“L’arte è l’accadere della verità”, diceva Heidegger. Esiste un luogo, magico, circondato da vigne in cui si racconta e trova, nelle cantine, il tempo passato. Quella di Cascina Faletta è una “radice parlante”, un’elegante tenuta nell’odierno cuore pulsante del Piemonte, Casale Monferrato.
E sono tanti e ripidi i sentieri che circondano questa antica dimora che all’ora del tramonto diventa un luogo in cui trovare se stessi per il silenzio e lo scorrere, lento, del tempo. I colori poi intensi e semplici degli arredi interni ed esterni ti proiettano in un “deserto magico” silenzioso e prezioso per la sua storia. È l’incredibile potere del vissuto. Oggi si può assaporare una bella selezione di vini i cui nomi rimandano ad una ricerca dell’accaduto.
Il Pinot Nero “Tre fucili” per esempio è la rappresentazione del modello 91 Carcano, ancora carico di munizioni calibro 6,5, avvolto nella carta dell’Uomo Qualunque, testata del Movimento fondato da Guglielmo Giannini, trovato al momento della ristrutturazione. Durante l’esperienza a Cascina Faletta si sorride all’ascolto degli aneddoti e ci si rincuora con piacere quando si vede Margherita Rosso che con un semplice saluto irrompe nelle sale ed illumina come il primo raggio di sole del giorno gli occhi di mamma Elena Novarino e papa Giovanni.
Una coppia che dal 2009 prosegue con tenacia e passione il progetto vinicolo dei loro nonni, i primi ad iniziare qui negli anni ’20. Un percorso seducente e pregnante da vivere anche calpestando le larghe mattonelle nell’ampio salone che introduce nella parte gourmet della tenuta. Perché oltre a camere e vino c’è il ristornate, aperto nel 2013 che si fa apprezzare per l’incredibile trasversalità e dinamismo da respirare fuori e dentro la cucina lanciata da Andrea Ribaldone.
Ma oggi è Paolo Viviani, insieme ad un ristretto e fedele staff, a curare la sala e la trasformazione delle materie prime, impeccabili, scelte per amuse-bouche ricchi e leggerei come il biscotto di parmigiano e il baccalà mantecato con patate croccanti. E se non basta c’è il crudo di ricciola nel pacchero con burrata, maionese di pomodoro ed estratto di olive seguito da una burrosa quaglia con foglie di papavero a “giustificare il viaggio”. Piatti ovviamente inseriti in una playlist in perfetta sintonia con i vini messi a punto dall’enologo piemontese Luca Caramellino. Non ci si può dunque sottrarre a questa cascina per il suo straordinario essere culla di mistero. Costruita nel 1881, data riportata nell’originale porta d’ingresso, è stata infatti dimora della Marchesa Virginia (a cui è dedicato uno Spumante) premiata nel 1957 con 500 mila lire per la sua eccellente produzione di vini.
Per aprire le danze seriamente dopo le frizzanti bollicine si trova un “Primo Bianco” a base Chardonnay del 2015 nato in una porzione di terra sabbiosa e scheletrica che introduce alla piacevolezza del Monferrato. Ci sono note di fiori bianchi, agrumi e mandorla in un sorso ampio e serico. Un “all life”. Si continua poi con la Barbera 2015 Braja che viaggia su note ruspanti ed accese di ciliegia e menta. Si guarda ammirati alla sua pulizia ed ampiezza con il succo delicato che prende posizione anche grazie al 50% degli acini introdotti e non pigiati durante la fermentazione. Un incontro pieno, intenso e pacato avvolto in una nuvola fresca e solida.
E per chiudere il Pinot Nero Tre fucili 2015 è una versione che non si dimentica per il suo profumo preciso e costellato di quarzo, bacche blu e note boisé più dolci. Balsamico e cremoso ti trasporta con ritmo incalzante e mai invasivo unito ad una punta più salina nel finale a rilanciare la beva. E ora c’è una voglia di ritornare per ascoltare l’evoluzione dei gusti. Ecco, è il riuscito obiettivo di Cascina Faletta.
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