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Dal Perù all’Italia, ripercorrendo le origini della propria famiglia senza mai snaturare però le tradizioni e i costumi peruviani. Quella di Gloria Carpinelli D’Onofrio è sicuramente una storia di vita che merita di essere raccontata. Un viaggio, fisico, mentale e spirituale, tra cucina, letteratura e… Pisco, il distillato per eccellenza della sua terra natia. Con una parola d’ordine: passione.

“Sono italo-peruviana, la mia famiglia a Lima ha una bella storia: una coppia di immigranti di Caserta arrivano in Perù e iniziano a produrre gelati. Cominciano a venderli con un carretto spinto a mano, fanno ben undici figli e, per ognuno di essi, acquistano un nuovo carretto. È proprio così che riescono a fondare negli anni un vero e proprio impero dei gelati prima e di altri prodotti poi. Penso a cioccolato, caramelle, biscotti, panettone… Insomma, la ditta D’Onofrio. Ovunque si vada in Perù, ancora oggi si trova dappertutto il mio cognome materno”, si presenta così a Beverfood.com la scrittrice-imprenditrice nonché distributrice in Italia di Pisco Portón.

Dal Perù all’Italia, dicevamo: come sei arrivata nel Belpaese?
“Sono venuta a studiare a Torino, mi sono laureata in Lettere con una tesi sull’indigenismo nella letteratura peruviana e ho deciso quindi di rimanere a vivere in Italia. Questo non mi ha però allontanato dal mio Perù, anzi. Ci sono tornata varie volte anche con mio marito e le mie figlie, visitando in lungo e in largo il Paese. Tutt’ora rientro a Lima due volte l’anno”.

La tua passione più grande – sarà una vocazione di famiglia – è la cucina. Tanto da scrivere un libro, nel 2015, sulla gastronomia peruviana…
“Proprio così. Sono appassionata di cucina di tutto il mondo, con una spiccata preferenza per quella italiana e quella peruviana. La mia idea di scrivere un libro sulla gastronomia del Perù è stata proprio il frutto di questa innata passione. Si chiama ‘Il Fiore della Canella’ e credo sia uscito nel momento più indicato, ossia quello in cui la gastronomia peruviana iniziava a farsi conoscere oltre i confini nazionali. Grandi Chef come Gaston Acurio, Virgilio Martínez, Pedro Miguel Schiaffino non solo promuovevano la nostra cucina in vari Paesi esteri, ma aprivano al contempo nuovi ristoranti. Assieme a loro Promperú, Ministero del Turismo, spingeva il turismo, la gastronomia e il Pisco con eventi, fiere e manifestazioni in ogni angolo del pianeta. Anche grazie a questo, per l’ottava volta consecutiva il Perù ha vinto il premio come migliore destinazione gastronomica al mondo ai World Travel Awards”.

Libro - Il Fiore della Cannella

Dalla prima pubblicazione sono passati ormai cinque anni, che bilancio fai?
“Il mio libro è stato accolto molto bene, sono davvero contenta di come sono andate le cose. Ho progressivamente iniziato, anche attraverso Consolati e Ambasciate, a promuovere la gastronomia peruviana assieme al Pisco. È stato organizzato un evento molto bello a Roma, alla Città del Gusto del Gambero Rosso, dove ho presentato il libro e si sono anche tenute due masterclass, una sulla cucina e una sul Pisco. Ho portato proprio il Pisco Portón e la lezione è stata diretta da Riccardo Rossi. ‘Il Fiore della Cannella”, inoltre, è stato presentato anche a Lima durante la ‘Feria Internacional del Libro’ del 2016″.

Come ti spieghi il grande successo della gastronomia peruviana, ben oltre il Perù?
“Il segreto della gastronomia peruviana è ormai noto a tutti: è una cucina che è andata adattandosi negli anni, influenzata da prodotti e tecniche di numerose altre culture. Ripeto sempre che si è formata una sintesi secolare unica e meravigliosa, con accostamenti di gusti e sapori che hanno prodotto piatti che sono ora la base della cucina contemporanea del Perù. Durante tantissimi anni si sono sovrapposti e mescolati, infatti, i contributi delle più grandi culture culinarie. Penso ai tre secoli di influenza spagnola, all’arrivo degli schiavi della costa atlantica africana, agli chef fuggiti dalla Rivoluzione Francese per mettere radici nel Vicereame del Perù, all’ondata migratoria dei cinesi di Guangzhou, poi dei giapponesi e infine degli italiani. Tutti questi flussi migratori hanno portato a un’incredibile fusione di cibi e sapori, da tutti e quattro i continenti. Bisogna anche considerare, poi, che il Perù ha una grandissima biodiversità, è un Paese tropicale con tre regioni naturali: la costa, le Ande e la Selva Amazonica, in più l’Oceano Pacifico. Questo dà vita per esempio a 3000 tipi di patata, prodotto oriundo del Perù, e a moltissimi superfood quali quinoa, kiwicha, tarwi, lucuma, mais viola, caffè, cioccolato… Tutti prodotti con caratteristiche nutritive di altissimo livello, che oggi si esportano in tutto il mondo. I peruviani dicono: ‘El Perù lo tiene todo’, ora forse capirete meglio il perché”.

Gloria Carpinelli D’Onofrio con lo chef Virgilio Martínez

Tra i tantissimi piatti peruviani, quali sono secondo te quelli che si sposano meglio col palato italiano?
“Innanzitutto il ‘Cebiche’, pesce fresco marinato nel lime, da realizzarsi con soli cinque ingredienti: pesce fresco di mare, limone, sale, ají (peperoncino peruviano, ndr) e cipolla fresca. È un piatto che conquista quasi sempre il palato italiano, così come la ‘Causa’, una sorta di tortino di patate pressate condito sempre con limone e ají, che si riempie con tonno, polpo, gamberi e anche pollo. C’è poi la ‘Papa a la huancaína’, patata bollita con una salsa di formaggio fresco, sempre un po’ piccante e con olive nere come top, così come il ‘Lomo saltado’: un piatto con caratteristiche tipiche della cucina cinese, a base di filetto di carne a strisce o cubetti, saltato nel wok, separatamente poi mescolato a cipolle e pomodori croccanti, prima di un tocco di peperoncino, soia e aceto. Il tutto, accompagnato come di consueto da riso e patate fritte. Senza dimenticarci infine i dolci con ‘Manjar Blanco’, celebre dolce di latte, e le infinite varietà di frutta quali maracujá, lucuma, chirimoya, che adesso si trovano anche in Italia nei negozi latinoamericani. Anche sul dessert potremmo scrivere un capitolo a parte: dovete considerare, infatti, che molti dolci peruviani hanno origine araba, portata a sua volta dagli spagnoli. Qualche idea? ‘Alfajores’, ‘Suspiro a la Limeña’, ‘Flan de leche’, ‘Flan de coco’…”.

Ad accompagnare gli ottimi piatti della tradizione sulle tavole peruviane (e non solo) non può certo mancare il Pisco. Come sei arrivata a lavorare per “Pisco Portón”?
“Sono amica personale di Johnny Schuler, General Manager e Master Distiller della Destilería y Hacienda La Caravedo di Ica, Perù, dove si producono i Piscos Portón e La Caravedo by Portón. Johnny è il più grande esperto di Pisco al mondo nonché ambasciatore del Pisco nel mondo. Non a caso, ho chiesto proprio a lui di scrivere il capitolo del mio libro relativo al Pisco. Per me è stato un prestigio e un vero onore”.

Gloria Carpinelli D’Onofrio col Master Distiller Johnny Schuler

Cosa significa per te rappresentare un marchio così importante?
“Rappresentare un marchio così prestigioso per me rappresentava e rappresenta ancora oggi un orgoglio profondo. Pisco Portón era già presente in Italia attraverso altri canali di distribuzione, ma quando Johnny mi ha fatto la sua proposta non ho esitato a dare il mio contributo. Sapevo che non sarebbe stato facile, non si può competere coi giganti, ma una persona che si dedica solo a un brand magari ci mette ancora più passione. Così ho creato con altri due soci un’impresa, la ‘Inebria srls’, e stiamo cercando di lavorare e promuovere il Pisco Portón. Vogliamo far conoscere sempre più il prodotto Pisco, distillato di puro mosto d’uva unico al mondo, anche in Italia. ‘Inebria srls’ oggi è importatrice e distributrice in esclusiva dei prodotti Portón”.

In cosa si differenzia dagli altri Pisco?
“Certamente i prodotti La Caravedo Portón sono tra i migliori Piscos in quanto a qualità. Posso dire che si differenziano senz’altro per la dedizione e la pignoleria del Master Distiller, che controlla minuziosamente ogni passaggio della produzione. La Hacienda La Caravedo ha due sezioni: una tradizionale con distillazione con falcas e l’altra super moderna tecno-artigianale. La scelta del momento dell’imbottigliamento spetta solo al Master Fistiller, che ogni martedì si reca a Ica, a 300 km da Lima, per controllare ogni prodotto. Questo fa sì che tutte le bottiglie, numerate tra l’altro, risultino eccellenti. In più, le vigne sono direttamente all’interno dell’azienda agricola: questa è una garanzia assoluta. Fondata nel 1684, La Hacienda La Caravedo è non a caso l’unica rimasta sempre attiva fino ai nostri giorni”.

Un’ultima curiosità: se volessimo provare ad andare oltre all’ormai celebre “Pisco Sour”, quali pairing ci consiglieresti per esaltare i sapori peruviani anche in un drink?
“Il ‘Pisco Sour’ è sicuramente il cocktail più conosciuto e più adatto, ad esempio, ai ‘Cebiche’. Un drink molto fresco come il ‘Chilcano’, preparato con Pisco e Ginger Ale, si sposa invece molto bene con la ‘Causa’ ripiena di gamberi o con altri piatti come il ‘Tiradito Nikkei’, piatto di pesce a strisce condito con una salsa di ají amarillo di origine giapponese con wasabi, salsa di ostriche, zenzero, cipollotti e limoni . Il ‘Capitán’, con Vermouth e Pisco, può andare bene con il ‘Lomo saltado’. Ma vi assicuro che i drink a base Pisco si sposano bene anche con la cucina italiana…”.

Per esempio?
“In uno dei miei eventi abbiamo proposto il ‘Pisco Sour’ con piatti di pesce crudo marinato al pepe rosa o il ‘Chilcano’ con spaghetti ai frutti di mare: la risposta della gente è stata più che soddisfatta. Oltre a queste, ci sono naturalmente tante altre opzioni: si gioca molto con la creatività e la fantasia dei bartender. Quello che osservo con grande piacere è che oggi si sta utilizzando sempre più il Pisco per realizzare cocktail. Si miscela con prodotti italiani, proprio perché il Pisco porta a creare e fantasticare”.

Dietro al Pisco, d’altronde, si nasconde un mondo intero…
“Bisogna in primis tenere presente che sono otto le uve con le quali si può fare il Pisco. Il ‘Puro Quebranta’ si adatta moltissimo alla miscelazione: è forte, deciso, con toni legnosi e sfumature secche, base ideale per ogni drink. Il ‘Portón Mosto Verde Acholado’, con uvaggi Quebranta, Torontel e Albilla, è usato in molti cocktail bar di livello – ad esempio ‘Freni e Frizioni’ – e ha più gusto, un aroma più fruttato, in perfetto equilibrio tra uva Quebranta, meno aromatica con due esplosioni di aroma e gusto, Torontel e Albilla. Anche altri ‘Mosto Verde Portón’ di uva Italia, Negra Criolla, Torontel e Quebranta, danno però spazio alla fantasia e creatività dei bartender italiani, che lo sperimentano anche nelle ricette classiche al posto dei vari Gin, Vodka, Rum e Tequila. Sono fiera di affermare che il nostro Pisco è un prodotto completamente puro e naturale, non è neanche idratato, ed esce dall’alambicco con i suoi 38-45% vol. alc. cristallino, strapieno di profumo e di gusto”.

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