Grappe (Civitella Paganico)
  • Distilleria Elettrico (Livorno)
  • Opificio Nunquam (Prato)
  • Fermenthinks (Firenze)
  • Vermouth Del Mugello (Barberino di Mugello)
  • Senensis Spirits (Castellina in Chianti)
  • Mr Liquor (Lucca)
  • Tenuta Lenzini (Capannori)
  • La Selva (Orbetello)
  • Giochi di Spiaggia (Prato)

I distributori a supporto del progetto

A supportare il progetto anche alcune distribuzioni importanti di livello nazionale come Fine Spirit e Spirits & Colori che si sono già impegnate a utilizzare il nome “vermouth toscano” solo per prodotti che rispettino i requisiti, e che al contempo proveranno a privilegiare a parità di condizioni chi lavora in maniera etica sostenibile e territoriale.

La “Carta Etica” del vermouth toscano arriva a pochi giorni dal Salone del Vermouth che – col patrocinio del Comune di Firenze, Camera di Commercio, Confcommercio e Confesercenti – sabato 5 ottobre vedrà il capoluogo toscano trasformarsi in un autentico laboratorio di gusto dedicato al più celebre vino fortificato nato nel capoluogo piemontese nel lontano 1786. L’appuntamento è negli spazi del The Social Hub, in viale Spartaco Lavagnini, dove sarà possibile – con ingresso gratuito e un sistema di acquisto token per le degustazioni – assaggiare tutti i vermouth in degustazione, sia lisci che in miscelazione, e partecipare ad incontri tematici e laboratori interattivi di miscelazione e degustazione, con bartender e chef di fama internazionale. I talk spaziano dalla storia del vermouth ai pairing con la cucina d’autore, dai caffè storici fiorentini al filo rosso che unisce Negroni e vermouth.

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